"Il papà di Giovanna"

11/09/2008

Il dono di Pupi Avati di passare con grazia dalla commedia all’horror è il segno che contraddistingue la sua prolifica carriera: malinconico, agrodolce, nostalgico, gentile, poeta di cose perdute, amicizie tradite, amori mai cancellati, famiglie difficili, sa anche, con un improvviso cambio di registro, regalare autentici brividi immergendoli nei colori padani. Ed ora con “Il papà di Giovanna” torna alla sua Bologna degli Anni Trenta e Quaranta e a delineare una figura di padre come già in “La Cena per farli conoscere”. Un padre con i suoi difetti ma con cui in fondo il regista è solidale “Sto dalla parte del padre nel bene e nel male, con i suoi limiti ma con un affetto sconfinato con il quale cerca ostinatamente di evitare alla figlia il grande rammarico della sua adolescenza. Sono con lui nella commozione e negli struggimenti e anche negli atteggiamenti meno apprezzabili, forse perché anch’io in fondo sono stato un padre così”.
Un film struggente, soffuso di una malinconia che commuove fino alle lacrime, dolce e tragico al contempo, con un Silvio Orlando toccante nell’interpretazione di un padre fedele alla figlia fino in fondo al baratro. L’angoscia viene da dettagli che raggiungono il cuore come pugnalate, delineando una crescente solitudine.
Esperienza nuova, “Il papà di Giovanna” nasce da un romanzo dello stesso regista, le cui pagine si sono poi fatte sceneggiatura cinematografica. “L’esperienza romanzesca è stata importante per la sceneggiatura – aggiunge Silvio Orlando – e ciò che mi ha colpito a film ultimato è che la voce fuori campo era scomparsa. Parlavano le facce, parlava la storia di per sé”. Fresco di Coppa Volpi, Silvio Orlando ha così procurato a Pupi Avati il più regalo per i suoi 70 anni di vita e 40 di carriera cinematografica, coronando il film con il Premio veneziano. Mentre Avati gli ha regalato un ruolo stupendo e la gioia incontenibile di quei minuti sul palcoscenico. “Sono ancora sotto shock dall’aver ricevuto il Premio e per non aver preparato bene il mio discorsetto. Mi rendo conto di aver detto molte cose inutili e mi sono riproposto di parlare meno nella vita. Certo è stato un personaggio che mi ha molto ispirato, trovare per un cinquantenne un ruolo di questa forza ed efficacia è stata una specie di miracolo, per cui non mi stancherò di ringraziare Pupi per questi momenti meravigliosi”.

Gabriella Aguzzi