
Un
posto di controllo al confine tra Israele e Palestina.
A una donna palestinese si rompono le acque, il
bambino nasce morto. Non è colpa di nessuno,
ma gli arabi sono pronti a dare la colpa agli
ebrei, loro tengono la situazione sotto controllo
con indifferenza di fronte alle tragedie e con
un certo nervosismo.
Le tensioni tra gli ebrei israeliani e gli arabi
palestinesi sono la sfondo alle vicende erotico
sentimentali di Noam, Yali e Lulu, due ragazzi
gay e una ragazza che coabitano a Telaviv, la
"Bubble" del titolo, perché lì
è come vivere in una bolla, isolati dal
resto. Ma "il resto" giunge da loro
attraverso l'amore di Noam per un ragazzo palestinese
e i toni della commedia volgeranno verso il (melo)drammatico
mano a mano che il loro amore si scontrerà
con una faida politico-famigliare.
"The Bubble", presentato a Milano in
anteprima nell'ambito del 21° Festival del
Cinema Gaylesbico, è un film che tocca,
diverte, fa versare un paio di lacrime e fa discutere.
"Non è più politico di
'Yossi and Jagger' o di 'Camminando sull'acqua'
- specifica Golan Uchovsky, produttore della pellicola,
partner artistico e di vita del regista Eytan
Fox - ma più degli altri è sensibile
al punto di vista del pubblico: ognuno lo legge
come crede, chi in chiave politica e chi in chiave
sentimentale, chi dalla parte dei palestinesi
- che ci hanno accusato di averli mostrati tutti
come terroristi - chi degli israeliani - che ci
hanno accusato di averli trattati da esercito
occupante e d'aver fatto un film antipatriottico..."
Dal nostro punto di vista, invece, la visione
politica è equilibrata e realistica, come
sempre nei film di Fox, e non prevarica il lato
erotico (che è la sua vera ragione d'essere)
e la capacità di toccare i molteplici temi
con leggerezza, anche se forse nel sottofinale
si accumulano un po' troppe disgrazie, che però
assumono uno spessore tragico sulla chiusura del
film
"Se uno esce turbato e depresso va bene,
un finale più conciliante non lascerebbe
traccia, invece così viene voglia di impegnarsi
perché le cose cambino. Io sono piuttosto
ottimista al riguardo, e vorrei che il mio film
contribuisse a vincere la paura. " Dice
Eytan Fox, che abbiamo incontarto al termine della
applaudita proiezione
Il pubblico era diviso nel considerare il finale
un "amor vincit omnia" o una sconfitta
dell'amore...
" Non è certo un happy ending
all'americana, ma in qualche modo l'amore vince,
no? Certo mi sarebbe piaciuto che i due amanti
si allontanassero mano nella mano nel tramonto,
ma non sarebbe stato realistico, e io volevo fare
un film realistico, e in medioriente oggi un finale
del genere non è possibile! Nella realtà,
la realtà vince sugli individui"
E nella realtà è possibile un amore
tra ebrei e arabi?
"E' molto difficile, anche se si tratta
di un amore eterosessuale, non solo perché
viene contrastato dalle famiglie, ma anche perché,
di fatto, sono difficili i contatti tra i giovani
dei due gruppi. La situazione peggiora se si parla
di gay. In Israele si è molto aperti al
riguardo, ma non così lo sono i musulmani.
Un tempo era diverso, moti ragazzi di Gaza erano
apertamente gay, ma dopo l'occupazione, e in particolare
negli ultimi anni , dopo la morte di Rabin, l'islamismo
è divenuto sempre più intollerante"
I palestinesi potranno vedere il film?
"Se vengono in Israele....Comunque oggi
i palestinesi hanno problemi più importanti
da risolvere e non me la sento di spronarli per
difendere i diritti delle donne o dei gay, quelle
son cose che puoi fare quando stai bene"
Dunque il film non è certo un manifesto,
né pacifista né gay, ma trova la
linfa nell' abituale capacità del regista
di cogliere le emozioni con piccoli tratti psicologici
precisi: dalle scelte musicali a quelle di una
camicia, dall'amore per Telaviv allo sconcerto
per come è stata costruita, con strade
parallele al mare che ne bloccano l'aria, fino
ai ricordi di infanzia, dove abbiamo i momenti
forse più toccanti. Per il ragazzo arabo
è la distruzione della sua casa su French
Hill (" non voglio fare il parallelo
tra la distruzione di una casa e l'uccisione di
un genitore, perché non c'è certo
simmetria tra le due situazioni, ma in fondo,
nel cuore di un bambino, anche questo fatto inspiegabile
può far nascer la paura, che poi si trasforma
in odio") per il ragazzo ebreo un episodio
piccolo e molto triste che abbiamo scoperto essere
autobiografico
"Mia madre era un'ebrea americana, quando
ci siamo trasferiti a Gerusalemme sembrava di
vivere in un sogno, e lei era più israeliano
di un'israeliana...Eravamo andati a vivere di
fronte al quartiere arabo, divisi solo da un campo
giochi per bambini. Mio padre è invece
un tipo duro, e cominciò a dettare regole
nel quartiere: quando ci fu un incidente tra bambini
ebrei e bambini arabi, disse che era vietato agli
arabi venire a giocare nel nostro campo giochi.
Mia madre si ribellò, e organizzò
un party sul campogiochi, ma gli altri erano tutti
spaventati da mio padre, e non venne nessuno.
C'eravamo solo io e lei e la torta....Fu triste"