Kubrick a 10 anni dalla morte
08/03/2009

“Se qualcosa può essere pensato, allora può essere raccontato in un film”, è questo che diceva Stanley Kubrick.
Dodici i suoi lungometraggi, dodici i suoi capolavori, realizzati dopo Paura e desiderio, del 1953, ad oggi quasi introvabile che fu da lui stesso definito “un tentativo serio, realizzato in modo maldestro”.
Il primo, vero film girato nel 1955 è Il bacio dell’assassino, un lungo flashback noir, semplice nella narrazione ma particolarmente interessante per la sperimentazione fotografica (alla quale si era dedicato nella prima fase della sua vita).
L’anno seguente realizza Rapina a mano armata, uno dei primi film gangster in bianco e nero, con un finale strepitoso; nel 1957 dopo aver letto Orizzonti di gloria, ne realizza una trasposizione cinematografica, che sarà il suo primo capolavoro notato dalla critica di quegli anni. Ambientato nella Prima Guerra Mondiale, un film antimilitarista che vede come protagonista Kirk Douglas; tante le scene memorabili di questa pellicola che è sicuramente tra i migliori lavori di Kubrick.
Nel 1959 lavora ancora con Douglas nel film epico Spartacus, che narra la storia di un gladiatore che diviene Generale degli schiavi per difendere la libertà. Il film vince quattro Oscar ed è all’epoca il più costoso che sia mai stato realizzato.

Nel 1962 dopo essersi trasferito dagli Stati Uniti in Inghilterra, dirige Lolita con la collaborazione di Nabokov, autore del romanzo da cui è tratta la
pellicola. Il soggetto di questo film è l’ossessione sessuale (che
ritroveremo poi nel suo ultimo film Eyes wide shut) ed è per questo che
il film suscitò molto scalpore e fu sottoposto a censure, soprattutto
in America.
Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a
non preoccuparmi e ad amare la bomba, del 1963, è una black comedy
sulla guerra nucleare e sull’assurdità della guerra fredda, trattata
con sarcasmo ed ironia (già dal titolo). Anche qui, come nel film
precedente, il protagonista è interpretato da Peter Sellers.
Dopo quattro anni di lavorazione, nel 1968, Kubrick realizza 2001:Odissea nello spazio film di fantascienza tratto dalla novella La sentinella di Arthur
Clarke. E’ un monumento visivo, un lavoro basato sulla musica e sul
movimento, un’interpretazione della lotta dell’uomo contro la macchina.
Vince un solo Oscar per gli effetti speciali, ma può essere definito
senza troppe pretese uno dei capisaldi della storia del cinema.
“Ognuno
è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico del film,
io ho tentato di rappresentare un'esperienza visiva, che aggiri la
comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente
nell'inconscio. Se qualcuno ha capito qualcosa, ciò significa che io ho
sbagliato tutto”. Questo è quanto disse lo stesso Kubrick parlando del suo film.

Nel 1971 scrive, produce e dirige Arancia Meccanica,
tratto dall’omonimo romanzo di Antony Burgess. Un film forte
sicuramente, nelle immagini, nelle parole, nei colori e
nell’ambientazione, molto discusso alla sua uscita per la violenza di
Alex, protagonista, interpretato da un eccezionale McDowell. Tra i film
che più hanno scioccato e affascinato un’intera generazione, quella
degli anni 70 appunto, ma che continua a farlo ancora oggi.
Stanley
Kubrick è anche il regista di tutti i generi cinematografici, è andato
dal noir, al film di fantascienza, passando per quello storico, quello
gangster o quello epico; e così dopo un film sulla violenza dei
giovani, torna alla storia, ma quella del XVIII secolo. E’ la volta di Barry Lindon, tratto dal romanzo di William Makepeace Thackeray; anche qui, come per
il suo primo lungometraggio, colpisce soprattutto la capacità
tecnico-fotografica, che permette al regista di sperimentare la ripresa
in interni con la sola luce delle candele e delle particolari lenti,
realizzando delle inquadrature che sembrano dei veri e propri quadri.

Nel 1980 passa al film horror con Shining,
tratto anche questo da un romanzo, quello di Stephen King. E’
sicuramente una pietra miliare del genere horror, con splendidi
movimenti di macchina e con un’interpretazione magistrale di Jack
Nicholson in preda ad una follia omicida.
Con Full Metal Jacket del 1987, Kubrick torna al film di guerra, questa volta quella del
Vietnam. Anche qui, come in Orizzonti di gloria, ad emergere è il suo
antimilitarismo, il suo sarcasmo nel raccontare questa guerra.
L’ultimo suo capolavoro Eyes wide shut,
è del 1999 ed uscito nelle sale cinematografiche dopo la sua morte;
tratto dal romanzo Doppio sogno di Arthur Schnitzler, è un viaggio
psicosessuale interpretato da Tom Cruise e Nicole Kidman. Anche qui,
come in ogni suo film, a colpire è l’ottimo lavoro di regia, carrellate
leggere, colori intensi, colonna sonora toccante.
Dieci anni sono
passati dalla sua scomparsa, ma i suoi film sono e possiamo dire
saranno sempre tra le migliori opere cinematografiche mai realizzate;
un uomo, Kubrick, che realizzava le inquadrature con una precisione
meticolosa, ma senza farsi dominare dalle convenzioni hollywoodiane,
che costruiva il film partendo dalla fotografia, dai colori,
dall’illuminazione e dal rapporto tra immagine e musica, facendo in
modo che ogni suo lavoro fosse un insieme di inquadrature perfette che
lo spettatore deve interpretare.
Silvia Preziosi