
A Verona la Callas, dal palcoscenico dell’Arena, incantò Meneghini, suo futuro marito, a Verona Dario Fo ricorda ancora in modo vivido un gigantesco raduno, a Verona ora l’AMO, l’Arena Museo Opera, spalanca le porte di Palazzo Forti per ospitare la mostra che il Premio Nobel dedica alla Divina del Canto. Sono 70 tele che, nell’irruenza dei colori, raccontano tappa dopo tappa, come in un romanzo, la vita di Maria Callas, una vita che ha le tinte del melodramma, quel melodramma di cui fu splendida interprete, e la focosità del suo tragico temperamento greco. Dario Fo, eclettico ed instancabile protagonista della scena - scrittore, attore, illustratore, regista, scenografo - torna all’antico amore per la pittura e porta in mostra le opere realizzate negli ultimi due anni per omaggiare un mito immortale della Lirica, a cui già aveva dedicato un libro e uno spettacolo, “Una Callas dimenticata”, raccontandone ora attraverso le immagini la personalità carismatica e il tumulto delle passioni.
“Dall’America in cui era nata Maria Callas scoprì più tardi la Grecia, entrando in un mondo che era il suo mondo originale e che era nel suo DNA, ma di cui non sapeva nulla, conoscendolo di colpo sulla scena. Nell’Accademia si studiava il Teatro Greco, e di alcune tragedie aveva subito il fascino e la disperazione, certe storie erano diventate parte della sua vita. Certi comportamenti erano legati alla sua cultura e alla storia che si portava appresso”.
Il percorso illustrativo della Mostra che lo stesso Fo compie per guidarci all’interno della sua opera e degli episodi salienti della vita della Callas, che si susseguono in ordine cronologico attraverso le sale di Palazzo Forti, è un autentico spettacolo. Ecco così la nascita dopo il viaggio per mare verso l’America, i cinguettii che la piccola Maria scambiava con gli uccelli alla finestra, e poi Verona “perché è l’Italia la vera America che cercava e l’intero teatro l’accoglie in un abbraccio. Tra gli ammiratori trova Meneghini, che subito si mostra pienamente preso dal fascino della ragazza greca”. Ecco le visioni e gli incubi in cui la Callas si sogna gigantesca come Gulliver, e il dimagrimento che la trasforma facendole perdere 20 chili in tre settimane unito alla leggenda del gesto coraggioso di ingoiare il verme solitario. “Ha questa brama di riuscire a cambiare tutto, se stessa, il proprio corpo, è una specie di sogno dentro un incubo, tutto il suo corpo si agita, qui la vediamo tutta presa da quest’angoscia, in questa follia della metamorfosi, e poi tornata splendida, presa dalla gioia”. Poi l’arrivo del suo grande trasformatore, Luchino Visconti, che “sente questa donna cantare e capisce che è un fenomeno che non può lasciar correre”. La vacanza sul panfilo con Onassis, il grande amore. Onassis è greco, come lei, ma il sogno si spezza. Una nuova delusione con il tenore Di Stefano, gli anni del declino e dell’oblio. Il racconto di Dario Fo si fa sempre più appassionato, più accorato, la sua voce vibra davanti agli ultimi quadri. La Callas è morta e ha lasciato tutto a Meneghini, il primo marito, anch’egli ormai stanco e malato, gli appare come un’ultima visione, per accompagnarlo al di là della vita.
Si chiude su questa immagine la Mostra “Dario Fo dipinge Maria Callas”, che si era aperta con un ritratto a figura intera, nella potenza passionale del colore rosso, affiancato dal suo bozzetto. “L’impeto che ha la pittura primaria è senz’altro maggiore del quadro finale – ci fa osservare – in cui però risaltano la pulizia e la gestualità. La Callas usava il proprio corpo come slancio, come una macchina che proietta non soltanto la voce ma anche le emozioni, la carica”.
Nei quadri di Dario Fo si mescolano diversi stili e influenze pittoriche. “Ci sono molti spunti della pittura di un intero Secolo, bozzetti che poi si sono sviluppati in forma diversa, volevo inserirvi tutta la pittura da cui siamo passati, copiare l’insegnamento di Picasso con libertà e spregiudicatezza”.
Ad incontrarsi con questa figura carismatica e a far ritorno alla pittura lo hanno spinto “la casualità e il destino, così come la Callas credeva nel destino. Nella mia vita sono avvenute molte cose che credevo un incidente e si sono invece realizzate come fortuna. L’aver abbandonato la pittura e l’architettura per darmi al Teatro ha cambiato la mia vita. Ho realizzato 45 commedie messe in scena anche per un anno intero, ci sono stati momenti in cui ho realizzato 4 commedie una dopo l’altra. A volte io e Franca ci guardavamo in faccia e dicevamo: ma queste cose quando le abbiamo fatte, quando siamo stati in Inghilterra, che tempo era quando eravamo in America? E allora vengono fuori due vite, abbiamo vissuto due volte la nostra vita e non ce ne eravamo accorti”.