Addio a Patrice Chéreau, il teatro non sarà più lo stesso
08/10/2013
Il grande pubblico lo ricorda come il regista de “La Regina Margot”, con Isabelle Adjani e Virna Lisi. I cinefili lo hanno amato per le sue regie, crude e passionali, spesso profondamente personali, di (tra gli altri) “L'homme blessé”, con Jean-Hughes Anglade e Vittorio Mezzogiorno, “ Ceux qui m'aiment prendront le train”, con Jean-Louis Trintignant (storia, che ora suona come profetica, del funerale di un uomo che muore a Parigi e chiede d'essere sepolto nel suo paese natale sulla Loira), “Gabrielle”, con Isabelle Huppert, tratto da Conrad, e il bellissimo “Intimacy”, premiato con l'Orso d'oro a Berlino; lo hanno anche riconosciuto come attore: “Danton”, “L'ultimo dei Moicani”, “Il tempo ritrovato” “Il tempo dei lupi”.
Ma chi più lo piange è il mondo del teatro. Allievo al Piccolo di Strehler dopo una prima, precoce, esperienza come direttore del teatro di Sartrouville, già negli anni '70 lascia la sua impronta, essenziale e rigorosa, con acclamate regie come quella del “Massacro di Parigi” di Marlowe, mentre per le opere (nel 76 partecipa al Festival wagneriano di Bayreuth) le immagini sono più fastose, quasi viscontiane. Dall'82 al 90 dirige il Theatre Nanterre-Amandiers: una stagione bellissima, in cui alterna grandi classici e autori contemporanei, lanciando una nuova generazione di attori (da Vincent Perez a Valeria Bruni Tedeschi) attraverso la sua amata scuola teatrale. In quegli anni produce anche un “Amleto” con Gerard Desarthe che resta una delle regie shakesperiane “epocali” (con l'”Enrico V” di Laurence Olivier, il “Re Lear” di Giorgio Strehler e il “Riccardo III” di Ian McKellen-Richard Loncraine). Dopo il '90 si dedica sempre più all'opera e al cinema (pur non disdegnando la prosa: trionfale la su “Fedra” di Racine, in cui si esaltano i versi in alessandrino): a Milano è ancora vivo il ricordo del “Tristano e Isotta” messo in scena alla Scala nel 2007. Il suo ultimo lavoro è l'”Elettra” di Strauss, rappresentato a luglio ad Aix-en-Provence. In questi giorni stava lavorando, oltre che a “Come vi piace”, all'adattamento cinematografico di un romanzo di Mauvigner, “Des hommes”, ma, lamentava, “Non riesco più a trovare i soldi per un film”.
Abbiamo avuto la fortuna di incontrare più volte Chéreau, un uomo colto, raffinato, acuto e pure gentile e disponibile: un vero piacere parlargli insieme. Il suo entusiasmo era contagioso, la sua curiosità artistica un pozzo senza fondo. Riproponiamo alcune sue dichiarazioni significative, stralci di una lunga intervista che ci concesse quando il suo “Amleto” venne in tournée a Milano nell' 89 e di un'altra la prima volta che lo incontrammo a Cannes nell'85, quando fu presentato “Addio Bonaparte” di Youssef Chahine, in cui interpretava il ruolo di Napoleone
− Io non sono un attore, sono un regista, quando accetto un ruolo non è per la parte in sé, ma per l'intero progetto, le persone con le quali lavoro, il condividere lo stesso cammino
− A teatro si lavora più concentrati con gli attori e questo lo si può ritrovare in un lavoro in studio. Ma come regista di cinema preferisco comunque filmare quello che avviene sulla strada, fuori. Simulare in studio sarebbe come ritornare, appunto, in teatro. Il cinema è la realtà, confrontarmi con la strada, la gente che passa
− Ogni volta che metto in scena “Hamlet” cerco di andare sempre più in fondo, di trovare un aspetto nuovo, un personaggio, da approfondire, per esempio Orazio o Laerte: non si può fare il giro di tutto il testo in un unico spettacolo. Cerco inoltre di renderlo sempre più fluido, più leggero, di andare insomma avanti nel mio mestiere.
− Cosa rimane della lezione di teatro che Shakespeare fa all'interno del suo “Hamlet”? Poco, in realtà. Questo perché non sappiamo contro cosa l'autore stava combattendo. Amleto dice “non recitare così, ma cosà”, ma non sappiamo come si recitava allora, si riferisce a qualcosa che non sapremo mai. Però quando raccomanda di essere naturali, questo è qualcosa che stiamo ancora cercando.
Nella foto: con Chéreau a Cannese nell'85
Elena Aguzzi