
Nove giornate di programmazione, dal 23 aprile al 1° maggio, e oltre 60 pellicole in arrivo da Cina, Hong Kong, Corea del Sud, Giappone, Thailandia, Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore e Taiwan: sta per tornare Far East Film, il grande festival (anzi: la grande festa) con cui il Centro Espressioni Cinematografiche di Udine indaga gli spazi visivi e gli stili dell’Estremo Oriente.
Undici edizioni felicemente archiviate, il titolo di maggiore avamposto asiatico d’Europa meritatamente conquistato sul campo e, appunto, il Capitolo n.12 che si appresta ad entusiasmare l’affezionatissimo pubblico. Un pubblico vasto, come confermano i 50.000 spettatori del 2009. Basti pensare che produttori e distributori orientali contano sulla vetrina udinese per collocare i propri titoli sul mercato occidentale, forti anche del successo planetario di Departures (presentato in anteprima a Far East Film 11, subito dopo l’Oscar come migliore film straniero ed ora finalmente nelle sale italiane grazie alla Tucker Film emanazione del Centro Espressioni Cinematografiche di Udine insieme a Cinemazero di Pordenone).
Per il 2010 gli organizzatori hanno messo a punto un cartellone denso e articolatissimo, ancora una volta in perfetto equilibrio tra presente e passato, dove si alterneranno preview, cult, riscoperte, incontri con gli ospiti (attori, registi, dive), senza dimenticare il ritorno delle grandi retrospettive.
La prima sarà dedicata a una delle più famose case di produzione giapponese, la Shin–Toho, che potremmo paragonare alla celeberrima factory di Roger Corman. Specializzata in film di genere, producendo noir crime thriller cruciali per la sintassi del cinema popolare nipponico, la Shin–Toho sarà analizzata a Udine attraverso 15 opere mai viste fuori dal Giappone e prodotte a cavallo tra gli Cinquanta e Sessanta.
La seconda retrospettiva vedrà continuare il percorso di ricerca e di approfondimento nella storia recente del cinema di Hong Kong: un focus incentrato sul cinema di Patrick Lung Kong, autore politicamente non allineato, figura chiave e regista di rifermento che anticipò nell’Ex Colonia Britannica la New Wave degli anni Ottanta diventando imprescindibile per registi e attori della nuova generazione. A Better Tomorrow, il capolavoro noir metropolitano di John Woo (prossimo Leone d’Oro alla Carriera a Venezia), è il remake di un suo film iperrealista del 1967, Story Of The Discharged Prisoner.
Batte bandiera indonesiana, portando la firma del geniale Joko Anwar, uno degli eventi di Far East Film 12: il nuovo e attesissimo festival trailer (da cui è stata tratta anche l’immagine ufficiale della locandina di quest’anno)
Joko, il “Lynch Indonesiano”, ha dunque griffato il piccolo capolavoro che accompagnerà tutte le proiezioni della dodicesima edizione.
Pochi secondi per selezionare e montare i fotogrammi di un eterno rito popolare, i fotogrammi di un tradizionale luna park notturno, di un’arena e di un acrobata colti, quasi di nascosto, con una macchina digitale a Solo, nel cuore dell’isola di Java. Pochi secondi (40 in totale) per scandire quattro fondamentali parole-chiave: Exotic, Authentic, Hands-Free, No Safety.
Joko Anwar, venerato in patria come un guru e apprezzatissimo anche dal pubblico di Far East Film, è sicuramente uno dei più eccentrici e duttili protagonisti della scena orientale contemporanea: regista, attore e sceneggiatore, cantante e ballerino e raffinato cinefilo di matrice lynchiana.
Organizzato a Udine dal Centro Espressioni Cinematografiche con il Teatro Nuovo, sua sede storica assieme agli spazi del Visionario, il dodicesimo Far East Film vedrà accendersi i riflettori dal 23 aprile al 1° maggio. Una manifestazione colorata e viva, esattamente come il luna park nel festival trailer di Joko Anwar. Una vera e propria festa del cinema che, senza mai tradire il binomio qualità/divertimento, ha saputo via via ritagliarsi un posto davvero unico nel sempre più affollato circuito internazionale made in Asia.
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