Ottant’anni d’Argento

16/09/2020

Gli anni passano, ma la paura colorata di “argento” che porta il nome Dario, ha per cinquant’anni contraddistinto il cinema italiano e internazionale  e lo scorso 7 settembre ha compiuto la bellezza di 80 anni.
Era il febbraio del 1970 quando usciva sugli schermi italiani L’uccello dalle piume di cristallo che, ai tempi, sebbene il cinema horror e thriller avessero già sulle spalle un decennio di sperimentazione, fu considerato dagli addetti ai lavori un autogol decisamente inadeguato per il pubblico nostrano.
Ed effettivamente il botteghino, almeno inizialmente, confermò questa ipotesi. Tuttavia, fin da subito, Argento, nonostante le premesse, non ha fatto fatica ad affermarsi come “maestro del brivido”, specializzandosi proprio nel filone thriller, con qualche sporadica incursione nell’horror puro. Per diverso tempo la critica italiana ha avuto difficoltà a inquadrare questo Dario Argento, personaggio un po’ sinistro anche nell’aspetto fisico, con uno stile autoriale da cinema francese, un direttore della fotografia quale Vittorio Storaro,  ma al tempo stesso debitore del cinema effettistico d’intrattenimento americano. Per comodità venne definito un po’ a torto, l’Alfred Hitchcock italiano, epiteto decisamente riduttivo.
Se, infatti, fino agli Anni Sessanta i film di Mario Bava o Riccardo Freda incassavano nell’ordine del milione di lire, Argento invertì la rotta, portando il fatturato sul miliardo, non mancando mai di essere presente nelle classifiche dei film più visti della stagione, almeno fino al 1985.
Un’operazione, quindi, di popolarizzazione e di svecchiamento di un filone che sentiva la necessità di adeguarsi a linguaggi più moderni, dinamici e che trovavano nella musica e nella fotografia il loro cardine. A Dario Argento, infatti, si deve l’impiego della musica di Morricone in chiave sperimentale e la costruzione del sodalizio coi Goblin, band che ha reso di moda il rock progressive al cinema, sostituendo le musiche sinfoniche, decisamente meno coinvolgenti.
L’obiettivo è stato avvicinare sempre di più lo spettatore al genere e a fargli vivere emozioni fortissime, anche fisiche. Un cinema, quindi, cinestesico, che si appoggia anche su un diverso rapporto tra regista e pubblico, basato su un contatto diretto, apparizioni televisive e su un personalismo autoriale (il film rappresenta in forma fittizia le vere ossessioni e paure di Argento).

Il resto è storia e se, nel corso degli anni la reputazione di Argento in Italia e nel mondo si è potuta consolidare definitivamente, con l’elezione a “classici del cinema”, di Profondo rosso (1975) e Suspiria (1977), molteplici studi anche accademici su di lui, il remake dello stesso Suspiria diretto da Guadagnino,  meno brillante è stato il giudizio sulla sua produzione più recente, contando che l’ultimo film prodotto risale al 2012 ed era Dracula 3D.
Argento, a differenza di altri colleghi, ha preferito, forse, non arrendersi tenacemente, al crollo di un sistema produttivo, quello del cinema di genere, e andare per la propria strada senza lasciarsi condizionare, non mancando di essere sempre aggiornato sulla nuove possibilità tecnologiche del cinema. Nel 2000 il film Nonhosonno, uno dei suoi tentativi più riusciti, è sembrato forse un regalo ai fan, che aspettavano un’edizione riveduta e corretta di Profondo rosso. Tuttavia, il grande film del “riscatto”  del Maestro, è tuttora ambito e sperato. Attualmente è in preparazione il film Occhiali neri, tratto da un vecchio soggetto rimasto nel cassetto, interpretato da Stacy Martin e Asia Argento.
In mezzo ci sono stati due premi alla carriera, uno conseguito al Reykjavik International Film Festival nel 2012 e un Premio Special David Donatello nel 2019. Ed inoltre il ritorno alla vecchia passione della scrittura, con la pubblicazione di un’autobiografia, una raccolta di racconti, Paura, nonché una collaborazione con Tiziano Sclavi che ha partorito il soggetto di una storia a fumetti per il numero 383 Dylan Dog, del 2018.
Buon compleanno Dario!

Carlo Lock