William Friedkin, il ragazzo cattivo di Hollywood

22/08/2023

Se si nomina William Friedkin si pensa immediatamente all’autore di quella pietra miliare della cinematografia horror che è L’Esorcista. Ma chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e parlargli lo ricorda anche come un uomo colto, affabile, innamorato dei capolavori del Cinema Italiano e del genere noir. Un vero signore di una gentilezza squisita.

Qui vogliamo riproporre un suo ritratto, scritto in occasione dell’uscita del crudo, spietato, nerissimo eppure non scevro di humour feroce Killer Joe, William Friedkin e la Fascinazione del Male, in cui si evidenzia la natura controcorrente e ribelle di un outsider che fa dei suoi personaggi degli eroi mostruosi, il suo fascino per il lato oscuro dell’America, i suoi legami con la letteratura, la sua profondità di sentire e il fascino per un degrado che assurge a protagonista delle sue pellicole. Ma vogliamo ricordarlo anche attraverso le sue parole, nelle occasioni in cui lo abbiamo incontrato: divertente ospite alla Milanesiana (aveva iniziato l’incontro intonando il coro dell’Armata Brancaleone!), premiato dalla Giuria del Mouse d’Oro, a Torino alle prove aperte della sua splendida Aida, uno spettacolo sontuoso, una regia moderna nel suo estremo classicismo. E infine in una lunga intervista telefonica nella sua casa a Los Angeles di cui vogliamo riportare alcuni stralci

“I miei film del cuore sono quasi tutti vecchi film che continuo e continuo a riguardare. La Nouvelle Vague francese, il Neorealismo Italiano, Otto e mezzo di Fellini, Antonioni con La Notte, L’eclisse, L’Avventura, La Grande Guerra di Monicelli, Bertolucci, tutto il grande cinema degli Anni Sessanta, Elio Petri con La Decima Vittima, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto con Gianmaria Volonté che è uno dei più grandi attori mai esistiti, Ettore Scola e tutti i grandi registi italiani. E così i francesi, Alain Resnais, Claude Chabrol, François Truffaut, H.G. Clouzot che è uno dei più grandi registi di suspense e che paragono a Hitchcock. Vedi, Gabriella, molti dei film che guardo sono i grandi classici, non seguo il cinema di oggi. Non arrivano film italiani in America, è arrivato Gomorra, ma non ne escono molti qui e così conosco poco del cinema italiano di oggi. Così guardo i classici, come in un museo. Non riguardo mai i miei film, solo se vado a un festival, ma anche qui voglio sentire altre voci e nomi. Ma i miei film li conosco troppo bene, non mi sorprendono né mi meravigliano e parte della gioia del film è la sorpresa.”

“Io non giudico i miei personaggi. Mai. Come regista il mio lavoro è creare un’atmosfera. Perché l’azione è il personaggio. I personaggi non sono quello che dicono o quello che la gente pensa di loro, ma ciò che fanno e io li creo in questo contesto. Anche nei personaggi più sporchi lascio un lato oscuro e un lato luminoso. Per questo amo molto il lavoro letterario di Tracy Letts: abbiamo la stessa visione sul mondo della violenza, non crediamo ai supereroi che risolvono tutti i problemi e rendono il mondo migliore, è una visione infantile. Nel Cinema Americano tutto è molto più per bene, se capisci cosa voglio dire. Molti film fatti a Hollywood possono presentare personaggi malvagi, ma c’è un buonismo di fondo.”

 “Io mi immagino sempre uno spettatore ideale. Scelgo un paio di facce a cui raccontare una storia, me li vedo davanti. Per “Il braccio violento della legge” tutto è nato dalla conoscenza con due poliziotti, per “Vivere e morire a Los Angeles” mi ha colpito la stranezza, l’ironia del destino, della gente dei Servizi Segreti che un giorno è lì a proteggere la vita del Presidente degli Stati Uniti e il giorno dopo si trova ad inseguire qualcuno nel ghetto per una carta di credito falsificata.” 

“Quelli che riteniamo disturbati capiscono forse il mondo, il senso della condizione umana, con più sensibilità. Quando ti accingi a creare qualcosa devi o far ridere come Monicelli, o far piangere come De Sica, o far spaventare come Dario Argento. Poi ci sono personaggi come Hitchcock o Fellini che riescono a raggiungere questi tre obiettivi contemporaneamente.” 

Nelle foto di Carlo Prevosti William Friedkin a Milano alla cerimonia di consegna del Mouse d’Oro da parte della Giuria della Stampa On Line  

Gabriella Aguzzi