Correva il 25esimo Compleanno di Ultimo Tango....
28/11/2018

Era il 1997, il nostro Quarto Potere era ancora un piccolo mensile cartaceo al suo secondo numero e Ultimo Tango a Parigi compiva 25 anni. In quell’occasione Bernardo Bertolucci ci parlò di quel film che tanto ci aveva stregati con la meravigliosa fotografia di Storaro e con il volto, la voce, il dolore di Brando. Ci parlò dei suoi ricordi e, rileggendolo ora, ci stupisce come più i tempi siano cambiati da quando il film uscì, gettando scandalo, a quando Bertolucci ce ne parlò, con l’ironia e l’eleganza che lo contraddistingueva, che da quel giorno a oggi. Riproporre dunque quell’incontro, con le sue stesse parole, ci sembra il modo migliore per rendere omaggio a Bertolucci, la cui scomparsa è una ferita per il Cinema che vede scomparire uno dei suoi Maestri, un signore come tutti i grandi che ha saputo portare alla ribalta di Hollywood il sapore della sua terra, dalle torri di Sabbioneta di Strategia del Ragno alla campagna emiliana nel corso delle stagioni dell’epopea di Novecento. Un percorso cinematografico che ben ci illustra la composizione grafica di Stampaprint (www.stampaprint.net/it/) a riassunto della sua opera.
Ma torniamo a quell’appartamento sfatto di Passy e al fascino di quell’Ultimo Tango che finiva squallidamente in una balera e che resiste ai decenni. Erano passati 25 anni e Bertolucci aveva perso un po’ della sua rabbia, quella rabbia e quell’utopia che avevano dettato le sue prime pellicole, appariva disilluso. C’era stato un progetto, quello di riprendere “Novecento” là dove si era interrotto e arrivare alla fine del Millennio, ma il progetto si era spento. “E’ finita una certa ragione utopistica, caduta la tensione ideologica e politica in tutti, me compreso. Il film avrebbe dovuto abbracciare soprattutto il periodo del ’68, raccontare ai giovani la storia recente che li ha preceduti. Ma i giovani non sono interessati al passato prossimo. E allora mi sono detto: perché questa fatica se poi trovi freddezza proprio nel pubblico a cui vuoi rivolgerti? Come sono diverse le cose dagli Anni Sessanta, quando si faceva di tutto per non comunicare!” diceva.

“Non mi pare che adesso ci sia bisogno di film forti e trasgressivi. Allora il mio bisogno di trasgressione corrispondeva al movimento ormonale dei trent’anni. Era una specie di grido, di urlo. Ma penso che nei miei film ci sia sempre un coté trasgressivo, anche se molto sotterraneo. Anche ‘Io ballo da sola’ è stato un azzardo, l’azzardo di fare un film piccolo dopo le grandi produzioni in Cina o nel Sahara. Sono ossessionato dalla paura di entrare nel manierismo di me stesso, lo sforzo è quello di non ripetermi”.
E poi i ricordi di Ultimo Tango e di quell’assurda vicenda che lo accompagnò, ultimo clamoroso capitolo delle offese della censura all’arte.
“Ultimo Tango ha avuto il record di spettatori nello spazio di pochi mesi, dopo il primo sequestro e prima di quello definitivo. Avevo però avuto la possibilità di conservarne tre copie alla Cineteca Italiana come ‘corpo del reato’. Poi scoppiò un nuovo scandalo, una copia del film, dimenticata chissà come, fu proiettata a una rassegna intitolata ‘Ladri di Cinema’ e, siccome il film anche da morto aveva commesso il reato di farsi vedere in pubblico, il caso fu riaperto. Passati gli anni non offendeva più il comune senso del pudore e così fu assolto. Ricordo ancora il rumore delle sedie che sbattevano quando fu presentato al Festival di New York, segno che intere file si alzavano scandalizzate. Ma ciò che più mi ha bruciato in tutta questa vicenda è stato l’aver perso per alcuni anni i diritti civili. Quando un omino, sepolto da enormi libri come nel Processo di Kafka, mi disse che non avevo più diritto al voto, il piacere del martirio si dissolse, mi sentivo come un cittadino di serie C”.
Quel giorno, con Bertolucci, si festeggiò il compleanno di Ultimo Tango. Il Cinema Ciak di Milano, in via Sangallo, aveva proposto una rassegna con i grandi compleanni del Cinema e i loro protagonisti. Ora anche quella sala cinematografica è scomparsa.
Gabriella Aguzzi