
Nato a Hollywood nel '36, John Arthur Carrradine, in arte David, aveva il cinema nel sangue. Suo padre John era più unico che raro nel saper alternare i grandi film di John Ford a pellicole horror di serie B; i suoi fratelli, fratellastri, figli e nipoti sono tutti nell'ambiente (spiccano, tra loro, Keith, che ha attraversato con grazia il cinema degli anni '70 lasciando un'impronta significativa, e il più oscuro Robert, coi quali ha recitato in “I cavalieri dalle lunghe ombre”). Eppure il rapporto con la settima arte è stato sempre oscillante, con lunghe “fughe”, anche a causa del carattere strambo di David, forse più interessato alle arti marziali che alla recitazione, perennemente contro l'establishement. Anzi, diciamolo francamente e con simpatia, il caro David era matto come un cavallo, basti pensare al suo progetto senza fine di fare un film sulla vita della figlia cominciando a riprenderla da piccola e via via filmando nel corso degli anni le scene in cui cresceva.
Comunque, alla fine aveva nel suo curriculum oltre una trentina di film da protagonista, alcuni anche molto validi ( “America 1929” di Scorsese, “Questa terra è la mia terra” nel ruolo di Woody Guthrie per il quale ebbe vari riconoscimenti, “L'uovo del serpente” di Ingmar Bergman, il già citato “I cavalieri dalle lunghe ombre”e l'estroso “Anno 2000, la corsa della morte”). Ma il ruolo culto, quello della vita oltre che della carriera, è quello di Kwan Chang Caine nella serie tv “Kung Fu”, che dura dal '72 al '75 per poi riprendere negli anni '80 come film e nei '90 come una nuova serie (“La leggenda continua”, andato in onda dal '93 al '97). Il suo ruolo di maestro di arti marziali cinesi (lo è anche nella vita, con tanto di cassette e libri sull'argomento) lo rende un idolo per Quentin Tarantino, che costruisce sulla sua carismatica presenza il film in due capitoli “Kill Bill”, il suo ruolo cinematografico più famoso e premiato.
Un ruolo che però non riesce a cambiargli la vita. Nonostante i numerosissimi impegni televisivi e cinematografici, sembra depresso. Muore a Bangkok, impiccato nella propria stanza d'albergo, pare chiuso in un armadio: gioco erotico finito male, omicidio o, secondo l'ipotesi della polizia thailandese, suicidio, è per ora un malinconico mistero