Tolfa Short Film Festival: il Cinema c’è

10/05/2012

E’ sempre appassionante seguire il “dietro le quinte” di un Festival. Ancor più appassionante seguirlo in qualità di Giurato, come abbiamo avuto occasione noi di Quarto Potere, soprattutto quando, come nel caso del Tolfa Film Festival, il panorama delle opere presentato è talmente ampio e vario da rendere arduo ma avvincente il compito della Giuria della Critica e il piacere di scoprire tante sorprese tra i giovani talenti di tutto il mondo davvero grande. Lode quindi a Piero Pacchiarotti, Presidente della Civita Film Commission organizzatrice del Festival, che con tanta passione ha ideato e diretto questa prima edizione del Tolfa Short Film Festival, interamente dedicato al Cortometraggio, il cui felice risultato ne preannuncia già altre a seguire.
Sul palco del Festival, madrina l’attrice Jun Ichikawa, nella serata conclusiva sono stati annunciati i vincitori delle molte categorie, con i trailer delle tre nominations per ognuna, come di rito. Il poetico “Dulce” di Ivàn Ruiz Flores è il miglior film drammatico, mentre il divertente “Il numero di Sharon” di Roberto Gagnor la miglior commedia, colpisce “Nostos” di Alessandro D’Ambrosi e Santa de Santis (nella foto, durante la Premiazione), disperato ed onirico viaggio verso casa di un giovane disertore nell’Italia confusa del ’43, “Gamba Trista” di Francesco Filippi è il miglior film d’animazione, “Fabrica de Muñecas” di Ainhoa Menendez il miglior film fantastico e “Photo” di Enrique Sànchez il miglior horror/thriller. Molto ampia la sezione documentari dove “Kleine Berlin” di Deborah Viviani e Cristina Milvan si aggiudica il primo posto e “Odeon: el tiempo suspendido” di Jo Graell il premio Cinedocumentario ed è sempre un documentario, “Broken Border” dell’iraniano Kaywan Karimi, a ricevere la Menzione Speciale della Giuria.

Grande doppietta con il Premio della Critica e il Premio del Pubblico per “Smile”  di Matteo Pianezzi, giunto a Tolfa con il piccolo interprete Fabio Raimondi (insieme nella foto): il suo film ha il tocco di una poetica fiaba che insegna quanto il silenzio possa comunicare. Miglior Film Internazionale “Colmillo” del venezuelano Albi de Abreu, lotta nelle favelas tra un cane randagio e un mendicante, la solitudine e il desiderio di compagnia, e Miglior Film Nazionale il bellissimo “Io sono qui” di Mario Piredda: la guerra, la disoccupazione, l'amicizia, il tradimento dello Stato raccontati da un montaggio alternato tra passato e presente, dai paesaggi assolati di una Sardegna da favola a quelli plumbei del Kosovo, con tono lieve che stempera la gravità dei temi nel sorriso e con dialoghi veritieri, fino alla dolcezza di un finale che si eleva a poesia.

Al termine del Festival abbiamo voluto tracciare un bilancio insieme al Presidente della Giuria Matteo Cerami. “Il Tolfa Film Festival nasce con questa edizione ed aspira a creare la propria identità, cercandola nella realtà, tra gli umori delle opere che arrivano da tutto il mondo in risposta al bando. Sono state selezionate, infatti, più di sessanta opere ed io, che frequento da tempo il mondo dei cortometraggi, mi sarei aspettato qualcosa di più disomogeneo: a volte capita di trovare dei piccoli capolavori in mezzo al nulla. Invece si è presentata una varietà incredibile di lavori. Ci siamo trovati di fronte a mondi diversi imparagonabili, soprattutto per quanto riguarda i Documentari, sezione in cui gli autori hanno dato veramente il massimo.” (Nella foto il regista Kaiwan Karimi con Jun Ichikawa e il Direttore del Festival Piero Pacchiarotti)
Molti i Corti italiani in competizione. Balza agli occhi una differenza tra i lavori italiani e quelli provenienti da altri Paesi? Cerami fa un quadro generale della situazione.
“In Italia, dove siamo presi dalla Televisione e tutto è metaforico, scritto, traspare meno un rapporto con la realtà, che invece, per esempio in opere asiatiche o sudamericane, sprizza veramente da tutti i pori. In Italia questo è più difficile, c’è il manierismo, si tende ad inventare uno stile per dimostrare qualcosa nella speranza di compiere il passaggio per il lungometraggio, per cui la storia rimane meno importante del montaggio finale. Quando però viene fuori l’Autore escono opere bellissime. Nel Documentario la situazione è diversa, perché la realtà è l’oggetto della ricerca e l’intento è renderla fruibile ma anche misteriosa. Per un giurato i documentari restano più difficili da paragonare, perché si tende inevitabilmente ad affezionarsi ad un soggetto, o ad esserne più interessati. Chiaramente, delle opere che giungono dall’Estero, a parte alcuni lavori poco comprensibili, arrivano qui le loro cose migliori, che già hanno avuto riscontri positivi nei rispettivi Paesi”.

Matteo Cerami, che ha esordito nella regia l’anno scorso con “Tutti al mare”, scritto a quattro mani col padre Vincenzo, venendo dal mondo della sceneggiatura sa bene quanto il soggetto, la storia, la scrittura facciano la forza di un film. Ma nel vasto universo dei Cortometraggi le cose non sono così semplici.
“Già il Cinema di per sé tende a ridurre le storie in due ore, nel Cortometraggio poi la situazione è ancora più particolare. E’ come la barzelletta rispetto al racconto. E’ vero che una storia forte è importante per far funzionare la meccanica del corto, ma i personaggi si impoveriscono quando devono essere raccontati in un quarto d’ora. Lo spettatore deve poter assorbire tutto in un quarto d’ora, dev’essere come una poesia. Quando incontri autori che hanno la necessità di raccontare allora una storia vera emerge. A volte c’è una struttura che si regge sul colpo di scena finale, a volte non c’è una storia ma c’è ugualmente chi ha raccontato molto”.

Gabriella Aguzzi