David Bowie, uno, nessuno, centomila

16/01/2016

Celebriamo il trasformismo di uno dei più amati artisti del 900, David Bowie. Musicista, performer, pittore, attore ha saputo prendere spunto dai vari suoni e movimenti attorno a lui e risolverli in un pastiche geniale, di cui egli stesso era la maschera ed icona, in un continuo mutamento di immagine

David Robert Jones (1947) – il ragazzo nato l'8 gennaio a Brixton, sobborgo londinese, è forse l'unico volto, o se vogliamo l'unica “interpretazione”, a lui poco riuscita, o gradita. Aspettare che la vita passi, seduto alla fermata dell'autobus, non fa al caso suo. David Robert (influenzato anche dal fratellastro Terry, di dieci anni maggiore di lui) ama la musica, l'arte, la moda, vuole conoscere la vita e il mondo. Già a vent' anni ha cambiato il nome e l'aspetto fisico e ha girato con diverse band dalla vita breve prima di incidere il suo primo disco da solista. Quel nome, David Bowie, lo porterà con sé per 50 anni (ma non sarà mai registrato all'anagrafe: i figli di cognome sono Jones), il look verrà cambiato tante di quelle volte che la nostra gallery di una ventina di immagini è solo la punta dell'iceberg

Major Tom (1969) – il protagonista di “Space Oddity”, l'astronauta-divo che si perde nello spazio, è il primo personaggio che prende vita nei suoi dischi, anche se Bowie non gli regala ancora un volto preciso. Un personaggio, se non un ruolo, che gli è comunque caro al punto da riprenderlo nell'album “Scary Monster”, dell'80, dove le sonorità, e il video di “Ashes to ashes”, accolgono il fenomeno nascente del new romantic

Ziggy Stardust (1972) – è il suo primo, grande ruolo, che lo consacra al successo mondiale. L'extraterrestre bisessuale che vuole formare una rock band è il protagonista dello straordinario concept-album, da subito divenuto cult, “Rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars”. Ambiguità, la già professata passione per gli alieni e i mondi siderali, teatralità, un'icona kitch da cui farà una certa fatica a distaccarsi, e tanto rock elettrico sono la ricetta di Ziggy. Le sue performance hot col chitarrista Mick Ronson sono state a lungo imitate, ma mai superate. Durante il tour l'epopea di Ziggy si arricchisce  di un nuovo capitolo, Aladdin Sane, il look evolve e si perfeziona ( e verrà in parte ereditato dai Kiss), le esibizioni diventano sempre più teatrali; ma il glam rock comincia a stargli stretto, le relazioni (professionali e personali) con artisti come Lou Reed, Iggy Pop, John Lennon e Mick Jagger si fanno più complesse e stimolanti e nel 1973 Z.S. viene “ucciso”. Ci sono altri pianeti, stavolta musicali, da esplorare

L' uomo che cadde sulla terra (1976) – è il suo primo ruolo cinematografico e non musicale. Nicolas Roeg compone il film attorno alla figura sexy ed emaciata, androgina, pallida e rossochiomata del nostro, che approfitta a sua volta della pellicola come una sorta di “canto del cigno”: dopodiché  si staccherà completamente dai ruoli precedenti e dirà addio agli extraterrestri, di cui sembra far parte. Intanto, si è trasferito in America e ha dato la sua  versione della musica soul col sensazionale “Young Americans”, e sta per dare alla luce un altro personaggio, che diverrà quasi un'etichetta

Il (Sottile) Duca Bianco (1976) – molti nostri colleghi hanno titolato la notizia della sua scomparsa con la frase “Addio Duca Bianco”, mantenendo ancor oggi questo soprannome quasi come sinonimo e definizione di Bowie stesso. In realtà the Thin White Duke è legato al disco “Station to Station”, scritto a Los Angeles in un momento di depressione e cedimento quasi fatale alle droghe, ed è l'europeo, raffinato e un po' dandy,  perso in America e attratto dall'occulto. Quando Bowie tornerà in Europa e approderà a Berlino non sarà già più il Duca Bianco, anche se le sembianze rimarranno incredibilmente quasi invariate e molti echi dello stesso gli rimarranno a lungo addosso. Oltre che il nome.

Baal (1982) - il periodo berlinese ci lascia in eredità il minimalismo di “Low”, l' immortale “Heroes” e “Lodger”. La collaborazione con Brian Eno è proficua per entrambi gli artisti, e al nostro serve per riflettere, calmarsi e ridefinirsi. Ma presto a Bowie la musica non basta più. Tra la fine degli anni '70 e i primi anni '80 alterna dischi a nuove forme espressive: il cinema lo prende in prestito più volte ( Gigolò, Christiane F., The Hunger – col ruolo per lui perfetto del seducente vampiro – il capolavoro Merry Christmas mr. Lawrence) e Bowie affronta anche il teatro di Bertold Brecht con un'edizione televisiva di “Baal”. Egli quindi si impossessa del giovane poeta girovago, coinvolto in avventure sessuali e delitti, sia come ennesimo alter ego che dal punto di vista musicale, riadattandone i pezzi e inglobando la musica di Kurt Weil

David Bowie (1983-84) – già: da 15 anni porta questo nome, ma nonostante la notorietà in qualche modo rimane un personaggio elitario, che ha giocato a fare la rock star (con Ziggy Stardust) e ha osato cambiare forme espressive. Col disco Let's Dance e il Serious Moonlight Tour Bowie diventa il “celeberrimo David Bowie”, la pop star colorata in grado di far ballare e riempire gli stadi. Anche questo, ovviamente, è solo un personaggio, voluto da e per la EMI, la nuova etichetta; è un nuovo, abile, trasformismo musicale e di immagine

Jarrett, il re degli Elfi (1986) – un altro ruolo cinematografico, nel film “Labyrinth”. Ma lui è tanto bravo e seducente, ironico e malvagio e romantico, che a 30 anni di distanza la gente ancora lo ricorda, lo ama, lo vede e lo rivede. Un'occhiata ai social network quando il film passa in tv dà la proporzione del fenomeno: Jarrett non è meno iconico di Ziggy Stardust o del Duca Bianco

Mr. Bowie (anni 90 e 2000) – e poi, improvvisamente, Bowie continua a sfornar dischi insoliti, ad apparire al cinema, a tenere concerti sempre sold out, a mutare look, ma senza più cambiare nome e personalità. Non ne ha più bisogno. Forse l'ultima sua interpretazione è quella del 50-60 enne felicemente sposato che dedica metà giornata a dipingere e l'altra metà a creare musica. Dal 2003 al 2013 non pubblica più dischi, però, e dal 2006 non appare più in pubblico. Cominciano a nascere leggende metropolitane su di lui. E allora, poiché il nostro camaleonte sa sempre sorprendere, ecco uscire “The next day” e, ancora una volta, giocare con la propria immagine, come nel video di “The stars (are out tonight)”

Blackstar (2016) – Moliére morì sul palcoscenico. A David Bowie è mancato poco. Due giorni prima di aggiungere la sua stella al firmamento ci ha lasciato un ultimo disco dal sound rivoluzionario e le immagini sconvolgenti, come nel canto funebre “Lazarus”; e ci ha lasciato anche ultimo nome, un'ulteriore identità: Blackstar. “ Accadde qualcosa il giorno che morì, lo spirito si alzò di un metro e si mise a lato, qualcun altro prese il suo posto e urlò coraggiosamente: sono una stella nera (…) non sono una stella del cinema (…) non sono una stella del pop (…) sono una stella nera”. Una stella nera, eppure splende : le stelle appaiono diverse oggi.

Elena Aguzzi