
E’ ancora una volta il Cinema Coreano più nero a conquistare il pubblico del Far East Film. Difficile, impossibile anzi, restare indifferenti di fronte ad un film forte, straziante, indignato come Silenced di Hwang Dong-hyuk e pubblico e critica ne premiano l’impegno proclamandolo vincitore della 14° Edizione, nonché conferendogli il Black Dragon.
Da 14 anni il Far East Film di Udine spazia tra le diverse tendenze del Cinema Asiatico, rivelandone i diversi umori. Quest’edizione sembrava più improntata al sorriso, con una netta prevalenza di commedie, da Hong Kong, dal Giappone, dalla Cina... Ma il Cinema Coreano, forte della sua pulsante vena tragica, non ha cessato di volgere il suo sguardo alle ferite della guerra, al sangue delle faide, al volto violento della vendetta e non teme di rivelare l’anima nera della Corea (ed è sempre la Corea a conquistare il terzo posto con il film bellico The Front Line di Jang Hun). Il film di Hwang Dong-hyuk, poi, nasce come denuncia di un orrore, dalla necessità di gridarlo con rabbia. Ciò che sconvolge in un film già di per sé dolorosamente emozionante è la realtà che racconta, portando sullo schermo una storia vera. I Silenced del titolo inglese (Dokani -The Crucible, La Prova del Fuoco - il titolo originale, lo stesso del libro on line che fece clamore) sono i piccoli sordomuti di un istituto costretti a subire abusi sessuali e violenze, condannati al silenzio da un processo iniquo teso a mettere a tacere tali mostruosità, un silenzio degli innocenti che non accetta più di essere tale.
E’ tendenza apparsa evidente in questa edizione del Far East per il Cinema Coreano dar voce alla rivelazione di ingiustizie, là dove il sistema giudiziario fallisce (così fa, in tono minore e sotto le tradizionali vesti di legal thriller, Unbowed di Chung Ji-young sui processi subiti da un professore universitario accusato del ferimento di un giudice). Ma non pensate che Silenced sia solo un film a tesi, un film di denuncia nel quale conti unicamente il messaggio, o anche che sia un film disturbante. Sì, disturba, e molto, perché scuote e turba nel profondo, per la violenta partecipazione che provoca, ma riesce a mantenere pudore, tatto e gentilezza pur raccontando l’orrore. La pioggia battente in cui sono immerse le sequenze, il nero che lo colora, la commozione palpitante ne fanno un film degno di nota. Ed è stato notato.
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