Incontro con Robert Redford

01/01/2008

Forse è un po’ predicatorio Robert Redford e quando ha molto da dire, sia nei film che nella vita, non frena certo le parole. Ma sta di fatto che, quando ha presentato a Roma il film che lo vede interprete e regista “Leoni per agnelli”, l’incontro stampa che l’ha avuto come protagonista è tra quelli che più si ricordano di tutto il Festival. In forma smagliante, accompagnato da un Tom Cruise che sempre si distingue per squisitezza col pubblico (suo il red carpet con il maggior numero di autografi e foto di tutta la Festa del Cinema), Redford ha a lungo parlato del suo impegno, impegno che si rivela anche nelle tre storie che si intrecciano nel film. Ora “Leoni per agnelli” è arrivato sui nostri schermi e non è certo un film facile, d’impostazione troppo chiusa e teatrale forse, ma neppure scontato. Si interroga sulla guerra, senza mai cadere nell’ovvietà, mostrando le diverse facce della medaglia, e le ripercussioni che ogni decisione comporta. Come sia nata l’idea, come l’abbia portata avanti, quale sia stato lo scopo che lo ha spronato ce lo racconta diffusamente.
Quello che mi interessava di LEONI PER AGNELLI è il modo in cui la storia utilizza la guerra per raccontare tre vicende personali su dei problemi che mi stanno molto a cuore: il ruolo dei media, dell’istruzione, della politica e della gioventù negli Stati Uniti. Quello che mi interessava in particolare era l’idea che queste storie, in qualche modo, potessero essere messe insieme in maniera drammatica, per spingere il pubblico a riflettere su quale sia la nostra situazione attualmente. Quando ho letto la sceneggiatura di Matthew Carnaham l’ho trovata molto affascinante per come raccontava gli effetti di questi ultimi anni sul mondo politico, le conseguenze della guerra non solo nel nostro Paese ma in tutto il mondo. Ovviamente il mio interesse politico mi ha influenzato nella vita e quando sono diventato regista ho voluto mettere nel mio lavoro le cose che mi colpiscono e influenzano come individuo. Ma non credo nella propaganda, il ruolo principale del Cinema è l’enterteinment, i film devono solo rivelare la complessità della situazione. Non è tutto bianco o nero nel nostro Paese, c’è molto grigio, e in molti si sentono feriti e confusi
E’ rivolgersi ai giovani la cosa che gli sta più cuore
Da giovane non mi interessavo di politica. A 18 anni ho studiato a Firenze e sono entrato in contatto con molti miei coetanei che mi chiedevano la mia opinione politica su vari fatti e quando mi dicevano “come puoi non interessarti?” mi sentivo imbarazzato. Così, tornato negli Stati Uniti, ho acquisito una consapevolezza politica. Le cose cambiano, non sono mai le stesse e a volte i giovani non restano coinvolti, sono distratti. Ma si tratta del vostro futuro e nel vostro futuro dovete avere un ruolo attivo. Ora i giovani ricominciano a dirsi: devo fare qualcosa d’importante. E si sta creando maggiore informazione, molte cose sono più trasparenti. Ai giovani appartiene il futuro: o scappano perché sono delusi, o fanno le loro scelte. Nel finale del film le tre diverse storie si intrecciano insieme per mostrare questo
L’opinione di Tom Cruise è quella che ci aveva rivelato altre volte, ad esempio in occasione del film “L’Ultimo Samurai”: “Solo la comunicazione può scavalcare le frontiere, con la comunicazione possiamo risolvere i conflitti, è l’unica via che abbiamo e dobbiamo aver fede in questo. Ho sempre voluto viaggiare e conoscere altra gente e come attore ho questo privilegio. Mi sono trovato a contatto con molte culture e ho sempre avuto molta comprensione e rispetto. Sono sospettoso delle persone che dicono di non voler comunicare su un determinato argomento
Dopo gli elogi a Redford (“Lo ammiro come filmmaker e come essere umano, è molto intelligente e sono felice di aver avuto questa opportunità con lui”) Tom Cruise alleggerisce un po’ l’atmosfera “C’è stato un momento in cui sedevo vicino a Meryl Streep, bellissima di fronte a me, e dietro di lei ho visto Robert Redford e mi son visto improvvisamente in mezzo a una scena di La mia Africa
Erano tra le star più attese della Festa di Roma, ma Redford resta convinto che non siano le star a fare i festival, ma le idee. “Lo scopo dei festival è scoprire nuove voci, nuovi volti e così faccio con il Festival del Cinema Indipendente di Sundance. Il successo di un festival non dipende dalle star, ma dai talenti”.

Gabriella Aguzzi