
Quando
Walt Disney, forte del successo delle sue “Silly
Symphonies” (cortometraggi di animazione
con sfondo musicale), annunciò un lungometraggio
tutto di animazione, in molti pensarono che lo
sforzo economico lo avrebbe portato alla rovina.
Invece con “Biancaneve e i 7 nani”
Disney entrò nella storia, cambiando quella
del cinema.
Oggi, dopo 70 anni, il cinema di animazione è
un genere trainante dell'industria cinematografica,
e “Biancaneve e i 7 nani” uno dei
film più celebri ed amati.
Tratto dal racconto
dei fratelli Grimm, il film di Disney ne smussa
gli aspetti più spiacevoli, pur non rinunciando
del tutto a un lato quasi horror, costituito dalla
fuga della ragazzina nel folto del bosco, con
gli alberi che sembrano animarsi e strapparle
le vesti, e dalla sequenza della trasformazione
della regina matrigna in strega: scene divenute
mitiche, che in Svezia son costate al film un
divieto ai minori(!). Ma, per il resto, la scelta
del regista è in linea con la politica
già adottata nelle Symphonies, basata su
pochi e chiari elementi: 1) musica: i grandi progressi
grafici ottenuti in pochissimi anni fan sì
che le figure si muovano con perfetto sincronismo,
e tra tutti i film la cui regia è dello
stesso Disney almeno parzialmente (l'altro regista
accreditato è tale David Hand), Biancaneve
che più di tutti ha l'impianto del musical
(tendenza ripresa dal “nuovo corso”
della sua casa di produzione negli anni '90 con
ben più stucchevoli risultati); 2) sentimento
(e qui forse abbiamo la parte più debole,
poiché il personaggio del principe è
appena un'ombra); 3) comicità, nel caso
garantita dalla presenza dei Sette Nani, la vera
invenzione geniale della pellicola, tanto da meritare
la citazione nel titolo stesso del film. Infatti
nella favola essi sono solo delle figure di sfondo,
mentre qui ognuno di loro assume una personalità
ben definita, che si riscontra anche nel nome:
così ecco il “saggio” Doc,
l'allegro Happy, lo starnutante Sneezy, il timido
Bashful, il sonnolento Sleepy, il brontolone Grumpy,
il giovane Dopey.
L'esperimento, come si è detto, fu un successo
strepitoso, che avviò addirittura, per
la prima volta, il fenomeno del merchandising
e venne rieditato otto volte, praticamente a ogni
decennio, con invariato successo; avviò
uno stile cinematografico (la fusione di vari
generi – comico, romantico, avventuroso,
drammatico – in un tutt'uno armonico) e
un genere cinematografico (appunto il lungometraggio
di animazione), rappresentò l'inizio di
una serie di sfide tecniche (le riprese di una
serie di fondali trasparenti, che danno verosimiglianza
all'immagine e profondità di campo), premiò
l'impiego di un esercito di animatori su un lavoro
durato anni.
Da applauso
anche la versione in italiano, quella originale
d'epoca: e uno dei maggiori rimpianti è
di non potere più “accedere”
a quelle voci, quelle battute, quelle canzoni
(“Impara a fischiettar” chissà
perché trasformato in “Proviamo a
fischiettar” e via così). Ma i nomi,
geniali, dei sette nani sono rimasti invariati,
e non poteva essere altrimenti. Pronti a dirli
tutti d'un fiato? Dotto, Gongolo, Eolo, Mammolo,
Pisolo, Brontolo, Cucciolo.