Storie di Bulli e di Pupe. Rigorosamente minorenni e iscritti alla scuola media dell'obbligo. La storia, raccontata nel film "Bene, ma non benissimo" di Francesco Mandelli, si fa guardare come una sorta di congegno etico-artistico quasi perfetto, con le scene affrescate con la purezza pittorica di un Giotto e le volumetrie sincere e corpose del Masaccio nella "Cacciata di Adamo ed Eva". Protagonisti due adolescenti "antisimmetrici" per cultura, carattere, censo e ceto. Lei, Candida (Francesca Giordano), una piccola e paffutella (ma non di meno bellissima nella sua disarmante solarità e simpatia) meridionale di Terrasini, ridente paesino sul mare in provincia di Palermo, orfana di madre con un padre accudente per quel che può ma sicuramente da proteggere secondo il mandato materno: "non dargli angustie, sii obbediente e preparagli sempre il tortino di maccaroni come ti ho insegnato io", le ripete lo spirito animato in effige della madre mentre figlia e marito visitano la sua tomba. Lui, Jacopo (Yan Shevechenko), profilo ieratico dello stereotipo slavo, magro e pallido nei suoi colori chiari, elegante e leggero nel moto rapido e circolare dell'axel semplice esibito sui pattini da ghiaccio. Yacopo è un bel ragazzino mutacico e un po' autistico, ricchissimo e particolarmente colto per la sua età, appassionato della civiltà egizia e buon conoscitore del museo torinese che ne conserva parecchie migliaia di splendidi reperti.
"Lui è armonico mentre lei non lo è, ma dimostra di saper affrontare i bulli colpendoli al cuore (solo apparentemente arido) con una riflessione alla quale i suoi persecutori non possono sottrarsi", ci dice Mandelli nella conferenza stampa successiva alla proiezione del film. "La scena chiave avviene sui binari della stazione e mette a nudo l'animo di quei ragazzini che si comportano da bulli perché in fondo hanno grande dolore e rabbia dentro di loro". Perché scegliere una femmina anziché il solito maschio? "Leggevamo nei fatti di cronaca che sono spesso le ragazze vittime di bullismo e, quindi, una protagonista avrebbe dato al film ben altra profondità e maggiore potenza espressiva. Dopo tanti incontri, mi sono bastati appena cinque minuti per scegliere Francesca solo guardandola negli occhi: lei è bellissima pur collocandosi fuori dai canoni standard estetici usuali. Perfetta, insomma, per rispondere con grande ironia e senza violenza a chi la affronta in maniera spigolosa. Nel finale il bullo viene ricondotto all'interno del gruppo, perché Candida riesce a includere gli altri, negando ogni valore etico al principio della ritorsione: tutti in fondo sono vittime di qualcosa e di qualcuno".
Per distruggere l'ego dei tre bulli (soggetti al solo meccanismo di trascinamento del più aggressivo e forte di loro), alla protagonista basta "strisciare" la battuta velenosa come il morso di un aspide quando si mette incautamente la mano nel suo cesto, dicendo che, in fondo, la somma del valore venale del loro abbigliamento "fico" da migliaia di euro fa appena una frazione dell'orologio che Jacopo porta al polso! Insomma: ti credi ricco ma c'è sempre qualcuno più ricco di te e di certo queste cose non le hai guadagnate con il tuo lavoro, come fa lei adattandosi a fare la dog sitter una volta finite le lezioni. Lei, Candida, che arriva a scuola con il soprabito tagliato a strisce dai bulli e per nulla umiliata dato che così il tutto appare più "fashion", mentre Jacopo che non possiede la struttura morale dell'amica si nasconde per la vergogna! Lei che, la sera prima di partire per quella scuola torinese di figli di papà "si addormenta dicendo è tutto a posto: nessuna è più figa di me! Lo stesso velo di ironia che utilizza quando parla con la mamma defunta la cui mancanza diventa in realtà un suo punto di forza. Candida è una ragazzina apparentemente svantaggiata che dimostra di avere da sola gli strumenti per contrapporsi ai bulli!".
"Ed è lei a fare da contrafforte alla mitezza introversa di Jacopo. Quanti amici hai nella vita che raccolgono una sfida al posto tuo? Qui non c’è una morale precostituita, ma solo la volontà di raccontare una piccola favola dove l’amicizia ha un effetto salvifico. Cercavo qualcosa di cui innamorarmi e mi sono imbattuto in questa storia provando grande commozione nel leggere il copione, complice il fatto di essere diventato padre da poco tempo. Ho scelto la leggerezza per affrontare temi spinosi sui quali si rischia di avvitarsi quando se ne inizia a parlare. La cosa veramente difficile è stato il casting per la selezione dei protagonisti. Poi, però, una volta iniziate le riprese si è creato una sorta di grande gioco girando assieme a loro le varie scene che si sono spontaneamente adattate alla naturalezza dei ragazzi. Al centro della storia non sono gli episodi in se stessi ma il discorso sulla solitudine. Candida trova qualcuno più fragile di lei e unisce le loro due debolezze per farne una forza, esaltata dalla dinamica dei passaggi narrativi dal basso verso l’alto, dal profondo al leggero. Il pregio del film è di passare con naturalezza e spontaneità dal registro della commedia a quello della tenerezza". Nella storia anche lo zio Vito, scorbutico e scontroso fratello del padre di Candida "ha un ruolo chiave quando dice alla nipote che lei avrà successo al contrario di molti dei privilegiati per nascita che frequentano la sua classe. Ed è sempre lui che trova la forza e rischia molto quando l'accompagna alla stazione per lasciare che lei si confronti con la sfida scellerata lanciatale dai tre bulli".
