
Sergio
Leone, Alberto Sordi, Silvio Muccino.... Sono
tanti i personaggi di cui Carlo Verdone racconta,
inarrestabile e irresistibile, inframmezzandoli
di continuo con imitazioni. L’incontro con
il pubblico al Teatro alle Vigne di Lodi, nella
giornata a lui dedicata nel corso della Rassegna
“I Sette Peccati Capitali – Scacco
Matto all’Accidia”, si è così
trasformato in uno show scatenato. E intanto riaffiorano
i momenti più salienti della sua carriera,
gli inizi difficili, i film e i personaggi più
amati, ripercorrendo il filo che lega il suo Cinema
agrodolce, costellato di macchiette e di battute
entrate nel gergo comune, ma anche pervaso da
una sottile, costante malinconia. “A volte
vorrei dare un finale di speranza, ma non mi viene
mai – confessa – Forse per una sorta
di malinconia che c’è in me, che
fa parte del mio carattere, e si avverte sempre
la fragilità della vita, di un futuro che
non è mai tanto sicuro”
Gli
esordi
“Il primo teatro è sempre la piazza
della nostra città, poi la scuola. Tutto
è cominciato osservando i tic e le fragilità
della gente, poi l’imitazione ha cominciato
a lasciare il posto ad un’interpretazione
personale. Imitavo i professori catturandone la
voce e la psicologia. Il mio primo monologo si
è ispirato al nostro professore di Religione,
con questa voce buonista e clericale e io cercai
di entrare nel DNA psicologico di quell’uomo...
Poi mi ritrovai, laureato e con un diploma di
regia, allo sbaraglio in un teatrino di 40 posti.
Mi sentivo bloccato, ma mia madre mi cacciò
di casa con un calcio dicendo ‘Vai fregnone,
un giorno mi ringrazierai’. E una sera ci
trovammo ad esibirci davanti ad un solo spettatore,
sicuri che il giorno dopo avremmo chiuso definitivamente.
Era un critico importante di ‘Paese Sera’
e da lì cominciò tutto”
Sergio
Leone
“Un vero padrino artistico. Era un uomo
di polso e mi ha insegnato tutto. Molto burbero,
tipo padre ottocentesco, faceva paura a guardarlo,
grondavi sudore e lui ti guardava ‘Non ho
capito ancora perché me fai ridere’.
Quando dovevo fare la scena al telefono con la
madre in ‘Un sacco bello’ mi disse
di fare tre giri del palazzo a piedi per ottenere
l’effetto giusto. Feci finta: c’erano
40 gradi e pensai che era pazzo. Quando mi vide
mi diede una sberla dicendo ‘Ah stronzo,
tu tre giri di palazzo nun te li sei fatti!’
E così uscii di nuovo, con lui che mi controllava
dalla finestra...
Sordi
e Muccino, due generazioni diverse
“Silvio Muccino è un personaggio
assurdo, un cavallo pazzo, con lui mi sono ritrovato
la casa distrutta. Mi entrava in casa, metteva
la testa nel frigo, tirava fuori la bresaola e
intanto diceva ‘sì, sì racconta,
fichissimo!’
Sordi era l’esatto contrario di quello che
avete visto in pubblico. Una grande espansività,
una grande carica di simpatia, ma in casa diventava
un uomo tremendamente austero, una persona cupa.
Forse un po’ misantropo lo era, troppo ritirato,
chiuso, maniacale...”
La Musica
“Mi accompagna in ogni momento della mia
vita, mi accompagna anche nella scrittura delle
sequenze. A 18 anni ero un batterista bravino,
poi ho perso la mano e sono diventato un batterista
della domenica, ora ho ripreso. Ho conosciuto
molte rock star storiche, il destino ha fatto
in modo che incontrassi di persona tutti i personaggi
che ho amato e a volte ho stretto anche delle
amicizie”
Il personaggio
più simile al vero Verdone?
“Quello di ‘Maledetto il giorno che
t’ho incontrato’. Lì ho fatto
veramente l’analisi delle mie ipocondrie,
i miei amori come l’Inghilterra e la musica,
la psicanalisi, stavo veramente raccontando me
stesso. E anche Margherita Buy ha raccontato se
stessa. Io poi un po’ sono guarito, ma quell’ansia
un po’ mi manca, perché se sai incanalarla
giusto è adrenalina in più. Con
il tempo si raggiunge una certa maturità
e saggezza, anche se non è detto che si
riesca a mantenerle. Io sono stato aiutato dalla
lettura di Seneca e di Borges. Alla fine, se non
sei proprio una testa di coccio, qualcosa riesci
ad assorbire”.
Una serata
riuscitissima. Per il pubblico e forse anche per
Verdone. “Venendo a Lodi ho scoperto una
città davvero bella. Mi sa che un pensierino
cinematografico ce lo faccio...”