Una delle cose più tristi che tocca fare a un cronista di spettacolo, è il dover
aggiungere settimanalmente un necrologio.
Passata la divina Deborah Kerr in
un momento di tale affastellarsi di morti che non ha avuto nemmeno il giusto
ricordo, appena salutato il venerabile Widmark, ecco che ora dobbiamo dare
l'addio a un altro grande vecchio, che sembrava immarcescibile nonostante il
brutto malanno che lo aveva colpito, e che lui stesso aveva denunciato prima di
sparire dignitosamente dalla circolazione, in attesa di chiudere gli occhi:
Charlton Heston.
Pensando ad Heston la prima cosa che viene in mente non è,
purtroppo, la bravura, ma la bellezza. Non per il semplice fatto che era
bellissimo, ma perché la sua era una bellezza che si imponeva sui ruoli: alto e
robusto in modo spettacolare, col volto virilmente scolpito, dotato oltretutto
di una voce fonda e sonante da brivido, era “condannato” a interpretare ruoli
atletici, eroici, biblici, con ampi spazi di nudità persino in epoche in cui la
nudità era proibita.
Dei circa 100 film che ha interpretato, i primi titoli
che saltano alla mente, infatti, sono “Ben Hur”, il suo film-simbolo e per il
quale ha vinto un premio Oscar, “I dieci comandamenti”, “Il tormento e l'estasi”
(più che di Michelangelo ha il fisico di una sua statua), il bellissimo “Il
pianeta delle scimmie”, ai quali si aggiungono poi una serie di western, bellici
e film d'azione varia e vario valore. Anche se negli ultimi 20 anni non ha più
avuto un ruolo da protagonista, ha comunque continuato a recitare tantissimo,
lasciando un'impronta anche in ruoli minori o addirittura camei.
Il film più
bello da lui interpretato è quello in cui è meno riconoscibile, “L'infernale
Quinlan” di Orson Welles, in cui coraggiosamente veste i panni di un onesto
poliziotto messicano, Vargas, riuscendo a risultare credibile, mentre il suo
ruolo che maggiormente amiamo è quello del maggiore Dundee nel film omonimo, in
italiano però assurdamente intitolato col nome del nemico da lui inseguito,
“Sierra Charriba”, di Sam Peckinpah: i conflitti interiori e il fanatismo del
maggiore sono resi alla perfezione, e i suoi scontri col prigioniero sudista ( e
gran signore) Richard Harris sono memorabili.
Impegnato politicamente, fu
negli ultimi anni presidente dell'associazione pro armi, il che lo espose a
facili attacchi dai soliti noti che lo etichettarono come destrorso ( e se
anche?), dimenticando la sua amicizia con Martin Luther King.