The Bubble: l'amore attraverso le barricate

01/01/2008

Un posto di controllo al confine tra Israele e Palestina. A una donna palestinese si rompono le acque, il bambino nasce morto. Non è colpa di nessuno, ma gli arabi sono pronti a dare la colpa agli ebrei, loro tengono la situazione sotto controllo con indifferenza di fronte alle tragedie e con un certo nervosismo.
Le tensioni tra gli ebrei israeliani e gli arabi palestinesi sono la sfondo alle vicende erotico sentimentali di Noam, Yali e Lulu, due ragazzi gay e una ragazza che coabitano a Telaviv, la "Bubble" del titolo, perché lì è come vivere in una bolla, isolati dal resto. Ma "il resto" giunge da loro attraverso l'amore di Noam per un ragazzo palestinese e i toni della commedia volgeranno verso il (melo)drammatico mano a mano che il loro amore si scontrerà con una faida politico-famigliare.
"The Bubble", presentato a Milano in anteprima nell'ambito del 21° Festival del Cinema Gaylesbico, è un film che tocca, diverte, fa versare un paio di lacrime e fa discutere.
"Non è più politico di 'Yossi and Jagger' o di 'Camminando sull'acqua' - specifica Golan Uchovsky, produttore della pellicola, partner artistico e di vita del regista Eytan Fox - ma più degli altri è sensibile al punto di vista del pubblico: ognuno lo legge come crede, chi in chiave politica e chi in chiave sentimentale, chi dalla parte dei palestinesi - che ci hanno accusato di averli mostrati tutti come terroristi - chi degli israeliani - che ci hanno accusato di averli trattati da esercito occupante e d'aver fatto un film antipatriottico..."
Dal nostro punto di vista, invece, la visione politica è equilibrata e realistica, come sempre nei film di Fox, e non prevarica il lato erotico (che è la sua vera ragione d'essere) e la capacità di toccare i molteplici temi con leggerezza, anche se forse nel sottofinale si accumulano un po' troppe disgrazie, che però assumono uno spessore tragico sulla chiusura del film
"Se uno esce turbato e depresso va bene, un finale più conciliante non lascerebbe traccia, invece così viene voglia di impegnarsi perché le cose cambino. Io sono piuttosto ottimista al riguardo, e vorrei che il mio film contribuisse a vincere la paura. " Dice Eytan Fox, che abbiamo incontarto al termine della applaudita proiezione
Il pubblico era diviso nel considerare il finale un "amor vincit omnia" o una sconfitta dell'amore...
" Non è certo un happy ending all'americana, ma in qualche modo l'amore vince, no? Certo mi sarebbe piaciuto che i due amanti si allontanassero mano nella mano nel tramonto, ma non sarebbe stato realistico, e io volevo fare un film realistico, e in medioriente oggi un finale del genere non è possibile! Nella realtà, la realtà vince sugli individui"
E nella realtà è possibile un amore tra ebrei e arabi?
"E' molto difficile, anche se si tratta di un amore eterosessuale, non solo perché viene contrastato dalle famiglie, ma anche perché, di fatto, sono difficili i contatti tra i giovani dei due gruppi. La situazione peggiora se si parla di gay. In Israele si è molto aperti al riguardo, ma non così lo sono i musulmani. Un tempo era diverso, moti ragazzi di Gaza erano apertamente gay, ma dopo l'occupazione, e in particolare negli ultimi anni , dopo la morte di Rabin, l'islamismo è divenuto sempre più intollerante"
I palestinesi potranno vedere il film?
"Se vengono in Israele....Comunque oggi i palestinesi hanno problemi più importanti da risolvere e non me la sento di spronarli per difendere i diritti delle donne o dei gay, quelle son cose che puoi fare quando stai bene"
Dunque il film non è certo un manifesto, né pacifista né gay, ma trova la linfa nell' abituale capacità del regista di cogliere le emozioni con piccoli tratti psicologici precisi: dalle scelte musicali a quelle di una camicia, dall'amore per Telaviv allo sconcerto per come è stata costruita, con strade parallele al mare che ne bloccano l'aria, fino ai ricordi di infanzia, dove abbiamo i momenti forse più toccanti. Per il ragazzo arabo è la distruzione della sua casa su French Hill (" non voglio fare il parallelo tra la distruzione di una casa e l'uccisione di un genitore, perché non c'è certo simmetria tra le due situazioni, ma in fondo, nel cuore di un bambino, anche questo fatto inspiegabile può far nascer la paura, che poi si trasforma in odio") per il ragazzo ebreo un episodio piccolo e molto triste che abbiamo scoperto essere autobiografico
"Mia madre era un'ebrea americana, quando ci siamo trasferiti a Gerusalemme sembrava di vivere in un sogno, e lei era più israeliano di un'israeliana...Eravamo andati a vivere di fronte al quartiere arabo, divisi solo da un campo giochi per bambini. Mio padre è invece un tipo duro, e cominciò a dettare regole nel quartiere: quando ci fu un incidente tra bambini ebrei e bambini arabi, disse che era vietato agli arabi venire a giocare nel nostro campo giochi. Mia madre si ribellò, e organizzò un party sul campogiochi, ma gli altri erano tutti spaventati da mio padre, e non venne nessuno. C'eravamo solo io e lei e la torta....Fu triste"

Elena Aguzzi