
Tra le opere prime italiane
dell'anno si è fatto notare il film del
leader dei Tiromancino, Federico Zampaglione,
“Nero bifamiliare”, un noir grottesco
interpretato dal versatile Luca Lionello e dalla
compagna del regista, Claudia Gerini. Il film
e i suoi autori e protagonisti hanno incontrato
il pubblico lodigiano per una piacevolissima chiacchierata:
se è impossibile riportare le battute stralunate
di Lionello (è difficile pensare che ha
rivestito il ruolo di Giuda nella “Passione”
di Mel Gibson...), le cose dette dal simpatico
e disponibile Zampaglione meritano d'essere ascoltate.
- Non
è possibile paragonare la creazione di
un disco a quella di un film. Un disco è
un momento di raccoglimento, il cinema è
più complesso perché hai a che fare
con tanta gente diversa, dall'attore che deve
capire il proprio personaggio alle maestranze,
e non importa il tuo umore perché devi
relazionarti con tutti in tutti i momenti. La
situazione è più simile a quella
della tournée. Inoltre c'è la questione
del tempo. Come musicista posso prendermi i tempi
che voglio, stare a perdere un giorno per creare
un suono (tra l'altro ho lo studio di registrazione
in casa!); col cinema ero ossessionato dal dover
ottimizzare il risultato artistico entro dei tempi
prefissati, e un avvoltoio alle mie spalle mi
ricordava sempre che ogni ritardo costava...
- L'aspetto economico ha dato una certa ansia,
a me e soprattutto ai produttori, perché
questo non è un film “di cassetta”,
ma popolato da personaggi meschini, senza una
netta distinzione tra buoni e cattivi, senza nulla
di eclatante
- E' stato più difficile il mio inizio
da musicista perché allora ero un nessuno,
che suonava nei garage e portava in giro i provini
magari facendosi sbattere l'uscio in faccia; ora
il fatto di essere famoso mi ha sicuramente aiutato
a trovare i finanziamenti. Però poi mi
han guardato male perché la gente del cinema
è molto settaria, gelosa e piena di pregiudizi
e si chiedevano “ma cosa vuole fare cinema
questo qui che è un musicista? Non vorrà
portarci via il posto?”: sono stato piuttosto
attaccato e criticato per il fatto di “non
fare il mio lavoro”. Però l'entusiasmo
non mi è mai mancato.
- Anche come esordiente sono riuscito a farmi
rispettare come regista attraverso un lungo lavoro
di prove con gli attori, durante le quali sono
riuscito a far capire loro che, essendo un film
grottesco, i personaggi potevano, anzi dovevano,
essere un po' delle maschere, molto stilizzati
e “simbolici”
- A volte sul set portavo della musica per creare
l'atmosfera. È una cosa che ho scoperto
piuttosto insolita, ma mi era più facile
spiegare agli attori gli stati d'animo coi suoni
che non con le parole.
- Con la musica ho espresso solo una parte di
me, una parte vera ma non completa, perché
ci sono dei lati, quali l'umorismo o, al contrario,
la mia “dark side”, che non riesco
a esprimere come compositore, ma che hanno trovato
voce attraverso il cinema. Anzi, non volevo assolutamente
fare una versione cinematografica della mia musica,
ma volevo esplorare certi aspetti della mia personalità
che volevo comunicare: altrimenti tanto valeva
fare un altro disco, che ci avrei guadagnato anche
di più (per girare il film ha dovuto rinunciare
a ben due anni di concerti)
- Il problema dei finanziamenti pubblici ai film,
in Italia, è che vengono concessi solo
a quelle pellicole considerate “d'interesse
sociale”. Pertanto il cinema “di genere”,
come il mio film, non viene sovvenzionato, il
che è una vera stronzata. Pensate che oggi
un Sergio Leone non troverebbe i fondi per girare!
- C'è però speranza per il cinema
di genere. I film italiani che quest'anno sono
andati meglio sono un giallo grottesco (il mio),
un poliziesco (Notturno Bus) e un giallo tradizionale
(La ragazza del lago). In America il cinema tocca
tutti i generi, in Italia invece i critici tromboni
hanno avvantaggiato il cinema “autoriale”,
che alla fine vince tutti i premi . Così
molti registi, per farsi accettare e avere i finanziamenti,
han finito col fare film in cui non credevano,
che non si divertivano a realizzare. Ma il pubblico
non ci casca. È stato un errore offendersi
alla critica di Tarantino, in realtà la
trovo costruttiva. Io apprezzo di più chi
si butta a fare un film con un tizio che insegue
le ragazze in macchina, che uno che dice “vorrei
ma non posso” e rinuncia alle proprie idee
per opportunismo.
- Io in futuro vorrei accentuare proprio la mia
tendenza al cinema di genere, soprattutto horror,
perché sono cresciuto coi film di Dario
Argento, Lamberto Bava, Lucio Fulci. Però
il cinema per me è essenzialmente una valvola
di sfogo, per cui non sto troppo calcolare, lo
farò ancora se potrò divertirmi,
non per ragioni di mercato. Dici che riuscirei
bene come regista horror?