Vaporidis torna alla commedia

03/05/2008

Che Vaporidis avesse anche talento drammatico l’avevamo visto in “Cemento Armato”, film italiano abbastanza anomalo e crudo nel generale panorama soft e ingiustamente passato nella disattenzione. Scegliendo obiettivi più facili le produzioni continuano ad utilizzare Nicolas Vaporidis in commediole sentimentali, a tratti anche gradevoli ma nel complesso inutili, sfruttandone la bella faccina, il naturale carisma e l’appeal sulle ragazze. E su questa scia si inserisce “Questa notte è ancora nostra” (titolo che si riferisce alla notte cruciale della vita, ma il cui facile rimando a “Notte prima degli esami” è fin troppo evidente) che era nato in origine come tutt’altro progetto (un film drammatico sul tema dell’integrazione razziale) e che ha finito col trattare il soggetto col tono della commedia, in un clima di totale leggerezza. In mano a ben otto sceneggiatori il film diventa così una commedia sentimentale giocata sugli equivoci: il “cassamortaro” Massimo, allo scopo di formare un gruppo per un concerto, cerca di fare innamorare Jing, ragazza cinese, che a sua volta, per evitare un matrimonio combinato, gli fa fare il ruolo del fidanzato; i due s’ingannano a vicenda finché ovviamente si innamorano e tutto finisce in bellezza. Si sorride anche, ma senza scacciare l’impressione che sia stato scodellato l’ennesimo prodotto roseo e giovanilistico di cui avremmo potuto fare tranquillamente a meno.
Eppure all’estero su questo stesso tema ci sono precedenti illustri e piacevolissimi, si pensi alle commedie di stampo inglese o a “Il Banchetto di Nozze” di Ang Lee. Gli sceneggiatori li avevano ben presenti ad essi si sono rifatti, come conferma Massimiliano Bruno, che oltre a sceneggiatore è anche interprete del film a fianco di Vaporidis. “Sì, abbiamo pensato a film come ‘Il banchetto di nozze’, ‘Jall!a Jall!a’, ‘Il mio grosso grasso matrimonio greco’, ‘Sognando Beckham’, ‘East is East’ e una scelta così risulta nuova in Italia, magari può inaugurare un nuovo filone. D’altra parte noi siamo anni indietro rispetto ad altri Paesi per quanto riguarda l’integrazione razziale e forse fra qualche anno sarà tutto più naturale”. Buoni propositi, ma rispetto alla grazia e alla sottigliezza dei modelli citati, il cinema italiano nel campo della commedia si muove oggi con passo più maldestro, scegliendo il coté sentimentale e la battuta facile e il quadro che ne esce è fatto di stereotipi scontati.
Ciò non ha impedito alla troupe di divertirsi sul set e il clima spontaneo di empatia creatosi da subito si riflette anche sull’interpretazione di un gruppo affiatato. “L’atmosfera è quella che vedete nel film – dicono gli interpreti – Non facevamo che ridere e divertirci, c’erano momenti comici esilaranti come quando si tentava di far parlare in italiano gli attori che interpretavano i genitori di Jing.Subito alla prima lettura ci siamo riuniti in un ristorante giapponese e lì si è stabilita quell’empatia che vedete anche nel film. I due mesi di lavoro sono stati scanditi dalle canzoni che tutta la troupe ormai sapeva a memoria e di cui Vaporidis continuava a sbagliare le parole.
Infatti Vaporidis nel film si rivela anche cantante. “Il mio rapporto con la musica è ottimo. Non avrei mai pensato di cantare con una band musicale, è stato molto divertente e istruttivo, ma resta un’esperienza legata al film
I problemi razziali di cui si parla nel film come sono vissuti dagli interpreti? Valentina Izumì, italo-giapponese dall’accento romano scelta per il ruolo di Jing, si sente molto italiana come il personaggio che interpreta. E Nicolas Vaporidis racconta “Ho vissuto a Londra per quasi due anni e ho vissuto sulla pelle il sentirsi estraneo e la difficoltà di integrarsi. A Roma e a Milano, un po’ come nelle grandi capitali europee anche se in misura minore, c’è una fortissima comunità cinese e i giovani si sentono a metà tra l’essere completamente romani e milanesi e l’essere legati alle tradizioni. Ciò non può che far bene alla nostra generazione, per integrarsi e vivere tutto nel modo più naturale e anche per conoscersi e rubarsi le tradizioni a vicenda. E questo è ciò che abbiamo voluto raccontare nel film”.

Gabriella Aguzzi