
Ha
scelto quattro donne bellissime Pupi Avati per
la sua ultima commedia, come sempre dai toni agrodolci,
“La Cena per farli conoscere”: un
film corale tutto (o quasi) femminile come pochi
registi (penso ad Almodovar) sanno fare. Inés
Sastre, Violante Placido e Vanessa Incontrada sono le
tre figlie (da madri diverse) di Sandro Lanza,
ovvero Diego Abatantuono, attore di B movies che
si è sempre occupato più della propria
mancata carriera che di loro. Francesca
Neri è invece la donna che scelgono
sperando di potersi sbarazzare di questo padre
incomodo e la sua irruzione, durante la cena organizzata
per farli conoscere, dona al film una svolta improvvisa,
sia narrativa che di registro. Francesca Neri,
ubriaca e in stato confusionale, è davvero
irresistibile; Pupi Avati ha saputo scoprirle
delle corde del tutto nuove. “Anni fa
ha rifiutato un mio film e volevo farle fare una
cosa diversa, difficile. L’ha saputa fare
benissimo e ha vinto lei 2 a 0” scherza
Pupi Avati. Con Inés Sastre invece è
un ritorno, dopo “Il Testimone dello Sposo”.
“Avevo la sensazione di non averla totalmente
impegnata, di aver messo in risalto più
la sua bellezza che la sua interiorità”.
“Come
è stato questo ritorno sul set con Pupi
Avati?” chiediamo a Inés Sastre.
“Meraviglioso. Ho accettato il film
senza neppure leggere il copione, avevo fiducia.
E’ stato un grande cambiamento dopo il mio
ultimo film con Andy Garcia ‘The lost City’.
E poi il tema è attualissimo. Queste tre
donne sono obbligate a riunirsi per disfarsi del
padre e invece stabiliscono una relazione. Il
mio personaggio è una donna dura solo perché
ha avuto un cattivo rapporto con il padre. Infine
mi sono trovata benissimo a lavorare con tante
donne. E’ stato un set tranquillo, mi sono
sentita bene”.

“Anche
a Violante Placido è piaciuta questa esperienza
corale tutta femminile?”
“E’ stata un’esperienza
nuova perché mi sono sempre trovata affiancata
da personaggi maschili. E siamo andate perfettamente
d’accordo, non c’è stato nessun
battibecco” risponde Violante.
“Il tuo personaggio, Betty, ha un padre
attore, completamente diverso dal tuo. Ma c’è
qualcosa in cui ti sei ritrovata?”
“Ha una vita molto diversa dalla mia,
persa nella malinconia di un padre che non c’è
e combina solo guai, eppure nel profondo di questo
personaggio qualcosa mi appartiene. Forse quello
che li accomuna è l’assenza, ma mio
padre mi ha trasmesso molti valori, tra cui quello
della famiglia. E Betty mi assomiglia forse proprio
per come prende lei in mano le redini della situazione.
Penso che avrei anch’io agito così”.
Cosa vi sia
di autobiografico da parte di Pupi Avati in questo
anomalo “gruppo di famiglia” è
il regista stesso a raccontarcelo. “Sono
ricorso a modelli comportamentali della figura
paterna che è al centro della mia nostalgia.
Con l’andare del tempo ho avvertito sempre
più la mancanza di una figura con cui interloquire.
Ed è riaffiorato molto del mio passato,
delle mie esperienze, dei miei errori. Anch’io
sono stato un padre assente, anche se il personaggio
di Sandro Lanza non replica me stesso, ho dedicato
le mie energie al conseguimento professionale.
E adesso che mi piacerebbe essere padre i miei
figli se ne sono andati, si sono volatilizzati,
hanno una loro vita.
Nel film queste ragazze che si conoscevano appena,
accomunate solo dall’astio per il padre,
a un certo punto diventano sorelle, costituiscono
una famiglia. Ed è quando il padre uscirà
di scena. L’assenza costuirà il collante”.
Bellissimo il finale, commovente e mirabilmente
equilibrato dai titoli di coda con una geniale
filmografia immaginaria di Sandro Lanza (divertitevi
a riconoscere i titoli autentici). E’ proprio
questa la chiave della commedia “La
commedia sta nell’alternare il registro
del buffo, del comico a un autentico afflato affettivo.
Mescola le risate alla commozione così
come la vita è un alternarsi frequente
di emozioni”.
Abbiamo parlato
delle protagoniste femminili, ma che dire di Abatantuono,
personaggio depresso da una sbagliata plastica
facciale, da una carriera mai decollata e da rapporti
umani incompiuti?
“Solo due attori avrebbero potuto interpretare
Sandro Lanza. Uno si chiamava Ugo Tognazzi e l’altro
si chiama Diego Abatantuono. Nelle loro contraddizioni
e nella loro capacità seduttiva c’è
qualcosa che li accomuna”.