"Mio padre Raf, eroe positivo del cinema neorealista": incontro con Arabella Vallone

31/10/2012

Il 31 ottobre di dieci anni fa moriva Raf Vallone. Ricordiamo la sua figura di uomo e di artista in una conversazione con la figlia Arabella.

Dal neorealismo popolare (Riso amaro, 1949; Non c'è pace tra gli ulivi, 1950; Il cammino della speranza, 1950; Roma ore 11, 1952; La spiaggia, 1953) al Cristo proibito (1951) di Curzio Malaparte, da Camicie rosse (1952) al film francese Teresa Raquin (1953), che contributo diede Raf al cinema con la sua figura di eroe positivo secondo Lei?
“Mio padre ha incarnato nei suoi personaggi, specialmente nel periodo del cinema neorealista, quei valori che erano e sono sempre stati il cardine fondamentale di tutta la sua vita: un profondo senso della giustizia, della libertà, della verità, dei valori democratici, dell'antifascismo, infatti la sua vita personale è stata  costellata da episodi che lo confermano.
Il pubblico  ha sentito questa profonda affinità e credibilità dei suoi personaggi coraggiosi come lo era lui, forti come era lui, onesti come lo era lui, e ne ha decretato l'assoluto successo. Quindi un enorme contributo al cinema italiano ed internazionale, per essere stato il mezzo di comunicazione,  attraverso anche il suo volto stupendo e la sua profondità artistica e culturale, di valori estremamente positivi. Nel dopoguerra c'era bisogno di riferimenti di questo tipo e lui li ha incarnati, come uomo e come attore.
I suoi professori di università (aveva conseguito due lauree) da lui sempre citati, come Luigi Einaudi o Leone Ginzburg, sono stati dei veri maestri anche di vita, e la sua profonda cultura ed i suoi interessi culturali sono stati ampliati dal suo lavoro di giornalista  sempre a Torino, come capo redattore della terza pagina dell'Unità, quella culturale. La sua intelligenza, il suo talento, la sua umanità inoltre gli hanno permesso di entrare con tutta la profondità necessaria ad interpretare ruoli di personaggi  maltrattati dalla vita e dalla società, in cerca di verità e giustizia. E' stato un uomo forte e coraggioso e anche questo è stato trasmesso nei personaggi da lui interpretati, la sua cultura, la sua esperienza attiva di partigiano hanno dato verità ai suoi personaggi, e trasmesso a piene mani i suoi valori. Non è un caso che è stato scelto da registi eccezionali con i quali aveva spesso grandi affinità elettive e un comune impegno sociale come G. de Santis, P.Germi,C.Malaparte, M.Soldati, Lattuada, Lizzani, De Sica, inoltre all'estero  Marcel Carnè, M.Camus, Otto Preminger, Sidney Lumet, F. Coppola..ecc..
La sua salutare esperienza giovanile di calciatore, contemporanea ai suoi studi universitari, come ala destra nel giovane Torino  (esperienza che, non a caso, ha terminato per  aver scoperto che una partita era stata venduta e lui ne era rimasto profondamente disgustato), era un aspetto del suo essere sano e sportivo, quindi un intellettuale ma anche una persona in grado di affrontare fisicamente le sfide. Tutto ciò l'ha reso molto amato da parte del pubblico, lo ha reso speciale ed in grado di lavorare con i migliori registi di tutti i tempi in Italia e all'estero con riconoscimenti e gratificazioni, ma tutte queste  incredibili esperienze non hanno alterato il suo senso di umiltà, e posso dire che molte cose eccezionali di mio padre le sto scoprendo adesso perchè lui non si vantava mai di nulla, studiava, leggeva si informava, lavorava sempre, scartando tutto cio' che non lo soddisfava intellettualmente.”

Raf portò poi il dramma di Arthur Miller Uno sguardo dal ponte in scena a Parigi nel 1958 e in Italia nel 1967, nonché sullo schermo nel 1962 con la regia di Sidney Lumet: quanto era legato Suo padre a quel testo?
“Uno sguardo dal ponte è stato forse il lavoro che mio padre ha amato di più. Il suo rapporto con A. Miller, enorme commediografo americano, era molto forte ed intenso, e pur essendo stata proposta l'opera già in teatro a New York, si può  tranquillamente dire che solo mio padre l'ha portata al  successo. Sia nel cinema internazionale diretto dal grande S.Lumet, che a teatro diretto da P. Brook a Parigi, e poi da se stesso in Italia.
Arthur Miller  avendo  infatti con mio padre un grande rapporto di stima reciproca e affinità, ha addirittura accettato  il suggerimento di mio padre di modificare il finale dell'opera con l'uccisione del protagonista e quindi di se stesso. Quando fu portata in scena con mio padre ed il nuovo sconcertante finale fu un trionfo. Quindi sentiva questa opera moltissimo avendo contribuito anche nella scrittura ad un cambiamento cosi importante. La sintonia intellettuale con S. Lumet ha fatto si che questo cult del cinema americano ed internazionale fosse amato anche particolarmente da mio padre, sopratutto la scena del "duello con gli uncini", diceva lui.
Era un personaggio che sentiva visceralmente e che lo aveva appassionato, e di tutti gli innumerevoli successi della sua vita, di cui non si vantava mai, questo successo al teatro Antoine di Parigi di Uno sguardo dal ponte diretto dal P.Brook l'aveva fatto felice e ci raccontava come la fila per vedere lo spettacolo prendesse quasi tre isolati dal mattino presto per tanti mesi! Una bella soddisfazione per un attore italiano ! Ma se lo meritava tutto. Mio padre ha sempre messo il massimo dell'impegno in ogni lavoro che faceva, preparandosi e studiando le parti fino ad "oltre la nausea" come diceva lui, in modo da lasciare libero spazio all'interpretazione...erano altri tempi purtroppo per noi!”

