Dietro le quinte di “A Chiara”: a tu per tu con lo scenografo Ascanio Viarigi

09/10/2021

“A Chiara” di Jonas Carpignano, fresco della vittoria allo Zurich Film Festival dopo aver conquistato l’Europa Cinemas Label alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, è da questa settimana nelle nostre sale. Un film che scava nei volti dei protagonisti, nei sentimenti, e che racconta la mafia non con sparatorie eclatanti ma con realismo quotidiano, attraverso gli occhi di una quindicenne che scopre la verità su suo padre. E’ il capitolo che, possiamo dire, conclude la “Trilogia della Calabria” (iniziata con Mediterranea e proseguita con A Ciambra) di Jonas Carpignano. Ne abbiamo parlato con lo scenografo del film Marco Ascanio Viarigi, che a fianco di Carpignano lavora da anni e che ci racconta i segreti del “dietro le quinte” del set. 

“Lavorare con Jonas è sempre molto bello perché c’è un’amicizia che va avanti dal 2011 da quando abbiamo realizzato il primo film insieme, in realtà anche da prima perché ci siamo conosciuti anni fa a Torino come assistenti sul set del film La Signorina Effe, ci conosciamo da tanti anni e lavorare insieme è sempre bello, abbiamo subito capito che c’era un feeling che fa nascere una sintonia di intenti per creare qualcosa di bello. Quest’ultimo film che abbiamo fatto insieme è il terzo capitolo di quella che può essere considerata una trilogia ed è un po’ il naturale svolgimento delle cose, questo era un po’ l’atteso terzo capitolo, va a toccare alcuni temi sensibili totalmente diversi dai due precedenti.”

“Come sono stati scelti gli attori, così assolutamente veri?”

“Gli attori sono attori non professionisti che vivono lì a Gioia Tauro, dove è stato girato il film, e che Jonas ha conosciuto negli anni: è proprio la presenza sul territorio che gli ha consentito di entrare in contatto con le realtà locali. In A Ciambra era la comunità rom locale che senza un contatto personale non avremmo potuto neanche avvicinare, c’è stato un primo step quando mi rubarono la macchina che ci ha permesso di conoscerli (ride), che poi è stato il la che ha dato il via a una serie di contatti e conoscenze. E poi essere lì presenti, parlare con loro, entrare un po’ nella vita delle persone è stato sicuramente fondamentale e lo è stato anche in questo film perché Jonas si è avvicinato alla famiglia coinvolgendola tutta. Gli attori del film sono anche nella realtà il padre, la figlia, la madre e questo ha reso possibile tirare fuori una serie di emozioni vere e di situazioni molto simili al vero. Sicuramente va a toccare delle corde sensibili dell’animo umano, io da padre ho vissuto delle emozioni forti. E’ un film che smuove emozioni molto potenti, anche solo visivamente, per esempio quando il padre la prende in braccio per portarla a letto: quello è un gesto quotidiano, che fa un padre, e quell’inquadratura è molto vera e ti lega tantissimo al personaggio.”

“Parlaci del lavoro di scenografia, anche quello così realistico, che hai svolto con Alberta Avanzi e Lorenzo Nicolosi. C’è un’attenzione ai dettagli molto precisa”

“Chiaramente siamo stati molto attenti e iper realistici. La si percepisce poco perché il film è molto vero, molto documentaristico, ma dietro invece c’è un grosso lavoro di scenografia che va dai telefoni cellulari alle auto, alla casa della protagonista, al bunker. Ovviamente non è possibile girare dentro un vero bunker, oltre al fatto che gli spazi sarebbero angusti perché sono dei veri passaggi segreti. Quindi, una volta individuata la vera casa l’abbiamo riarrredata, ridipinta, ricostruita, abbiamo costruito un caminetto all’interno della casa, cambiato le porte, cambiata la cucina, cambiato un po’ la conformazione, mantenendo il rapporto che c’è con l’ambiente esterno, la via, il cortile, il tetto. E poi all’interno della casa abbiamo costruito un passaggio segreto, ma solo l’inizio perché poi abbiamo ricostruito in studio l’intera casa su un palco sopraelevato di due metri da terra (per dare la sensazione di scendere realmente giù) sul quale è collegato il bunker, con la possibilità di riprenderlo in un unico piano sequenza. Dunque, stesso alloggio con tutte le camere identiche, apri il caminetto ed entri nel bunker, il tutto in un teatro di posa all’interno di un capannone a Gioia Tauro. Abbiamo inserito un pavimento crollato, una scenografia teatrale, tangibile. La scenografia vuole essere anche invisibile in un film come questo, non vuole ostentare, il punto è cercare di essere sottili ed efficaci.
Durante la scena onirica in cui la ragazza si sveglia di notte e va verso questo salotto che non raggiunge mai abbiamo messo a terra un tapis roulant di 8 metri che le impediva di andare verso la destinazione, come il tapis roulant della palestra, riprendendo il motivo della corsa. Per il secondo bunker c’è stata tutta una ricerca di documentari dei cacciatori di Calabria, come costruiscono le botole. Noi ne abbiamo costruita una che abbiamo piazzato in mezzo a un prato, per avvicinarci sempre più alla realtà e al territorio.”

“Raccontaci qualche altro piccolo segreto sulla lavorazione del film”

“Abbiamo iniziato la preparazione nel gennaio 2020 per girare a febbraio e a marzo abbiamo fermato tutto per la pandemia che è iniziata proprio mentre stavamo girando. Le scenografie però erano concluse fortunatamente è rimasta in Calabria oltre alle famiglie una piccola troupe e dopo un periodo di quarantena si è riusciti a girare delle scene all’interno del nostro capannone che ha permesso al nostro film di galleggiare finché non si è riusciti a tornare in Calabria tutti insieme e a concludere le riprese del film. Mi piace pensare che questa grossa scenografia costruita è stata un po’ un’ancora di salvezza in quel periodo di blocco. Al tempo poi la Calabria era lontanissima dai focolai, quando abbiamo interrotto c’era tanto dubbio su cosa fare e cosa non fare perché non era ancora scoppiato quasi niente giù, era tutto molto lontano, la situazione era percepita in modo diverso. Quindi pensare che la scenografia è stata un’ancora di salvezza in questa situazione di crisi mi rende contento.”

“E poi sono arrivati i Premi...”


“Ho visto il film per la prima volta quando è stato presentato a Cannes ed è stata una piacevole sorpresa. Siamo arrivati lì con tante aspettative che sono state tutte appagate e soddisfatte e poi qualche giorno dopo è arrivata la notizia della vittoria che è sempre una grandissima soddisfazione e anche se non è la prima fortunatamente non ci si fa mai l’abitudine”

La recensione del film

Gabriella Aguzzi