Il ruggito di Re Vittorio

04/07/2020

Attore, regista, scrittore, campione di basket, mattatore del Teatro, del Cinema e della Televisione, seduttore, patriarca. Sardonico, brillante, cattivo, esibizionista, libero, cinico, intelligente, affabulatore, geniale, immaginifico, omerico. Depresso, devastato, malinconico, malato, dubbioso, spaventato, in continuo dialogo con Dio e con la Morte per ingraziarsi l’Uno ed esorcizzare l’Altra.
Questo è stato Vittorio Gassman, di cui ricorrono 20 anni dalla scomparsa.
Fu attore.
Di Teatro, innanzitutto, ma anche di Cinema, per il quale interpretò la sciocchezza di 120 film. Si va dagli esordi un po’ goffi di Riso Amaro, Guerra e Pace, Mambo in cui Gassman ha il ruolo del bello e vigliacco. Sono i suoi primi 10 anni di carriera cinematografica, che ancora risente di quella teatrale, la voce e il passo bene impostati (in realtà sul palcoscenico regala delle interpretazioni di “rottura” con la tradizione), e che non ha ancora incontrato il miracolo della svolta in commedia regalatogli da Monicelli. Questo avviene nel ’58 grazie a I soliti Ignoti, capolavoro comico dove il bel Gassman si presenta col naso allargato da pugile un po’ suonato e l’accento milanese. Un “cult”.

Negli Anni Sessanta le commedie di costume più riuscite: I Mostri di Dino Risi, in graffiante duo con Ugo Tognazzi, col quale interpreta anche La Marcia su Roma e In Nome del Popolo Italiano; il bellissimo La Grande Guerra, dove l’umorismo diventa tragedia (dirige ancora Monicelli), Il Sorpasso (di Risi), forse il suo film più significativo, la sua interpretazione simbolo, in cui si presenta insopportabile e patetico, sbruffone e perdente.
Poi c’è la mitica Armata Brancaleone (di Monicelli), ancora una nuova maschera: abbruttito, perdente, vaniloquente in un linguaggio medievaleggiante che è passato alla storia del Cinema. C’è Il Mattatore, col quale ripropone uno spettacolo televisivo che lo ha etichettato a vita. C’è la sua prova registica di Senza famiglia, nullatenenti cercano affetto. C’è ancora Risi con l’inquietante Anima Persa (rivisto oggi appare un film piuttosto sbagliato, ma con un Gassman maiuscolo) e col tragicomico Profumo di Donna, niente a che vedere con lo squallido remake con Al Pacino; e se, anche qui, la sceneggiatura si ingolfa nella parte finale, il grande Vittorio è addirittura immenso, una di quelle interpretazioni che valgono da sole la carriera di un uomo.

Ci sono gli Anni Settanta con l’incontro con Robert Altman (Un Matrimonio, Quintet) e con Ettore Scola: C’eravamo tanto amati, La Famiglia. Sono bellissimi e quest’ultimo, poi, ci regala quello che è un po’ l’ultimo volto di Gassman, il più completo, tra saggezza e infingardaggine.
Degli ultimi anni, della vecchiaia passata tra una crisi depressiva e un libro, tra un Moby Dick (Gassman è Achab) e un confronto col figlio Alessandro, ricordiamo uno Zio Indegno passato ingiustamente sotto silenzio, l’americano Sleepers e la sua voce, dolce e ruggente, prestata per doppiare Mufasa, Il Re Leone.

Elena Aguzzi