
“Feo,
fuerte y formal”: brutto, forte e gentiluomo.
Questo è l’epitaffio che ha voluto
far scrivere sulla propria tomba, un autoritratto
sintetico e perfetto.
Nato a Winterset, Iowa, il 26 maggio 1907, Marion
Michael Morrison, in arte John Wayne, cresce a
contatto colla natura. Quando il padre farmacista
si trasferisce a Glandale, California, John si
paga l’università giocando a football.
Il suo fisico atletico da orso buono non passa
inosservato a Hollywood, e presto comincia una
lunga serie di “stunt”, particine
e B-movies. Dopo circa 70 pellicole arriva John
Ford, il suo pigmalione: è il ‘39
e il film di cui è protagonista giovane
s’intitola “Stagecoach”, Ombre
Rosse. È il successo internazionale, inizio
di una carriera mitica che si concluderà
l’11 giugno 1979 per cancro (probabilmente
contratto per aver girato in una zona radioattiva
quello che è – amara ironia della
sorte – il suo peggior film, “Il conquistatore”),
dopo 3 mogli, 7 figli, 1 oscar e 3 golden globe,
e 180 film, di cui, dicono le statistiche, 142
da protagonista. Ha anche due regie all’attivo:
“La battaglia di Alamo”, che ha l’epicità
fordiana delle sconfitte eroiche, e il meno riuscito
“Berretti verdi”, fatto a brandelli
dalla critica liberal per ragioni ideologiche
(e certo fare un film pro intervento in Viet Nam
nel ’68 vuol dire colpirsi masochisticamente
come Tafazzi…).
Era un idealista vecchio stampo, un gran fumatore
e un gran bevitore (“Mai fidarsi di un astemio”),
un appassionato della vela e della pesca, innamorato
del Messico e dei cani. Nella sua omerica carriera
ha interpretato pellicole di guerra, d’avventura
e persino commedie romantiche (“La taverna
dei 7 peccati”, “Un uomo tranquillo”….),
ma il suo volto è divenuto il simbolo stesso
del West. Western sono alcuni capolavori da lui
interpretati (“Ombre rosse”, “Il
massacro di Fort Apache”, “I cavalieri
del Nord Ovest”, “Sentieri selvaggi”,
“L’uomo che uccise Liberty Valance”,
tutti di John Ford, e “Il fiume rosso”,
“Un dollaro d’onore”, “El
Dorado”, di Howard Hawks), western è
uno dei suoi ruoli-culto, Il Grinta, western è
il suo ultimo film, una sorta di autoritratto
e canto del cigno del genere (si reca al duello
finale in tram!), "Il pistolero" di
Don Siegel, western è il suo modo di muoversi
e pensare.
È un tipo coriaceo, ruvido anche quando
è in amore, galante anche quando è
brusco, con la vocazione a proteggere paternamente
donne ed amici. È sempre giusto, magari
duro e cocciuto, ma onesto. È l’incrollabile
colonna a cui appoggiarsi, quell’Uomo Vero
che vorresti aver sempre al tuo fianco, anche
se magari te le dà (davanti a una scazzottata
non si tira mai indietro, e stai sicuro che non
si fa mettere sotto). E quando la vita soverchia
le sue forze, sa affrontare a testa alta anche
la sconfitta. Perché è un Autentico
Eroe, quindi non uno che vince sempre come un
supereroe da fumetto, ma uno che esce moralmente
vincitore anche di fronte alla morte. È
uno che sa persino piangere: cosa che accade raramente,
ma vi assicuriamo che accade! E non gli manca
nemmeno l’ironia e la leggerezza….non
gli manca proprio nulla, nemmeno la bellezza.
No, il suo autoritratto non è perfetto,
su questo punto ha sbagliato: il suo volto squadrato,
scolpito nella roccia, è di una simpatia
e di un fascino che lo fan sembrare meraviglioso.
Peccato che di uomini così si sia perso
lo stampo!