Jafar Panahi dal Cinema al carcere

26/04/2010

L'arresto del regista iraniano Jafar Panahi ha avuto un'eco mondiale fra i cineasti ed i cinefili. L'incontro, svoltosi domenica 18 aprile presso il cinema Quattro Fontane è stato promosso al fine di coinvolgere non solo gli appassionati del cinema iraniano, ma anche giornalisti e personaggi dello spettacolo e di raccogliere le loro firme per una petizione di liberazione.
Il 2 marzo scorso, infatti, dopo aver chiesto alle autorità un visto per uscire dal paese per partecipare al festival di Berlino, Panahi è stato arrestato assieme alla moglie ed alla figlia, nonché insieme ad alcuni ospiti che si trovavano a casa sua al momento della cattura. Secondo alcune fonti "l'arresto è stato eseguito perché Panahi era impegnato nella realizzazione di un film documentario sulle recenti proteste antigovernative scoppiate in Iran dopo le contestate elezioni presidenziali di giugno". Il cineasta, una delle più importanti voci dell'opposizione al regime presidenziale iraniano, aveva già subito un primo tentativo di arresto dopo aver partecipato alla commemorazione per la morte di Neda Aqa-Soltan, la studentessa di filosofia uccisa il 20 giugno scorso durante le proteste per l'elezione di Mahmud Ahmadinejad.
La colpa di quest'uomo è quella di aver diffuso in tutto il mondo, attraverso i suoi film, la situazione di repressione  cui il suo paese è costretto da un governo fondamentalista ed ultraconservatore. In particolare a Panahi è caro il problema della situazione della donna nel mondo islamico, tema a cui ha dedicato alcuni suoi film ( Il cerchio, Lo specchio).  "Sono prigioniero del mio stesso Paese, della mia stessa casa" afferma Panahi in una recente intervista.
Alla fine dell'incontro, prima della raccolta delle firme per la petizione di liberazione è stato proiettato il film di questo regista maggiormente conosciuto in Occidente, Il cerchio, vincitore nel 2000 del Leone d'Oro a Venezia; il film racconta la storia di otto donne nell'Iran contemporaneo, le angosce che queste sono costrette a subire, i diritti di cui non possono godere, le rigide regole moraliste cui sono soggette. Il cerchio non è sicuramente un lungometraggio di puro intrattenimento, ma è un'opera che fa riflettere, soprattutto noi donne occidentali, su situazioni che sembrano appartenere ad un lontano passato, ma che in realtà sono ancora attuali in un paese non troppo geograficamente lontano dall‚Europa. È un film che sensibilizza noi donne e ci induce a riflettere su una disparità di diritti che è più evidente e legittimata politicamente in alcuni Paesi, ma che non è completamente estranea neanche alle nazioni più moderne, dove la parità fra sessi è presente a livello legislativo, ma ancora difficile da riscontrare in campo quotidiano ( ricordiamoci che viviamo in uno Stato in cui ancora si consiglia una ragazza giovane di sposare un uomo ricco, piuttosto che trovare un lavoro remunerativo). Il cerchio è una pellicola capace di invitare alla riflessione anche alcune donne che perdono la propria dignità dimenticandosi di quante affannosamente cercano di conquistarsi un piccolo spazio accanto all'uomo.
La petizione per la liberazione di Jafar Panahi non rappresenta, quindi, soltanto la richiesta di appassionati di cinema che rivendicano la libertà di espressione di un grande artista, ma soprattutto l'istanza di liberazione di un uomo che ha avuto il coraggio di difendere i diritti del "gentil sesso" in un paese in cui la donna è considerata poco più di uno strumento di riproduzione ("Il coito è soprattutto affare dell'uomo, la gravidanza, invece, solo della donna"). Richiedere la scarcerazione di Panahi non ha come unico scopo quello di presentare al prossimo Festival di Cannes o di Berlino un altro bel film, ma è anche un piccolo passo verso la libertà di espressione.

Chiara Di Ilio