Un progetto che affronta tematiche molto attuali come l’amore, la violenza psicologica e fisica, l’oppressione e la voglia di fuga: Tell Tale Signs è un cortometraggio scritto e diretto da Ginevra Gentili, una ragazza giovanissima cresciuta in Toscana ma espatriata a Londra diversi anni fa. La sua campagna https://www.kickstarter.com/projects/telltalesigns/tell-tale-signs
si propone come obiettivo quello di raccogliere un fondo di £15,000 entro il 10 dicembre prossimo per poter procedere alla realizzazione del corto e del film.
Il team sta pianificando di girare il film in varie location di Londra tra dicembre e gennaio. Il budget che si augura di raggiungere servirebbe per pagare la troupe (Camera Department, Production Design, Sound, Make-Up, Post Production etc.) e il cast (solo 4 attori). Un paio di amici-colleghi registi stanno lavorando al progetto senza compenso perchè ci credono molto. Il budget servirà anche a coprire le seguenti spese: attrezzatura (stanno girando in 4K con un Arri Amira), le location, i permessi, I trasporti, i pasti, la post produzione, i festival ecc….
Di seguito una breve intervista con la regista per conoscere meglio lei, il suo cast e la sua idea.
Ginevra, come hai avuto l’idea di Tell Tale Signs? Chi ti ha ispirato? E di cosa si tratta?
Sono stata colpita dai numerosi incontri che ho fatto nel corso degli anni a Londra. Ciò che mi ha intrigato moltissimo sono le diverse storie che stanno dietro al perché a volta le persone si fanno dei tatuaggi. Avendone anch’io 7, posso dire che ognuno ha un significato. La mia idea è quella di creare un film dove poter raccontare di un ragazzo e la sua personale esperienza basata su incontri che vuole imprimere per sempre nella sua pelle attraverso dei tatuaggi. Da qui il titolo del cortometraggio Tell Tale Signs, dove ogni tatuaggio rappresenta un momento diverso nella vita del protagonista. Mentre continuo a sviluppare il film vorrei fare il corto che ho già iniziato a girare in previsione della campagna.
Qual è il pubblico a cui vuoi indirizzare questo corto?
Sicuramente ai giovani, considerando l’ambientazione e la natura della storia e dei due personaggi principali, giovani anch’essi. Ma penso anche che sia una storia che possa toccare un pubblico più vasto.
Quale messaggio vuoi dare col tatuaggio, il simbolo chiave di “Tell Tale Signs”?
Il tatuaggio nel film è un gesto, quasi un tributo. La ragione per cui il protagonista, Rhys, decide anche di farsi questo tatuaggio, che sarà il primo di una serie, a ricordo della giornata memorabile che lo cambia per sempre (non necessariamente in modo positivo) e lo segna a vita, indirizzandolo su un cammino sconosciuto che però decide di imprimere sulla sua pelle, sotto forma appunto di tatuaggio.
Hai dei tatuaggi anche tu: se posso chiedertelo, che cosa sono e che significato hanno per te?
Certo che puoi chiedermelo ma magari non ti rivelo il significato di tutti! Ognuno ha un significato diverso. Personalmente adoro i tatuaggi. Li imprimo sulla mia pelle un po’ allo stesso modo in cui lo fa il personaggio della storia. Ognuno rappresenta una piccola parte di me. Dietro al collo ho le iniziali di persone a me molto care durante la mia infanzia. Purtroppo sono venute a mancare e la loro perdita ha avuto un grosso impatto su di me anche perché non mi era mai successo prima. Un altro, il mio sesto in ordine di tempo, è molto differente: un teschio pirata con spade e sotto una citazione da Peter Pan “to live is an awfully big adventure”, ossia “vivere è un’avventura terribilmente grande” e credo sia vero. Peter Pan rappresenta qualcosa di specifico per me. Mi ricordo che da bambina immaginavo di essere nell’Isola che non c’è con mio fratello. Davvero ridicolo ma in quel momento eravamo altrove innocenti e ignari, senza preoccupazioni. Mi ricorda che c’è sempre un bambino in ognuno di noi e che l’immaginazione è un luogo meraviglioso senza limiti dove poter scappare. Io ci passo molto del mio tempo!
Parli di amicizia, amore e violenza: temi molto importanti e di spessore, non sempre facili da rappresentare in un film. Raccontami qualche segreto di alcune riprese che possano far capire agli spettatori le difficoltà nel mettere in scena queste tematiche ed in soli pochi minuti (quanti?).
In 15-17 minuti non è semplice mettere in scena la relazione tra i personaggi. Tra Rhys e Claire nasce una nuova amicizia e storia d’amore. Un rapporto particolare tra due personalità complicate. Interessante sarà quindi assistere a quei momenti difficili quasi inevitabili quando due sconosciuti si incontrano e parliamo di due persone con delle problematiche personali. I temi della storia sono profondi sì, ma sono stati affrontati in precedenza, quindi credo di dover fare molta attenzione a come li metto in scena. La chiave credo stia nel lavorare con gli attori prima di girare il film per costruire i caratteri con loro. Non parlerò delle riprese anche perché ho appena confermato il mio DOP, un meraviglioso DOP, Christopher Sharman, con cui devo ancora finalizzare alcune scene. Posso rivelare che voglio creare assolutamente la sensazione nel pubblico di essere costantemente insieme ai personaggi, sentirsi parte della storia e dunque coinvolti in prima persona, specialmente con Rhyas.
