Non è mai stato un bambino e non è mai stato un adulto.
Nel commentare l'improvvisa, anche sa da lungo tempo prevedibile, morte di Michael Jackson, stroncato a 50 anni da un arresto cardiaco alla vigilia della sua rentrée musicale, molti hanno messo sui piatti della bilancia esistenziale da un lato i 750 milioni di dischi venduti e il successo planetario che non lo ha mai abbandonato e che lo accompagna anche ora in questi momenti di sconcertato cordoglio, toccando la vera e propria venerazione; dall'altro la vita blindata, i processi infamanti, la crisi economica che ha polverizzato un patrimonio leggendario, i numerosi interventi chirurgici che lo avevano deturpato, le malattie.
Personalmente, sui piatti della bilancia metteremmo altre cose: da un lato, la sua capacità come cantante e uomo di spettacolo, grazie alla quale, da vero re del pop quale è stato incoronato dal suo pubblico, ha “transitato”il soul nero nel pop mondiale, erede in ciò del re del rock Elvis Presley che vent'anni prima ha sdoganato il rythm'and blues nel mondo musicale dei bianchi ( e non è forse un caso che Michael abbia sposato la figlia di Elvis); dall'altro il suo tormento interiore, la sua incapacità ada adeguarsi alla realtà, il suo sentirsi perennemente un freak, anche se angelico, tanto da disumanizzare il proprio aspetto esteriore.
A 7 anni era già una celebrità coi “Jackson 5”, a 13 un solista da hit parade: un'infanzia negata, peggiorata dai soprusi e abusi paterni. Dopo aver toccato l'apice, a 24 anni, con le vendite da record dell'album “Thriller”, Michael aveva già dato tutto, ma non aveva fatto in tempo a crescere, perché ancora doveva recuperare gli anni dell'innocenza.
Comincia così la sua mania di cambiare volto, solo inizialmente motivata da una malattia della pelle: in realtà cerca di cambiare identità. E si rifugia in quell'infanzia mai vissuta, circondandosi di bambini malati ai quali vuole donare un attimo di gioia col suo paese dei balocchi, dal significativo nome di “Neverland”, come la terra dei bimbi perduti di Peter Pan. Chi ha potuto accusarlo di pedofilia è corto di mente oltre che di cuore: come può essere pedofilo un bambino?
Ma il mito alimenta il mito, e ogni sua uscita, ogni disco, ogni concerto annunciato ( e mai portato a termine) registrano il pieno: il povero Jackson non sa se compiacersi di ciò o nascondersi. Quando ci è capitato di incontrarlo fugacemente, ci ha dato l'impressione di uno scricciolo spaventato, così piccolo e fragile. Per sua fortuna, il cuore, anch'esso fragile, gli ha evitato di dover affrontare la vecchiaia e un altro scampolo di realtà