I fratelli Scamarcio e Germano

01/01/2008

Non è un film politico, ma parla di esseri umani che fanno politica” sottolinea come prima cosa Daniele Luchetti alla presentazione milanese di “Mio fratello è figlio unico”, accompagnato dai due protagonisti Riccardo Scamarcio ed Elio Germano, uno affascinante modello ed antagonista dell’altro fratello in perenne ricerca di un’identità. Ed è infatti sui loro contrasti e sulla confusione ideologica del fratello minore, che chiede solo affermazioni per sentirsi amato, che fa leva il film sul cui sfondo scorre la vita politica dei primi Anni Sessanta. “Il tema esplicito è quello dell’ideologia, il tema segreto è quello della famiglia all’interno della quale è difficile farsi vedere, ed è poi il tema portante. Tutto ruota intorno all’estraneità e alla difficoltà affettiva e comunicativa”.
Liberamente tratto dal romanzo “Il fasciocomunista” di Antonio Pennacchi e passato attraverso infinite variazioni di sceneggiatura (in alcune era anche proposto un differente finale, qui si conclude con un gesto di “ribellione costruttiva” che ricorda quello di “Il Portaborse”) il film di Luchetti – nel quale Elio Germano dà una prova di bravura assolutamente straordinaria ma lasciano il segno anche “attori non protagonisti” come Luca Zingaretti (il “maestro” di fascismo) e Angela Finocchiaro (la madre) e i dialoghi sono, a dir poco, perfetti – indaga su un nostro periodo storico meno frequentato dal Cinema, che va più spesso all’interno dei veri “Anni di Piombo” mentre qui siamo al loro preambolo, con una ricostruzione quasi atemporale e priva di stereotipi e una rievocativa colonna sonora.
Quando ho letto il libro ho avuto una strana fascinazione: c’era la possibilità di raccontare una finestra storica abbastanza atipica, dal ’63 ai primi Anni 70 cioè il periodo precedente i fatti di sangue (anche se l’episodio di sangue finale è indispensabile per raccontare un’epoca), e il personaggio di un giovane fascista che non ha conosciuto direttamente il fascismo. Man mano che il lavoro procedeva c’era il pericolo di renderti ridicolo al pubblico di oggi restando troppo fedele o al contrario di essere incomprensibile, per cui ho lavorato sulla forte connotazione umana” racconta Luchetti. Ed Elio Germano aggiunge “Naturalmente un lavoro su quel periodo c’è stato, abbiamo visionato del materiale cercando di cogliere le differenze di quella generazione rispetto alla nostra, ma poi abbiamo voluto dimenticare la ricostruzione storica per evitare di “raccontare” i giovani degli Anni 60. Li abbiamo trattati come personaggi contemporanei perché si avvicinano alla politica per emulazione, in cerca di un’identità attraverso delle maschere. Il solo fatto che vivessero a Latina li ha resi degli estranei, gente che ha vissuto il ’68 mangiando i quadrucci in brodo della mamma. Accio si pone delle domande e cerca le risposte nelle maschere e nei vestiti e solo alla fine trova la strada giusta nelle persone che gli sono vicino.

Il mingherlino Germano è credibilissimo nel ruolo di picchiatore. “Come l’ho visto l’ho trovato perfetto. L’ho scelto per quel suo guizzo d’intelligenza sempre presente e veder sbagliare una persona intelligente è più interessante che veder sbagliare una persona ottusa – dice Luchetti – E Riccardo possiede il dono della fascinazione per cui, al fianco di Manrico, Accio si sente sempre escluso”.
E ci auguriamo che lo straordinario successo di cui sta godendo Riccardo Scamarcio contribuirà ad avvicinare ad un Cinema intelligente anche un pubblico di giovanissime, innamorate dei suoi fantastici occhi azzurri (e Scamarcio è davvero di una bellezza non comune nel Cinema Italiano). E’ quanto si augura lui stesso “Questo è un film emozionante, quando lo vedo resto commosso, e spero che possa instaurare nei ragazzi una riflessione più profonda, mostrando le spaccature di quegli anni”.

Riccardo Scamarcio, Elio Germano e Daniele Luchetti alla presentazione milanese di “Mio fratello è figlio unico”. Foto di Gabriella Aguzzi

Gabriella Aguzzi