Peggio per me

09/06/2018

Viva la mamma! Soprattutto quando tu Francesco hai più di quaranta anni e non sai dove andare, divorato dalla depressione che ti arriva a sorpresa per una dolorosa separazione da moglie e figlia adolescente, raddoppiata dal tuo licenziamento come insegnante di sostegno a contratto. Come pure tu, Carlo, che sei profondamente depresso perché da trent’anni resti innamorato di una compagna di liceo, sempre la stessa, che è andata con tutti, meno che con te. Una lost generation, in pratica, questa degli ultraquarantenni con lavori precari o disoccupati cronici, costretti ancora a vivere in casa con i propri genitori. Ma “Peggio per me” (in sala dal 12 luglio)  di Riccardo Camilli non è un’operazione intellettualoide a sfondo sociopolitico. Al contrario: prodotto con scarsi mezzi, come accade quando si mettono su gestioni familiari di piccole attività commerciali, il film si avvale dei parenti stretti (Claudio, il fratello del regista, recita la parte del suo migliore amico, ovviamente ultra depresso) e dell’autarchismo di chi scrive e recita in prima persona i propri testi, con fraseggi minimalisti registrati alla mordi-e-fuggi senza estenuanti provini o ripetuti giri di manovella. Una diretta in viva voce, in pratica, dove i discorsi alla Verdone vengono fuori come altrettanti parti naturali di menti semplici che pensano e parlano in romanesco, come un marmo grezzo venato di grossolane increspature.
 
Senza saperlo (per ammissione dello stesso regista) la sceneggiatura richiama il paradosso futurista  di Veltroni che con il suo romanzo “Aspettando l’alba”,  dopo aver ritrovato un vecchio numero telefonico di una casa che frequentava da piccolo con i suoi genitori,  chiama un apparecchio nero a forcella anni cinquanta da cui risponde miracolosamente un se stesso bambino. Lo stesso accade al protagonista che ritrova in cantina una vecchia cassetta demenziale con su registrato un mix di suoni, voci e commenti che lui e il suo miglior amico avevano inciso da adolescenti aspiranti Dj, meritandosi l’ira imperitura della madre di lui. Mentre Francesco sta per compiere il gesto estremo, la cassetta si avvia da sola come la macchina del tempo di “Ritorno al futuro”, e interagisce dal vivo con la sua voce strafottente da bambino richiamando l’adulto al principio di realtà. Inizia così una sorprendente risalita dagli abissi del nichilismo esistenziale alla superficie terrestre, in cui stavolta però il Virgilio è una splendida figlia adolescente che apre al padre spazi affettivi alternativi, ben conoscendo la realtà della vita privata di quella sua madre affidataria.
 
Così come giganteggia nell'esistenza depressa di Francesco un’altra donna molto più matura, la madre vedova, unica rete di protezione di quel suo figlio smarrito, delicato e sensibile. Sarà proprio a partire dalla sua scomparsa che il protagonista, afferrandosi per i capelli come il Barone di Munchhausen, si libererà da solo dalle sabbie mobili della vita che lo tengono prigioniero, rendendosi utile a se stesso e a tutti coloro che ama. Il messaggio profondo a tutti i depressi e ai mediocri del mondo, in fondo, è sempre lo stesso: "Be Positive!" perché dalla tua positività nasce il capovolgimento dell'infelicità altrui. Basta accorgersi che non esisti solo tu; che accanto a te sta crescendo una figlia sorprendente e che, forse, se ti guardi bene intorno, c'è anche qualcuno che si interessa perfino di te e a cui piaci.
 
Riccardo Camilli, come ci racconta lui stesso nella conferenza stampa di presentazione del suo film a Roma, nasce montatore televisivo al quale, a un certo punto, è venuta l'infelice idea di scrivere e girare un film, facendo i salti mortali per stare dentro a un budget ristrettissimo. Cosa che lo ha fatto dannare giorno e notte, perché bisognava concentrarsi allo spasimo costantemente su se stessi. Ma, non poter partire con qualche milione di euro alle spalle garantito da un medio-grande produttore che si innamora del soggetto, non vuol dire dover fallire in partenza. Nanni Moretti con il suo "Ecce Bombo" docet. Perché, in effetti, sussiste una differenza molto grande tra il valore percepito e quello reale di un'opera. Non è vero che "Zero budget" vuol dire che la pellicola non avrà successo quando uscirà nelle sale! Certo, si può risparmiare non poco utilizzando un fratello, perfetto nel ruolo di Carlo, senza stare lì a pregarlo e a pagarlo! E va benissimo il tutto quando, come nel caso di "Peggio per me" la differenza di ruoli tra i due non pesa affatto.
 
Malgrado il forte rapporto maschile tra Francesco e Carlo il film non corre mai il rischio di raccontare le donne in modo "bidimensionale". Perché in fondo le protagoniste (madri, moglie e amiche), soprattutto della stessa età dei due amici depressi, sono le compagne nevrotiche che si incontrano quotidianamente. E per ammissione stessa delle sue attrici (per le quali "girare un film con Riccardo è come andare alle giostre"), Camilli sa raccontare molto bene le donne e le scene del set sono puro divertimento per tutti coloro che ci lavorano, con improvvisazioni, battute, prese in giro. "Un regista che non ti dà indicazioni precise mettendoti in mano solo un copione". Lui stesso ci dice di aver svolto un grande lavoro concettuale per creare un ponte tra i suoi 12 anni (grosso modo in un'epoca anni 80, ma esterna alla tendenza dark) e i 42 attuali di oggi. "Mi piace lavorare con i ragazzini raccontando loro come mi vedrei io da padre. Una favola per me è qualsiasi cosa che si discosti un po’ dalla realtà, anche se di certo si corre sempre qualche rischio nell'inserire un elemento fantastico in dialoghi così realistici. Il mio suicidio invece me lo sono realmente sognato. In generale, direi che tutti fanno il film che vorrebbero vedere in sala, ma bisogna essere degli eroi per farne poi un’opera viva".
 
Il fratello Claudio invece ci tiene a mostrarci il bambino interiore che è in lui e non lo abbandona mai. "Ricordo bene che le cose raccontate nel film Riccardo le aveva poi fatte veramente con il suo amico Paolo. Mio fratello mi ha cambiato il look facendomi crescere un barbone e, poiché mi girava storto in quel periodo per motivi personali, il ruolo del depresso mi è venuto naturale". Non è mancata un po' di sana polemica a proposito di autori che sono anche aspiranti registi alla ricerca di un produttore ispirato. Evento che rischia di non avverarsi mai: "aspetti talmente tanto tempo che ti vengono i capelli bianchi e, nonostante ciò, quegli altri continuano a dirti che non sei poi così vecchio per trovare un budget. Qualcuno ti prende persino un po' in giro dicendoti che perderesti la tua purezza approdando in un circuito cinematografico più ricco. Ricordo quanto tempo ho perso a mandare i miei progetti a un grande produttore! Se poi per valutare le tue cose ti affiancano un editor o un autore e vieni regolarmente bocciato per una ferrea legge produttiva, tutto ciò che senso ha? Quindi, preferisci sistemare da solo le sceneggiature che non vanno e arrivi a spendere parecchie centinaia di euro nell'affitto di una sala per far vedere agli amici il tuo film. Alla fine restiamo soli tra di noi essendo tutti attori di teatro e a me, in particolare, continuano a piacere i dialoghi sporchi e imperfetti".

Maurizio Bonanni