L'equivoco di Leonardo
29/05/2019

A 500 anni dalla morte del grande Leonardo da Vinci, gli omaggi - con mostre, telefilm, documentari, libri – non sono mancati. Tanti punti di vista si sono confrontati, ma la conclusione unanime è: un genio. Un maestro della pittura. Un antesignano, e al contempo un perfetto esempio di “uomo rinascimentale”, capace di interessarsi d’arte e di scienza. Persino scenografo, regista, stilista…ma anche filosofo, stratega e chi più ne ha più ne metta… Le leggende sulla sua forza o la sua arguzia hanno arricchito tutte le biografie che, nei secoli, ce lo hanno tramandato; ma ci è stato anche proposto il ritratto di un uomo pensoso, solitario, apolide, sempre in fuga, perseguitato dalla giustizia. Amato a corte, e incompreso. Ma la cosa che più colpisce è lo straordinario numero di opere incompiute o andate distrutte, o perse; le invenzioni mai realizzate, e nemmeno utilizzate (molti suoi “strumenti” sono divenuti realtà, ma attraverso nuovi inventori, prima di ritrovare i suoi appunti, che avrebbero fatto risparmiare soldi e secoli di ricerca). Perché? Molti hanno dato spiegazioni interiori (era un inquieto e un curioso, incapace di restare fisso su una cosa sola; o, viceversa, era troppo pignolo e perfezionista per poter “licenziare” un quadro di cui si sentisse soddisfatto ), altri motivazioni esterne (il suo peregrinare tra una città e l’altra per motivi politici). Indubbiamente questi sono elementi importanti, ma forse non sufficienti. Modestamente, noi proviamo a fornire un’altra ipotesi: Leonardo non era, o meglio non voleva essere, un artista, ma uno scienziato.

Il critico Vittorio Sgarbi, con la sua predisposizione all’iperbole, lo definisce “un dilettante”. Se con questa definizione intende dire che, per quanto pagato e mantenuto dai vari commissionari e mecenati, non ha mai avuto la costanza e lo scrupolo professionale di portare a termine gli incarichi; o che la sua professionalità era comunque artisticamente limitata alla pittura e non ha mai spaziato nella scultura e nell’architettura, allora possiamo anche concordare. Ma non ci sentiamo di definirlo dilettante, poiché egli sembra non trarre alcun diletto dalla pittura. Non dipinge per proprio capriccio, mosso da passione. Ogni suo disegno o dipinto è uno studio, è qualcosa a cui sembra applicarsi per arrivare a qualcosa d’altro. Non è un “diligente mestierante”, non è nemmeno un “artista genio e sregolatezza”. Egli, essenzialmente, è un uomo di scienza, uno studioso, un osservatore. Della pittura gli interessano i giochi di luce, le proporzioni, le prospettive, i paesaggi, i rapporti tra le figure, le possibilità. Si mantiene dipingendo (od organizzando feste: presso Ludovico il Moro, che spreca la sua presenza a corte in inutili facezie), ma la sua passione e vocazione è la scienza. Le sue invenzioni, pur rimaste lettera morta perché non apprezzabili all’epoca in cui furono concepite, sono il suo motore e occupano gran parte del suo tempo, della sua mente, del suo talento. Studi di anatomia, di alchimia, di meccanica. Macchine per volare, sommergibili, armi… Addirittura, arriva a distruggere delle proprie opere (i dipinti murali – non chiamiamoli “affreschi” perché, per l’appunto, non furono dipinti a fresco - , la statua equestre) perché non può rassegnarsi ad eseguirle secondo i canoni, ma deve provare a inventare qualcosa di nuovo.

Quanti dipinti ha terminato? L’annunciazione, la Vergine delle rocce, la dama con la faina (forse)… E poi il Giovanni Battista e la Gioconda, due quadri che ha dipinto per se stesso e non per lavoro. Quante carte di studi ha lasciato? Una montagna, e altrettanta è andata dispersa nonostante il povero Melzi suo erede avesse riordinato tutto il patrimonio cartaceo e cercato di tramandarlo ai posteri. E quindi maestro di pittura sì (ah la pittura lombarda quanto gli deve!), genio creativo assolutamente sì. Ma, pittore? No, ecco l’equivoco: dotato di un incredibile talento per il disegno, fu subito mandato a bottega a imparare l’arte del dipingere, ma se avesse potuto studiare con qualche medico, o mastro orologiaio, o tecnico o alchimista chissà che meravigliosi canali navigabili da barche a motore, quali aerei bombardieri, quali micro robot per la chirurgia ecc ecc avremmo potuto avere già nel ‘500
Elena Aguzzi