Intervista a Ferzan Ozpetek e ai suoi attori

01/01/2008

“E’ un film che mi coinvolge molto, mi emoziono sempre rivedendolo e mi accorgo che lo spettatore reagisce insieme a me” esordisce Ferzan Ozpetek. E ha un tocco magico tutto particolare, sia nel toccare corde segrete, sia nel legame che crea con i suoi interpreti, perfino nell’atmosfera che circonda le interviste, questo pomeriggio all’ultimo piano dell’Hotel Duomo. Forse perché lui è una persona speciale come le storie che racconta. E lo dimostra con questo bellissimo film corale, “Saturno Contro”, su un gruppo di amici che resta unito nel dolore.
“Qui ritornano temi a te cari, come l’elaborazione di un lutto attraverso l’amicizia, la famiglia allargata, perfino l’importanza di essere riuniti intorno a una tavola. C’è un percorso che segui o tutto ti è suggerito istintivamente?”
“Non ho il pensiero di dover raccontare qualcosa, dico cose che mi coinvolgono e fanno parte della mia vita, anche se nel prossimo film vorrei cambiare tutto e dirigere un thriller. Ma in questa fase della mia vita avevo bisogno di raccontare questo. ‘Le Fate Ignoranti’ e ‘Saturno Contro’ appartengono però a due periodi diversi della mia vita. Allora eravamo molto più spensierati. Adesso, dopo l’11 settembre, abbiamo perso quella leggerezza. E’ rimasto il volersi proteggere in un gruppo, scambiandoci l’affetto, ma c’è una coscienza diversa e sentiamo molto più peso nel mondo”

“Viene istintivo pensare al Grande Freddo”
“Io preferisco dire ‘Il grande caldo’ perché c’è troppo caldo fuori nel mondo, nel senso che ci sono troppe guerre. Però mi fa piacere questo paragone perché parlo di come si fanno sempre i conti con le persone e sono partito dall’idea di un gruppo di amici, pensando agli amici che ho io. E da lì è nata l’idea dell’inseparabilità tra le persone, del lutto in una compagnia di amici e di tutte le cose che tengono uniti”
“Come pensi alla morte?”
“Ho una gran paura della morte, non solo per me ma anche per le persone che ho intorno. Non la trovo naturale, ho sempre paura che succeda qualcosa alle persone a cui voglio bene. Con i telefonini e con internet stiamo velocizzando tutto, prima di andare a dormire devo guardare le ultime notizie in internet, se non riesco ad aprire subito la posta mi arrabbio perché voglio la velocità. Tutto avviene velocemente, le notizie arrivano e scompaiono e questo ci fa venire la coscienza che anche la vita passa velocemente. Non abbiamo più quella lentezza, quel romanticismo che c’era 15 anni fa. Tutto questo mi mette angoscia”
“Quale dei personaggi che qui racconti ti piace di più?”
“L’infermiera interpretata da Milena Vukotic. E’ il ruolo che avrei voluto interpretare io”
“Tu hai sempre la capacità di commuoverci. Quali sono i film che ti commuovono di più, come spettatore?”
“Sono tantissimi. ‘La mia Africa’, che qui ho anche citato, e l’altro giorno ho rivisto per la decima volta ‘Fiori d’acciaio’ e mi commuove sempre”
“E’ il tuo quarto film con Serra Ylmaz. Quando si pensa a un film di Ozpetek si pensa anche a Serra. Come è nato il vostro sodalizio?”
“L’ho conosciuta 10 anni fa a Strasburgo. Dieci anni non è tantissimo, eppure tutti pensano che siamo amici da tantissimo tempo. Sono molto contento di averla come amica e quando è nei miei film sono molto contento anche di averla come attrice”
E la simpaticissima Serra Ylmaz ci racconta: “E’ stato molto bello aver avuto quest’incontro. Era il dicembre del ’97 e Ferzan stava presentando il suo film ‘Il bagno turco’ e da lì è partito tutto. Mi ha detto: ‘voglio lavorare con te’ e io non l’ho preso sul serio perché i registi spesso dicono queste frasi un po’ per cortesia. Invece è arrivato con la sceneggiatura di ‘Harem Suaré’ e quello che mi ha colpito moltissimo è che, pur essendoci visti un giorno solo, il personaggio che aveva scritto per me raccontava quasi la vita della mia nonna materna che era una circassa cresciuta in un harem ottomano. Lui non ne sapeva niente e mi ha colpito che abbia avuto questa intuizione”

