
“Dov’è
adesso la tua scintilla?” diceva Sean Penn,
inginocchiandosi sulla tomba del soldato Witt
in uno dei momenti più toccanti e commoventi
di “La sottile linea rossa”. E uno
dei regali più belli fatti dalla Festa
del Cinema di Roma è stato farci incontrare,
nello stesso giorno, Sean Penn, con il suo travolgente
“Into the Wild”, e Terrence Malick,
la leggenda, il regista che non si mostra mai
in pubblico e vive chiuso nella sua riservatezza
e nei suoi segreti. Vederli, uno dopo l’altro,
è stato come entrare per un attimo a far
parte di quel film rarefatto e magico e forse
anche Sean Penn ha ereditato un po’ di quel
dono che Malick ha nel ritrarre la Natura (anche
se la Natura del film di Penn diviene nemica),
facendola parlare e palpitare, in un modo tutto
suo ed unico.
Michael Cimino definisce Terrence Malick uno dei
più grandi poeti di oggi. Sorprende il
sentirlo parlare di Cinema Italiano, di Totò,
degli Anni d’Oro della nostra Commedia.
Tutto ci saremmo aspettati tranne che scegliesse,
tra i suoi film del cuore, “I Soliti Ignoti”,
“Lo Sceicco Bianco”, “Sedotta
e abbandonata”, così memorabili eppure
così lontani dalla sua poetica, che si
potesse riderne insieme in sala. Ma quando poi
parla, chiedendo il buio tra gli spettatori come
se si fosse in un salotto tra amici, proteggendo
così la sua leggendaria timidezza, Malick
ha sempre qualcosa di estraniato, come se cercasse
la poesia nascosta dietro ogni cosa.
“Totò era pieno di vita, faceva
ridere con questa lunga faccia malinconica e triste,
come Buster Keaton. Mi sono sorpreso di sapere
che non era amato dai critici. Anche Benigni sa
trasmettere la stessa gioia e tristezza, come
Chaplin e Keaton”.
“E’ difficile fare commedie su
temi come l’onore e la famiglia. Lo humor
qui è molto forte, diverso dal solito.
Quando l’umorismo tocca la saggezza, sentimenti
come amore e felicità, ti senti felice
come un bambino, puoi dimenticare tutti i guai
e le sfortune e la cattiveria intorno, c’è
qualcosa di grande dietro a queste commedie”
Una rivelazione. In “La rabbia giovane”
Malick è stato anche attore, ed è
divertente provarsi a riconoscerlo in questo film
passionale sugli amanti fuggitivi e assassini
che ha dettato modelli (“Una vita al massimo”
ne riecheggia perfino la colonna sonora), con
un Martin Sheen dotato della stessa sensibilità
emotiva di James Dean. “E’ stata
una necessità, l’attore non compariva
e così ho detto: lo faccio io. E improvvisamente
mi sono accorto cosa devono fronteggiare gli attori
e mi sono messo a ridere senza riuscire a fermarmi,
mentre Martin Sheen mi guardava serissimo.”
E dopo aver consigliato di vedere l’ultimo
film dei fratelli Coen “No Country for Old
Men”, Terrence Malick scompare così
come è apparso, riservato e silenzioso,
lasciando dietro di sé l’impressione
di aver vissuto uno dei momenti più emozionanti
e rari di questa Festa del Cinema.