Jeanne Moreau - occhi grandi, voce suadente

06/08/2017

Avete presente la sigla di quei programmi dedicati agli amori criminali? 
Quella voce calda ma rotta da una specie di antica sofferenza che canta: "Each man kills the things he loves"?
È lei, Jeanne Moreau, la sua voce nella cultura televisiva è ormai associata alle passioni violente, alle tragedie familiari, agli amori che si trasformano in crimine.
Chiamiamolo destino o dotta citazione degli autori di questo programma ma l'attrice francese, per certi versi, è un'icona degli amori torbidi e delle passioni morbose.
La sua carriera cinematografica infatti ebbe il primo grande riconoscimento internazionale nel 1958 con quello che era il film di un giovanissimo Louis Malle (allora venticinquenne) Ascenseur pour l'échafaud.
Ascensore per il patibolo è la storia di una coppia di amanti, Julien (Maurice Ronet) e Florence (Moreau) che progettano di uccidere il marito di lei. Sarà proprio un problema con l'ascensore del palazzo dove è avvenuto il delitto a mettere nei guai i due traditori.
Si dice che la Nouvelle Vague inizi proprio con questo film in cui il noir francese si tinge di rosa e di rosso con il commento musicale di un altrettanto sulfureo Miles Davis che pare improvvisò la colonna sonora solo guardando le scene.
Da lì in poi non mancheranno le parodie; quella più famosa per il pubblico italiano è probabilmente Il vedovo con Alberto Sordi e Franca Valeri, nel 1959.
Anche la colonna sonora jazz sarà una cifra stilistica dell'epoca di cui la camminata della disperata e affranta Florence-Jeanne Moreau sulle note del tema principale rimane una pietra miliare.
Da quel momento Moreau divenne una declinazione della femme fatale, un'eroina a volte protagonista, a volte antagonista, in chiave europea. Una donna per cui uccidere o morire proprio perché di un fascino del tutto indipendente dalla bellezza e quindi un'amante possibile e non “di fantasia” come le pin-up hollywoodiane o le maggiorate italiane.

Un viso seducente pur senza essere un ovale perfetto, grandi occhi scuri marcati dall'eye-liner e da una perenne ombra di occhiaie, un fisico leggero e proporzionato ma di certo non statuario. Eppure sarà lei che aprirà la strada a tutte quelle attrici francesi che sono considerate sexy senza essere “di una bellezza straordinaria”: Simone Signoret, Annie Girardot, Isabelle Huppert tutte sex-symbol come Jeanne Moreau. Escludiamo Brigitte Bardot che però, a differenza delle sue colleghe, si è ritirata dalle scene proprio ai primi segni di offuscamento della sua bellezza esteriore.
Jeanne Moreau invece ha sempre continuato a interpretare la donna che vive di passioni, legittime, illeggittime, tormentate, incontrollabili, nascoste.
Quel viso particolare che non l'aveva mai fatta sembrare una bambola, nemmeno da giovanissima, diventa la sua fortuna perché la sua espressività e il suo magnetismo restano immutati nel tempo.
È sempre lei l'insofferente Lidia de “La notte” di Antonioni a fianco di Mastroianni ma soprattutto è l'immortale Catherine di Jules e Jim.
La canzone citata all'inizio (tratta da un poema di Oscar Wilde) è in “Querelle de Brest” del 1982 ultimo film di Fassbinder, tratto dal romanzo omonimo di Jean Genet, ed è lei a intonarla nei panni di Lysiane, tenutaria di un bordello, a quel tempo aveva 54 anni ed era conturbante come ai tempi dell'ascensore.
Le canzoni nella carriera di Jeanne Moreau sono state importanti e proprio grazie alla sua capacità interpretativa hanno spesso avuto una vita indipendente dai film da cui erano tratti mentre in altre circostanze hanno caratterizzato l'altra sua carriera di chanteuse.
Le tourbillon de la vie, in Jules et Jim; India song, scritta da Marguerite Duras; J'ai la memoire qui flanche di Cyrrus Bassiak, Each Man Kills the Things he Loves, sono solo alcuni successi tratti da una discografia vasta almeno quanto la filmografia.

Figlia di un ristoratore francese e di una ballerina inglese, Jeanne Moreau seppe declinare nel cinema anche la sua anima anglosassone tanto che fu molto amata ad Hollywood dove recitò in inglese in Eva di Joseph Losey e ne Il Processo assieme Anthony Perkins per la regia di Orson Welles di cui divenne grande amica, è anche nel suo Falstaff del 1965.
Il lavoro di Moreau continua anche oltre gli anni d'oro del cinema francese e raggiunge il nuovo millennio senza mostrare stanchezza ma sempre con scelte di qualità: è la spia maestra di seduzione di Nikita nel 1990, struggente in Fino alla fine del mondo, è la capricciosa ma saggia e sola Lady in Paris del 2012.
Gli elenchi dei suoi successi sarebbero lunghi e tediosi, questa attrice grandissima che non si è mai data arie da diva ha avuto una vita lunga e piena ma ha saputo fare di essa un dono per il mondo. Ora non ci resta che cercare di nuovo il suo sguardo aspettando rassegne in sua memoria o occupando questi torridi pomeriggi d'estate rivedendo i suoi film. Adieu, Jeanne.

Katia Ceccarelli