Il mondo di Ozpetek e dei suoi attori è davvero qualcosa di particolare. Chiedo a Margherita Buy e Luca Argentero:
“E’ un film su un gruppo di amici. Si è creato un clima di amicizia anche sul set? Siete diventati amici anche tra di voi?”
Risponde la Buy “Per me è stato così, poi alcuni di loro li conoscevo già, avevo già condiviso delle cose ed è stato piacevole incontrarli ancora. Poi abbiamo passato un periodo insieme quando abbiamo girato le scene della villa e siamo stati due settimane in contatto strettissimo. Siamo stati davvero molto bene”
Aggiunge Argentero: “Tutto è avvenuto in modo molto rapido. Dal primo giorno di lettura con quel vassoio di pasticcini del bar sotto la casa di Ferzan che ha fatto da collante, si è creato subito un clima. Questo è un pregio di Ferzan ma è anche una furbizia, perché creare un’intimità, una fiducia reciproca, lo stare bene insieme, è un mezzo per farti accettare le critiche senza farti entrare nel panico, sai che quello che ti dice lo sta dicendo per una reale esigenza, come moto di affetto e partecipazione, mettendoti a tuo agio sempre. Sembra troppo idilliaca come situazione eppure è così. Il merito di Ferzan è totale, è lui il direttore d’orchestra che tiene unito il gruppo. Purtroppo, per ovvi motivi, io mi sono perso la parte finale in cui loro si sono divertiti un sacco e questo mi ha fatto rodere parecchio”.
“Le battute che preferite nel film?”
Margherita: “Forse quella di Ennio Fantastichini: ‘non sono gay, sono frocio’. Il mio personaggio non ha battute così, ma mi piace il momento in cui confesso a tutti loro che anch’io mi ero innamorata di un altro uomo”
Luca: “L’essenza del film sta sempre in una battuta di Ennio, quando dice che il succo della vita non è accettare ma condividere, ed è un bel modo di pensare oltre che una bella battuta. Del mio personaggio mi piace quando si rende conto che ci sono momenti in cui ci si sente davvero felici. E’ quando sembra che tutto vada per il verso giusto che hai paura di perderlo, capisci che non può durare per sempre, c’è un istante in cui pensi che qualsiasi cosa possa scalfire questo equilibrio.”
“E nel personaggio di Margherita Buy?”
“Cosa mi piace? Che è cornificata dal marito! No, mi piace come reagisce a questa notizia, mi piacerebbe molto reagire così se mi capitasse. E’ una persona adulta e responsabile ma è anche strana, una psicologa che non capisce i propri figli. Poi questo evento che si abbatte su di loro fa confessare al marito la sua infedeltà e dà una svolta al loro rapporto.”
“Come vedete il fatto che il personaggio interpretato da Accorsi non la tradisce con una donna più giovane, contrariamente a quanto accade di solito?” torniamo a domandare a Ozpetek e alla Ylmaz.
“E’ molto più grave e inquietante perché non è solo un bisogno di giovinezza, significa che c’è qualcosa che non va nel rapporto – dice Ferzan – Allora lei si accorge che il marito non è solo un marito, ma è anche Antonio, vede la persona e non il ruolo, e lo amerà in un altro modo”
“Io penso che siccome gli uomini non crescono mai e rimangono sempre molto infantili soprattutto in Paesi come la Turchia e l’Italia, la paura di invecchiare, l’illusione della giovinezza spingono all’infedeltà. – racconta Serra - E’ il caso dei miei genitori: mio padre ha perso la testa per una donna molto più giovane. Poi arriva il momento in cui queste donne giovani si stancano e la differenza d’età diventa un problema. In questo caso invece la scelta di Accorsi può diventare una vera minaccia per la coppia perché è evidente che ha un peso più importante.”
“Cosa ti piace di più dell’Italia?”
Serra ride: “Gli uomini. E’ già una buona motivazione”.

Gabriella Aguzzi