Parliamo della violenza: puoi darmi qualche dettaglio in più in merito? Da quel che so sono due le violenze che vuoi mettere in risalto nel cortometraggio: quella psicologica e quella fisica. In che maniera sono collegate e come ritieni possano influenzare dei giovani a tal punto da spingerli a voler lasciare la città in cui vivono, Londra?
Credo che l’abuso psicologico sia qualcosa a cui siamo soggetti ogni giorno e che come esseri umani facciamo l’uno all’altro, in modo conscio o meno. Stiamo parlando di un ragazzo di 23 anni che vive sotto la protezione e l’ombra di una madre nevrotica. Rhys non ha una vita sociale, è naive perché non gli è mai stato permesso di sperimentare molto più delle mura della sua casa. Poi ancora, sua madre è un personaggio molto complesso, una donna che si è sacrificata per il figlio, che vive per lui. Quello che sto cercando di mettere in evidenza è come questi personaggi ignorino che la situazione in cui si trovano è velenosa e malata per entrambi. Non voglio soffermarmi troppo sull’abuso fisico perché significherebbe rivelare troppo della storia. Ma ciò che vorrei mettere in scena con esso (in un modo simile al legame tra Rhys e sua madre) è il rapporto contorto tra due persone che si amano e che si danneggiano l’un l’altro allo stesso tempo.
Quale pensi che sia il punto forte del progetto? E in che modo potrebbe fare la “differenza”? Hai detto che il tuo obiettivo è quello di farlo circolare anche per i Festival Internazionali di tutto il mondo: perché i selezionatori dovrebbero scegliere il tuo corto invece di altri?
Questa è una di quelle domande che ti fa rabbrividire. Sto scherzando ovviamente!
Quello che credo è che in questo momento ho una storia tra le mani che ha un forte potenziale - una storia che non è solamente raccontata in un modo diverso e realistico, ma che può anche avere un impatto emotivo e psicologico sul suo pubblico con un finale sorprendente. Penso di avere una grande squadra, un grande cast, così come voglio sincerarmi che lo sia anche la storia sullo schermo, come lo è su carta, anzi meglio. Una volta che ho appurato questo, posso rispondere al resto della tua domanda!
Raccontami un po’ la tua vita: quando hai capito di voler lavorare come regista e quali sono i registi (scusami la ripetizione) a cui devi di più, coloro che ti hanno accompagnata nel tuo percorso di vita fin qui. Dove sei cresciuta e perché hai deciso di andare all’estero lasciando il tuo paese natio, l’Italia
Il cinema è da sempre una mia grande passione, sin da quando ero una ragazzina. Sono entrata attraverso la cinematografia, provenendo da un background di fotografia. In seguito ho iniziato a studiare sceneggiatura. Poi mi sono avvicinata alla regia. La motivazione maggiore è quanto mi piaccia lavorare con gli attori. Sono tanti registi che mi hanno ispirata! E molto difficile restringere il campo, ma tra questi posso nominare Wes Anderson: adoro i suoi film, come sono scritti e diretti e penso che lui sia molto intelligente e che abbia uno stile unico. Un altro è Mike Leigh, un’icona del cinema inglese: adoro il suo approccio al lavoro con gli attori. Aggiungo Bennett Miller: amo le storie che racconta, per esempio Capote, che capolavoro! E ancora Sofia Coppola, Martin Scorsese, Quentin Tarantino e Paolo Sorrentino ma potrei andare avanti tutto il giorno, sono troppi!
Sono cresciuta nella Maremma toscana, ma ho sempre trascorso molto tempo a Londra, fin dai tempi della mia infanzia, perché mio padre ha vissuto lì. Mi sono trasferita a Londra diversi anni fa. La ragione per cui volli lasciare l’Italia fu per studiare in una scuola internazionale per avere più possibilità ed essere in un ambiente internazionale da cui ho appreso moltissimo anche come persona. Amo le mie origini italiane ma amo di più l’Inghilterra. La ragione principale sta nel fatto che credo che per una giovane regista come me le opportunità siano altrove, no in Italia. Al momento credo che questo paese non sia di gran supporto ai giovani, specialmente nel mio settore e i giovani sono il futuro. Noi siamo il futuro.
Come hai scelto il tuo cast? Sono tutti attori professionisti oppure alcuni non ancora? E com'è nata la collaborazione con la produttrice, anch'essa molto giovane, Helga Greggio?
Il cast è tutto professionale. Conoscevo Frankie Wilson, perché avevamo già lavorato insieme. Ho pensato che sarebbe stato perfetto per la parte di Rhys, così abbiamo fatto una chiacchierata, e gli piacque la sceneggiatura ed eccoci qui.
Ho poi fatto delle audizioni per gli altri ruoli. Rebecca Birch è Claire e poi annunceremo il resto del cast questa settimana.
Ero alla ricerca di qualcuno che mi aiutasse con la produzione. Ho scelto di incontrare Helga, che si è subito rivelata una persona incredibile, molto passionale e laboriosa. La collaborazione sta procedendo molto bene e vorrei continuasse anche in futuro. Sono fortunata e grata di averla come mia produttrice per Tell Tale Signs.