Incontro con Patrick Tam

01/01/2008

E’ sempre stato un regista innovativo, una voce unica nel panorama cinematografico di Hong Kong che non può esser catalogato in nessun genere perché ne ha sperimentati tanti, e sempre a modo suo. A Patrick Tam, figura leggendaria del Cinema hongkonghese, il Far East Film di Udine ha dedicato una retrospettiva completa che oltre agli otto lungometraggi (sette dei quali girati negli Anni 80 più l’ultimo, “After this our exile”, in competizione e aggiudicatosi il secondo posto sul podio, che ha segnato il ritorno al Cinema nel 2006) comprende anche i lavori televisivi nei quali sfociava la sua violenta libertà espressiva. Proprio qui a Udine, dove è stato ospite d’eccezione, gli abbiamo rivolto alcune domande. “La Televisione di Hong Kong ha abbandonato questa ricerca innovativa?”
“Dovevamo girare un episodio a settimana e c’era molta pressione che si risolveva in libertà di espressione. I produttori avevano capito che eravamo seri nel nostro lavoro e ci lasciavano esprimere quello che volevamo. E’ stato un momento particolare nella storia televisiva di Hong Kong. Ora molti programmi sono buoni ma più conservatori, si ha paura della sperimentazione”

“Come vede il Cinema di Hong Kong di oggi, in particolare il genere gangster? Chi sono i maggiori talenti e chi può aver ereditato la sua lezione?”
“Non penso di aver ispirato nuovi talenti, mi ritengo piuttosto una voce isolata. E il genere gangster e drammatico sono oggi molto commerciali. Penso a Jackie Chan che è una vera celebrità nella cinematografia di Hong Kong”.

“Lei è considerato ‘il Maestro di Wong Kar Wai’...”
“Wong Kar Wai e io siamo buoni amici, discutiamo spesso di Cinema e la nostra collaborazione è cominciata quando ha scritto la sceneggiatura di ‘Final Victory’. Ma non mi ritengo il suo Maestro”

“Dopo un periodo di assenza dagli schermi ha fatto ritorno con ‘After this our exile’. Non le è mancato il Cinema in questi anni?”
“Durante questo periodo di assenza ho continuato l’attività cinematografica insegnando e lavorando al montaggio. Volevo capire quale fosse il mio ruolo nel mondo del Cinema, mi sentivo in bilico tra le mie esigenze personali e quelle del mercato di Hong Kong”.

“Lei si esprime molto attraverso la musica...”
“La musica è importante, ma non necessaria dall’inizio alla fine. Bisogna anche rispettare i silenzi. E quando la uso deve essere sincera ed emozionante, deve provocare un riverbero emozionale nello spettatore”

“Quali sono i suoi Maestri occidentali più amati?”
“Sicuramente Robert Bresson. E Hitchcock”

“Lei ha sperimentato generi diversi. In quale sente di potersi esprimere maggiormente oggi?”
“Nei miei lavori passati ho sempre cercato di esprimere qualcosa di nuovo, di non seguire le regole. Ora vorrei fare un musical, mi interessano molto il ritmo e la coreografia. Il mio prossimo progetto sarà infatti “Carmen” , un’ opera di cui sono state fatte molte versioni. Voglio esplorare veramente questo genere”
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Gabriella Aguzzi