Buon compleanno Yoko

06/02/2013

Povera Yoko. Una donna che non sa cosa sia il malanimo, che pensa sempre positivo, che ha fatto delle parole Pace e Amore il proprio valore e marchio di fabbrica, ed è una delle più detestate al mondo. La sua colpa? Aver fatto innamorare John Lennon. E avergli “montato la testa”, aver influenzato le sue scelte di vita ed artistiche, l'essersi imposta accanto a lui sul palco in performance quantomeno discutibili, l'averlo allontanato dagli altri Beatles. Poco importa, poi, che George Harrison e Paul McCartney già stavano mordendo il freno e il manager Brian Epstein era morto lasciando i ragazzi allo sbando, o che tra le canzoni più belle di Lennon siano state scritte dopo averla conosciuta. Per legioni di fans disperati occorreva uno spauracchio, un capro espiatorio, e chi meglio della piccola strega giapponese?
Ora che molta acqua è passata sotto i ponti, che Paul McCartney si è rappacificato con lei e che la signora Yoko Ono – nata il 18 febbraio 1933 – va a compiere gli 80 anni, la si sta rivalutando, o addirittura celebrando.
È pertanto interessante provare a giudicarla indipendentemente da Lennon – che ha conosciuto quando già anche lei era un'artista celebre, appartenente al movimento “Fluxus” - come artista a tutto tondo: pittore, scultore, musicista, performer.
Anche qui, i giudizi sono i più disparati, dalla critica spietata alla rivalutazione accademica e i riconoscimenti internazionali, e varia molto da periodo a periodo, addirittura da città a città. A nostro giudizio non le manca una dose di genialità, ma, come per tutte le avanguardie, appare terribilmente datata: se all'inizio non era apprezzata perché troppo in avanti coi tempi, oggi appare ancorata agli anni '70, e il momento della sua “attualità” sembra non esserci mai stato.
La sua opera artistica è comunque sempre stata all'insegna della concettualità, della sperimentazione e della provocazione: dalla performance in cui si faceva tagliare gli abiti di dosso, al film in cui si vedevano solo natiche, ai concerti in cui “cantava” dentro a un sacco, all'esposizione di manifesti per le strade di Liverpool con la foto di una vagina e la frase “Your mummy was beautiful”, Yoko non ha mai fatto nulla di scontato, a costo di apparire ridicola o di cattivo gusto. Ma John si innamorò di lei per un'esposizione in cui dei bigliettini pendevano in cima a una scala: su quei bigliettini c'era la scritta “yes” - “Era un messaggio positivo, in un mondo in cui la contestazione era solo negativa”; il suo “Yes” e le sue scatolette zen per sorridere le hanno procurato premi di associazioni critiche varie e addirittura una laurea honoris causa, e ha esposto in contesti prestigiosi come il MoMa e la Biennale di Venezia. Musicalmente, invece, lo sperimentalismo dei primi tempi ha lasciato il posto a qualcosa di più pop e negli ultimi vent'anni ha pubblicato vari album apprezzati dalla critica e ottenuto numerosi tributi. Alla sua non tenera età ancora si esibisce.
E il suo impegno civile? Anche qui, è sempre una bambina entusiasta e positivamente ribelle: crede nella giustizia sociale, nella voce del popolo – che sia una voce pacifica e che sia ascoltata –, crede che “la guerra è finita, se lo volete”, crede, insomma, nell'uomo. Povera Yoko

Elena Aguzzi