
Mi manca il palcoscenico come l’aria!
Mi mancano i giorni di prova
Mi manca quell’attimo prima di entrare
Mi manca lo sguardo del pubblico
Mi manca il respiro del pubblico
Mi manca il sound-check
Mi mancano i miei colleghi sul palco
Mi manca fare l’amore con la musica sul palco
Mi mancano i concerti che sono la mia vita
Mi manca sentire le emozioni del pubblico
Mi manca l’aria
Mi manca il mio lavoro
Mi manca sentirmi un lavoratore
Mi manca quello che sono
Perché quello che sono, lo devo alla musica, all’arte!
Senza di essa, senza essere me stesso sul palco emozionandomi per emozionare il pubblico, non sono niente.
Mi manca l’unico motivo per il quale vivere in funzione di esso: avrebbe senso anche la vita stessa.
La mia vita al servizio della Musica!
E’ un grido di dolore quello che Alessandro Quarta, ‘violinista di fama internazionale che tutto il mondo ci invidia’ - come è stato presentato durante l’ultima intervista rilasciata a ‘Storie italiane’ su RAI 1 - lancia sulla pagina del suo social.
E’ un messaggio forte e chiaro. Si capisce che sgorga dal cuore, da un cuore sofferente. Fa un certo effetto leggerlo, almeno a me. Sembra di star lì vicino.
Dopo aver lanciato -assieme a Danilo Rossi, Mario Brunello ed Alessio Boni- la petizione ‘L’Arte è vita’ (25.000 firme) per difendere lo spettacolo dal vivo, seriamente compromesso a causa dell’isolamento provocato dal coronavirus, Alessandro ha inviato una lettera aperta al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ed al Ministro alla Cultura Dario Franceschini, facendosi portavoce di tutti i lavoratori del mondo dello spettacolo (circa 600.000) e ribadendo l’invito alla tutela del settore.
‘Dietro ad ogni artista -osserva Alessandro- si muovono decine e decine di persone, lavoratori anonimi, che stanno dietro le quinte, ma che hanno famiglia e devono poter contare su uno stipendio: da mesi non stanno lavorando e non godono neppure degli ammortizzatori sociali. Senza noi artisti non possono far nulla ma neppure noi, senza di loro, potremmo salire su un palco. Il mondo dello spettacolo è una vera e propria industria che deve poter ripartire quanto prima’.
Se qualcuno gli fa notare che a causa dell’inevitabile ‘distanziamento sociale’, il settore in questione ‘sarà l’ultimo a ripartire’, come è stato scritto più volte sui giornali, Alessandro non ci sta:
‘Non ci possono essere delle priorità così marcate, perché nessun lavoratore è più importante di un altro. Bisogna aprire con molta responsabilità e cautela, rispettando tutte le norme del caso, ma dovrebbero poterlo fare tutti nello stesso momento’.
L’estate che sta arrivando facilita indubbiamente questa prospettiva: i concerti potrebbero svolgersi senza problemi all’aperto, nelle piazze, nei giardini pubblici, negli stadi, nei tanti luoghi delle nostre splendide città che tutto il mondo ama e ci invidia: ‘un modo per far scoprire l’arte nell’arte'.
I posti a sedere dovrebbero essere limitati e distanziati ma poco importa, ‘l’importante è ricominciare’:
‘Bisogna sfruttare questo periodo per preparare all’inverno i 4.500 teatri (storici e non) che ci sono in Italia. Se in un teatro da 1.000 posti se ne mettono a disposizione 400, ecco allora che lo streaming (di cui parla il Ministro Franceschini) può essere fondamentale: gli altri restanti 600 spettatori potenziali potrebbero acquistare un biglietto per assistere allo spettacolo da casa, via streaming appunto’.

Dotare i teatri italiani delle misure di sicurezza necessarie per assistere ad uno spettacolo dal vivo non mi pare un lavoro particolarmente difficoltoso, perché un concerto simile si è già svolto. Vi ho assistito a Cremona, presso il teatro 'Ponchielli', il 21 febbraio scorso. Era già scoppiato il focolaio a Lodi e Cremona, mentre la cittadina di Codogno era stata sbarrata e chiusa a tutti i mezzi pubblici e non.
Quella sera il pubblico in platea non era molto numeroso (diversi indossavano già la mascherina): nonostante l'assegnazione dei posti, ci è stato suggerito di lasciar spazio almeno tra una poltrona e l'altra. E così abbiamo fatto. Alla fine siamo defluiti lentamente verso l’uscita. Tutto si è svolto naturalmente, direi, ma soprattutto senza alcuna preparazione preventiva ad opera di alcuno. Tutto qui.
‘Sono un umile servitore di Bach. La mia vita è al servizio della musica’ -dice Alessandro.
Lo si vede e lo si sente: è ‘un vulcano di creatività, bravura e leggiadria nel pizzicare quelle corde di violino che accarezzano l’anima e pizzicano il cuore di chi ascolta’.
Potrei concludere dicendo..che ti vogliamo bene, Alessandro. Ma tu questo già lo sai. Lo so.