Da “In Time” a “Safe House”: torna il thriller ad alta tensione
01/03/2012
Tra fantascienza e thriller, l’avvincente “In Time” di Andrew Niccol corre sul filo dell’alta tensione in un futuro in cui non esiste l’invecchiamento, ma il tempo è divenuto moneta di scambio. A 25 anni si smette d’invecchiare e da quel momento ci si affanna ad accumulare tempo – guadagnato, rubato o ereditato – per posticipare la data di scadenza, in una corsa sempre più frenetica dove ogni valore è misurato in secondi. La società, divisa in settori, distingue tra eterni, che hanno messo in cassaforte i loro secoli, e mortali, disperati dediti alla delinquenza per allontanare l’arresto del proprio orologio. Anche Will Salas è uno di questi, sempre in corsa come i secondi sulla sua pelle.
L’incontro con un milionario stanco di lottare, che all’improvviso gli regala un secolo prima di spegnersi volontariamente, lo catapulta nel mondo dei ricchi, dove i Timekeeper, poliziotti incaricati di far rispettare il sistema del tempo, non gli danno tregua e dove Will trascina nella fuga una ricca ereditiera e raccoglie le forze per cambiare le cose.
Facendo dell’assioma “il tempo è denaro” il fulcro della storia, “In Time” si regge sulla trovata iniziale per ritmare un’adrenalinica corsa contro il tempo. Un action movie frenetico nell’algido clima di un allucinante futuro.
Se tuttavia lo spettatore si arresta ad analizzarlo potrà enumerare, non senza un certo divertimento, le incongruenze di cui è costellato, da una società in cui la tecnologia è a tratti esasperata e a tratti totalmente assente agli eroi comuni che, pur avendo il fisico atletico di Justin Timberlake, compiono imprese rocambolesche per salvare il mondo, alla calvizie incipiente di questi eternamente giovani. Il segreto è lasciarsi coinvolgere senza voler vedere più di quanto questo action thriller effettivamente mostri, reggendosi sulla suspense e sul sex appeal dei due protagonisti, un Justin Timberlake in gran smalto e una Amanda Siegfried che gli arranca dietro cercando di reggergli il passo.
Uno straordinario Denzel Washington, che nei ruoli di villain sfodera tutto il suo carisma per dare il meglio di sé, è il motore trainante di “Safe House”. Altro thriller a tutta adrenalina che marca questa Stagione cinematografica. Ma le atmosfere sono diverse e Daniel Espinosa dirige con mano sicura e senza cedimenti un film d’azione mozzafiato dai ritmi incalzanti che può essere annoverato nel filone spionistico con tinte di giallo. Ex agente della CIA, il migliore nel suo campo, passato a traditore e in possesso di documenti compromettenti, viene condotto nella Safe House per essere sottoposto ad interrogatorio. Sfuggito ad un attentato viene condotto in salvo dal custode della Safe House che scorta il pericoloso prigioniero passando così con un brusco impatto dall’inattività nell’attesa di un salto di carriera ad una fuga rocambolesca in cui gli eventi precipitano dando nuovi volti alla realtà.
La confezione è ottima e le scene d’azione, immerse in una luce sfumata, stordiscono tra fughe, inseguimenti, sparatorie, profuse forse con troppa abbondanza. Ma è su altro che il film di Espinosa fa leva dando il suo meglio: il contrasto tra i due protagonisti, il cinico detenuto dal passato mitico Denzel Washington e il giovane custode ancora idealista Ryan Reynolds, che finiscono inevitabilmente col rispecchiarsi l’uno nell’altro in una sorta d’inconfessata ammirazione (e non a caso sono state rintracciate affinità con “Quel Treno per Yuma” , a cui non è estranea la sfida finale dal sapore western) e il confondersi dei ruoli tra amici e nemici che cresce di pari passo con lo stordimento della fuga, in cui l’incertezza e il dubbio si ritagliano spazi sempre più larghi. Il cinismo dell’ex agente CIA contagia il suo giovane carceriere, insieme alla fatica di riconoscere chi sta dalla parte giusta, e a sua volta l’ex agente rivede in lui un passato che gli era appartenuto prima che gli eventi lo portassero sulla via del tradimento.
Nulla di particolarmente nuovo, è vero, ma una regia di polso, la buona alchimia degli interpreti e lo scavare nel contrasto-complicità dei due protagonisti attorno a cui ruotano i colpi di scena, fa di Safe House un film avvincente e assolutamente godibile.
Gabriella Aguzzi