Cosa spinse in seguito Raf a diversificare maggiormente la propria attività, variegando la sua presenza tra televisione (Il mulino del Po, 1962; Cristoforo Colombo, 1985 ecc.), teatro (Il costruttore Solness, di Henrik Ibsen, 1975; Nostalgia, di Franz Jung, 1984; Luci di Bohème, di Valle-Inclán, 1985; La medesima strada, 1987; Tito Andronico, 1989) e ancora cinema (La ciociara, 1960; Una voglia da morire, 1965; L'altra faccia di mezzanotte, 1977; Il magnate greco, 1978; Retour à Marseille, 1980; Lion of the Desert, 1981; A Time to Die, 1983)?
“Negli anni a venire le offerte da parte del cinema, come per tutti in quel periodo, non erano particolarmente interessanti, quindi ha accettato anche  proposte televisive di  qualità, sempre alla ricerca di continue esperienze dove verificarsi, mettersi in gioco, come la regia dell'opera lirica la Norma con R.Scotto a Torino e Adriana Lecouvreur al teatro di San Francisco...per poi dedicarsi, potendo scegliere lui direttamente, ai suoi grandi autori a teatro, la sua grande passione, dove il suo talento veniva fuori nella sua maturità artistica con performance eccezionali, come nella  sua interpretazione di Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller di cui ho già parlato prima  più specificatamente, a Parigi per la regia di P.Brook, enorme successo con spettatori illustri  come il presidente francese C.De Gaulle ed il "Gotha" culturale parigino del momento .
Dopo anni di esperienza ha finalmente deciso di essere il regista di tutte le sue esperienze teatrali dove finalmente si sentiva libero di esprimersi nella sua totalità, portando sulle scene tra gli altri.. Pirandello , Ibsen, A.Miller,E.O'neill e Franz Jung, K.M.Gruber..
La sua passione erano anche le poesie che recitava ogni mattina, per allenare la memoria diceva lui, ma a me sembravano, per l'amore  con cui le recitava e la bellezza delle stesse, dei veri mantra purificatori... Era un lavoratore serio ed instancabile, e il suo Recital di poesie, alcune anche tradotte da lui dal latino, che parlava come l'italiano (pochi lo sanno) e dal francese, era una grande gioia per lui. Qualcuno dice "un intellettuale prestato al cinema"...forse...ma la sua fisicità..quel suo volto  bellissimo, non fine a se stesso ma nato per comunicare, nutrito di intelligenza, sensibilità e serietà, la sua cultura infinita,..quel suo enorme  e veritiero passato, dove aveva messo in gioco la sua vita per il suo credo politico e sociale, i suoi contenuti morali, ne fanno qualcosa in più di un intellettuale, era molto di più.  Nel teatro che lui amava tanto, tutto il suo enorme carisma veniva fuori  con la dimestichezza di un mestiere che  valorizzava il fine di un contenuto, il messaggio...e io da piccola e da grande mi facevo sempre venire la mani rosse rosse per applaudirlo insieme a migliaia di persone per le sue interminabili  standing ovation.”

A dieci anni dalla scomparsa, cosa Le manca di più di Raf come padre e come attore?
“Mi manca tutto di mio padre, è ancora molto dolorosa la sua mancanza , gli volevo bene e sentivo che lui me ne voleva tanto,  mi sentivo capita, e sentivo sopratutto la sua stima nei miei confronti sia umani che artistici, diceva che qualsiasi cosa avessi fatto l'avrei fatta bene, aveva una fiducia illimitata, sono contenta che, poco prima che andasse via, abbia sentito finalmente le canzoni da me composte e cantate, e ne era molto fiero ed orgoglioso e felice, era anche felice quando vedeva che le cose in cui mi applicavo mi riuscivano bene come il mio approccio personale e didattico con le cose che facevo.. C'era una sintonia affettiva ma anche, per fortuna mia, intellettuale, infatti avevamo le stesse opinioni politiche e sociali  e si parlava molto e questo me lo faceva sentire ancora più vicino. C'è stato qualche malinteso quando io ero più giovane, in quel periodo di rivolta generazionale, ma l'amore ha ricoperto ogni distanza. Non posso descrivere quanto mi manca, anche se non pensavo potesse essere cosi tanto, da lui mi sentivo protetta e amata e ancora mi devo realmente abituare, forse con il tempo...Come attore, mi possono mancare tutti gli innumerevoli viaggi artistici che si inventava che avrebbe continuato a fare ma nella sua vita di tutti i giorni era ugualmente eccezionale e sorprendente da tutti i punti di vista, il suo senso dell'umorismo,unico, generoso, il suo buon umore, la sua intelligenza, la sua splendida voce che assomigliava ad un torrente d'acqua fresca, una voce dalla quale traspariva la sua anima, la sua coscienza sempre pulita e coerente, onesta, con la quale diceva ...bisogna sempre fare i conti.... potrei tranquillamente affermare che anche vederlo ogni giorno fino all'ultimo, era  una fonte continua di arte , di gioia e di creatività e di amore.”

Alessandro Ticozzi