"Ho fatto quindi un film che doveva parlare ai giovani con punte di commedia ma con un profondo retrogusto narrativo dei drammi adolescenziali sottostanti e della loro solitudine". E nella comicità di Mandelli (come fa notare Rosario Terranova) esiste un formidabile sottotesto che ha visto l'inserimento in corso d'opera di elementi estranei al copione originario: "Non c'erano scene con la madre morta, ma lui ha detto che si doveva vedere. Il finale non era quello, ma il regista l’ha voluto così con il concerto di musica rap come siparietto finale che unifica bulli e bullizzati negli stessi gusti generazionali. E tutto ciò si è reso possibile anche grazie al produttore Pier paolo Piastra che non ha imposto nulla nel casting e nella scelta collaboratori! Ha preso un pacchetto e ha detto di sì a tutto! ". Vincenzo Terracciano che ha collaborato al soggetto e alla sceneggiatura, sottolinea come qui non si tratti "di un film a tesi quanto piuttosto di un'opera pedagogica a beneficio dei genitori! Il principale problema affrontato è la scelta assolutamente fondamentale della collocazione del punto di vista quando si intende raccontare una storia adolescenziale, tenendo conto che a quell'età qualsiasi cosa tu faccia è sempre la prima volta che la fai! Si dice che i comportamenti di un figlio siano legati all’età. Ma, in realtà, che cosa si nasconde dietro questo modo di dire?".
"E lì, scegliendo un punto di vista adolescenziale, bisogna capire che cosa c’è dietro un mondo che si dà per scontato, facendo sì che i contenuti risuonino come un grido d’allarme di ciò che spesso i ragazzi di quella età non sanno formulare. Il film ha sofferto dei soliti limiti che affliggono le piccole produzioni e ha visto la luce grazie al sacrificio professionale di tante persone che hanno lavorato in ombra e nel silenzio". Rosario Terranova, che svolge il ruolo del padre di Candida, racconta della sua apprensione nel lavorare con dei minorenni, a causa della presenza sempre incombente dei loro genitori. Invece, quelli veri di Francesca Giordano si sono rivelati meravigliosi ed estremamente collaborativi permettendogli di interagire con la loro figlia come un vero padre. "Perché sai che il vero papà ti sta guardando e quando l’accarezzi cerchi di comportarti come lui!". Ma ci sono altre tre forti antisimmetrie che realizzano l'albero motore di un film che coltiva quasi scientificamente il paradosso per ottenere effetti di autentica commozione, grazie alla vittoria morale e dialettica del più debole sul più forte. La prima, culturale, sociale e geografica, riguarda il rapporto Nord-Sud, in cui il notevole differenziale di reddito procapite viene annullato e addirittura ribaltato sotto il profilo etico. "Abbiamo tenuto nel film a dipingere la Sicilia come una terra promessa", dice Mandelli. Le altre due antisimmetrie riguardano le coppie genitoriali, i padri e le madri dei due ragazzi. Da un lato, il padre di Candida, un vero talento di ironia, saggezza, fatalismo e rassegnazione al quale la giovanissima protagonista fa da perfetta spalla, avvolgendo i loro dialoghi in un humor all'inglese altrettanto dissacrante e delizioso. Lui, un salumiere cinquantenne rimasto disoccupato per l'avvento del solito iperstore che condanna all'estinzione i piccoli commerci, costretto dalla sua condizione indigente a emigrare dalla Sicilia a Torino per trovare lavoro, grazie ai buoni uffici del fratello che lavora in un ristorante dove padre e figlia trovano alloggio precario al piano superiore del magazzino, tra scatole giganti di pomodoro e scorte alimentari varie.
Ed è proprio quel girato dall'alto, in un letto a una piazza e mezzo da dividere in due, che la bellezza estetica del film trova la sua massima realizzazione, tra precipitose alzate mattutine, dialoghi esilaranti e la voglia di restare a letto che ogni adolescente condivide con tutti i suoi coetanei del resto del mondo. L'altro, il suo antagonista socio-economico, è un ricchissimo commerciante torinese, in cui il valore del denaro e la difesa a tutti i costi del proprio status è l'unica regola di vita in cui crede. L'ultima antisimmetria riguarda le due madri, opposte per segno estetico (bellissima la moglie del ricco, rotondetta e figlia del popolo la defunta la quale, però, è ben presente nelle proiezioni mentali della figlia che dialoga con lei come fosse un ologramma invisibile a tutti gli altri), ma coincidenti nei contenuti esclusivi del femmineo materno, che sa accogliere a braccia aperte il diverso da sé riconoscendo i bisogni profondi, affettivi e immateriali dei propri figli. Annota Mandelli: "La bellissima madre di Jacopo che dice “io so ma non intervengo perché mio figlio deve saper crescere da solo”, dato che occorre offrire strumenti ai ragazzi per irrobustirsi e affrontare la vita. Si fanno figli che poi bisognerà lasciar andare".
Candida e Yacopo divengono compagni di scuola inseparabili che solo una sgradevole circostanza e il solito fraintendimento degli adulti costringerà a banchi separati nella stessa classe. Ma finché il dio Anubi li proteggerà, i due costruiranno un meraviglioso oggetto di purissima amicizia tanto solido e delicato da trasfigurare lo pseudo autismo di Yacopo nel comportamento solare dei giochi classici tra adolescenti. E, poiché, secondo il motto del '68, "un sorriso vi seppellirà", così tra musica rap, dramma e ironia i bulli perdono il loro "dolore dentro" e diventano amici di classe come tutti gli altri.