
Forse
è un po’ predicatorio Robert
Redford e quando ha molto da dire, sia
nei film che nella vita, non frena certo le parole.
Ma sta di fatto che, quando ha presentato a Roma
il film che lo vede interprete e regista “Leoni
per agnelli”, l’incontro
stampa che l’ha avuto come protagonista
è tra quelli che più si ricordano
di tutto il Festival. In forma smagliante, accompagnato
da un Tom Cruise che sempre si
distingue per squisitezza col pubblico (suo il
red carpet con il maggior numero di autografi
e foto di tutta la Festa del Cinema), Redford
ha a lungo parlato del suo impegno, impegno che
si rivela anche nelle tre storie che si intrecciano
nel film. Ora “Leoni per agnelli”
è arrivato sui nostri schermi e non è
certo un film facile, d’impostazione troppo
chiusa e teatrale forse, ma neppure scontato.
Si interroga sulla guerra, senza mai cadere nell’ovvietà,
mostrando le diverse facce della medaglia, e le
ripercussioni che ogni decisione comporta. Come
sia nata l’idea, come l’abbia portata
avanti, quale sia stato lo scopo che lo ha spronato
ce lo racconta diffusamente.
“Quello che mi interessava di LEONI
PER AGNELLI è il modo in cui la storia
utilizza la guerra per raccontare tre vicende
personali su dei problemi che mi stanno molto
a cuore: il ruolo dei media, dell’istruzione,
della politica e della gioventù negli Stati
Uniti. Quello che mi interessava in particolare
era l’idea che queste storie, in qualche
modo, potessero essere messe insieme in maniera
drammatica, per spingere il pubblico a riflettere
su quale sia la nostra situazione attualmente.
Quando ho letto la sceneggiatura di Matthew Carnaham
l’ho trovata molto affascinante per come
raccontava gli effetti di questi ultimi anni sul
mondo politico, le conseguenze della guerra non
solo nel nostro Paese ma in tutto il mondo. Ovviamente
il mio interesse politico mi ha influenzato nella
vita e quando sono diventato regista ho voluto
mettere nel mio lavoro le cose che mi colpiscono
e influenzano come individuo. Ma non credo nella
propaganda, il ruolo principale del Cinema è
l’enterteinment, i film devono solo rivelare
la complessità della situazione. Non è
tutto bianco o nero nel nostro Paese, c’è
molto grigio, e in molti si sentono feriti e confusi”
E’ rivolgersi ai giovani la cosa che gli
sta più cuore
“Da giovane non mi interessavo di politica.
A 18 anni ho studiato a Firenze e sono entrato
in contatto con molti miei coetanei che mi chiedevano
la mia opinione politica su vari fatti e quando
mi dicevano “come puoi non interessarti?”
mi sentivo imbarazzato. Così, tornato negli
Stati Uniti, ho acquisito una consapevolezza politica.
Le cose cambiano, non sono mai le stesse e a volte
i giovani non restano coinvolti, sono distratti.
Ma si tratta del vostro futuro e nel vostro futuro
dovete avere un ruolo attivo. Ora i giovani ricominciano
a dirsi: devo fare qualcosa d’importante.
E si sta creando maggiore informazione, molte
cose sono più trasparenti. Ai giovani appartiene
il futuro: o scappano perché sono delusi,
o fanno le loro scelte. Nel finale del film le
tre diverse storie si intrecciano insieme per
mostrare questo”
L’opinione di Tom Cruise è quella
che ci aveva rivelato altre volte, ad esempio
in occasione del film “L’Ultimo
Samurai”: “Solo la comunicazione può
scavalcare le frontiere, con la comunicazione
possiamo risolvere i conflitti, è l’unica
via che abbiamo e dobbiamo aver fede in questo.
Ho sempre voluto viaggiare e conoscere altra gente
e come attore ho questo privilegio. Mi sono trovato
a contatto con molte culture e ho sempre avuto
molta comprensione e rispetto. Sono sospettoso
delle persone che dicono di non voler comunicare
su un determinato argomento”
Dopo gli elogi a Redford (“Lo ammiro
come filmmaker e come essere umano, è molto
intelligente e sono felice di aver avuto questa
opportunità con lui”) Tom Cruise
alleggerisce un po’ l’atmosfera “C’è
stato un momento in cui sedevo vicino a Meryl
Streep, bellissima di fronte a me, e dietro di
lei ho visto Robert Redford e mi son visto improvvisamente
in mezzo a una scena di La mia Africa”
Erano tra le star più attese della Festa
di Roma, ma Redford resta convinto che non siano
le star a fare i festival, ma le idee. “Lo
scopo dei festival è scoprire nuove voci,
nuovi volti e così faccio con il Festival
del Cinema Indipendente di Sundance. Il successo
di un festival non dipende dalle star, ma dai
talenti”.