Sorpresa Oscar: vince The Hurt Locker
08/03/2010

Davide contro Golia. Era previsto fosse l'anno di “Avatar”, grazie alla colossale campagna promozionale, gli incassi da record e persino i consensi critici. Invece il vincitore annunciato porta a casa solo tre premi tecnici (l'orgoglio nazionale italiano soddisfatto perché uno tocca al nostro direttore della fotografia Mauro Fiore) e Kathryn Bigelow entra nella storia del cinema: mai un film diretto da una donna aveva vinto il massimo premio.
Una donna con le palle: così simpaticamente si è sempre detto di lei. Che abbia vinto perché qualcuno ha creduto che questa donna altissima e con le spalle larghe, regista di film di guerra, orrore e amicizia virile, fosse in realtà un uomo? Scherzi a parte, il suo cinema “maschio” poteva al contrario essere un handicap, sempre così di genere, sempre così poco etichettabile come “film di donne” (cioè sparlare di uomini, fare shopping ed essere solidali tra loro, supponiamo). Ma per fortuna i membri dell' Academy stan ringiovanendo, e da qualche edizione, lentamente, lo si vede
Davide contro Golia. Sì, perché “The Hurt Locker”, oltretutto, è un film indipendente, mal distribuito (almeno qui da noi, dove è già passato, in sordina, in tv), senza star. Ed era (tuttavia) l'unico avversario che potesse far temere ad Avatar di vincere in tono minore anziché far da asso pigliatutto: perché sebbene i film in corsa fossero raddoppiati, da 5 a 10, le altre otto pellicole erano così chiaramente messe lì a far tappezzeria come per suggerire che quest'anno non c'era storia. Senza dimenticare il poderoso lavoro degli agenti stampa che han caricato il “duello” tra la Bigelow e Cameron, suo ex marito.....Dunque era così che doveva andare: vince Avatar, con mrs. Bigelow a far da incomodo tanto per tener sveglio l'interesse della platea.

E per gran parte della serata le cose sono andate da programma. Uno a te e uno a me. Uno vince per gli effetti visivi, l'altro per quelli sonori, uno per la fotografia, l'altro per il montaggio, sempre in parità.... Anche tutto il resto seguiva le previsioni: miglior cartone, “Up”; miglior film straniero, “Il segreto dei suoi occhi” (solo in Italia si dava come vincente sicuro “Il nastro bianco” di Haneke, ovunque altrove si dava per scontata la vittoria del bellissimo thriller argentino); migliori attrici Mo'nique e la cenerentola Sandra Bullock, finora più amata dalla “pernacchia d'oro” che dagli Oscar; migliori attori Christoph Waltz (ecco uno sexy, non quel bietolone di Clooney) e il grandioso Jeff Bridges (con standing ovation annessa). Tutto secondo buon gusto e precedenti premiazioni.
Così si arriva alla miglior regia, ed è nell'aria. Se non tocca alla straordinaria Bigelow rompere uno degli ultimi tabù , quello di vedere una donna sollevare la statuetta appunto come regista, a chi mai potrà toccare? Infatti: Kathryn esulta. Persino James Cameron esulta: affetto sincero o continua il ragionamento “uno a me uno a te...”? Le probabilità a questo punto sono 50 e 50, perché raramente l'Oscar di miglior film e miglior regia sono andati separati, sebbene siano due concetti completamente diversi. Tom Hanks fa l'annuncio, senza rullo di tamburi, sorprendendo la signora che se ne stava andando via sul retropalco e invece gira sui tacchi e torna, sbalordita, a reggere la seconda, storica statuetta. E anche noi, che l'abbiamo sempre amata dai tempi de “Il buio si avvicina” e che abbiamo fatto di “Strange days” e “Point Break” dei film-culto, esultiamo con lei.
Elena Aguzzi