
Il mondo del cinema è
in lutto. E’ scomparso uno dei registi più
originali ed “autentici” del cinema
contemporaneo. Anthony Minghella è infatti
deceduto al Charing Crose Hospital di Londra dove
era stato ricoverato per la banale esportazione
di una ciste al collo. Emorragia cerebrale: questa
la causa del decesso. Nato nel 1954 a Ryde, un
piccolo villaggio dell’isola di Wight, da
genitori di origine italiana e scozzese, Minghella
aveva dimostrato sin dalla più tenera età
la sua passione per la macchina da presa. Così
dopo gli studi umanistici e la laurea in Letteratura
conseguita presso l’Università di
Hull (North Yorkshire), decide di dedicarsi interamente
al cinema prima come drammaturgo ed autore di
testi, soprattutto per il teatro, e poi come regista.
L’esordio non è dei più entusiasmanti,
nonostante, sin dalle sue prime opere, Minghella
sia capace di rilevare un talento del tutto particolare,
del quale ben presto molti si accorsero. I primi
“riconoscimenti” arrivano nel 1984,
quando il giovane autore italo-scozzese riceve
a Londra il riconoscimento di drammaturgo più
promettente. Da quella data in poi la sua vita
sarà costellata da una serie di successi.
“Abbandonata” la penna, Minghella
decide seriamente di passare dietro la macchina
da presa. Così dopo le prime esperienze
che, negli anni 70’, avevano “inaugurato”
il suo esordio alla regia teatrale, con la direzione
di un adattamento di “Mobius the Stripper”
di Gabriel Josipovici, e con una serie di collaborazioni
con la Bbc e la Itv, nel 1986 arriva la prima
vera, grande occasione. “Made in Bangkok”,
anch’essa un opera teatrale, che gli frutta
un grande successo di pubblico e di fama, oltre
che al premio di “Miglior Opera Prima”
assegnatogli dalla critica londinese. La strada
per il successo si è ormai aperta e Minghella
si rivela un autore prolifero e ricco di originalità.
Nel 1990 realizza il suo primo lungometraggio,
“Trully, Maddly, Deeply”,
che gli vale anche un Bafta, ovvero l’Oscar
britannico per la migliore sceneggiatura originale,
ma la consacrazione come “grande”
del cinema mondiale arriva con “Il paziente
inglese”, una pellicola sulla quale
di certo molti avrebbero scommesso ben poco. Il
“progetto”, tratto dall’intricato
romanzo di Michael Ondaatje, non era certo di
facile realizzazione. Infatti il testo letterario,
lungo e alquanto complesso, mal si prestava ad
un adattamento cinematografico, ma Minghella non
si fece scoraggiare, anche perché fu “spalleggiato”
da veri e propri “pilastri” del cinema
d’autore come il produttore Saul Zaentz.
Il lavoro di “adattamento” portò
via più di un anno ma alla fine tutti gli
sforzi furono ricompensati. Il successo fu totale
su tutti i fronti. Non solo al botteghino dove
centinaia e centinaia di donne, ma non solo, accorsero
perché accecate dall’amore per l’enigmatico
barone Andrassy (alias Ralph Fiennes), ma anche
dalla critica:12 nomination e ben 9 Oscar vinti,
tra i quali, ovviamente, quello per la miglior
regia. Dopo la consacrazione nell’Olimpo
dei cineasta la carriera di Minghella fu un continuo
susseguirsi di successi, il che gli permise, e
non fu di certo cosa da poco, di prendersi una
serie di rivincite su tutti quelli che sino ad
allora non si erano accorti o avevano snobbato
le sue produzioni. Prima del planetario successo
de “Il paziente inglese”,
il giovane regista si era già cimentato
in opere importanti (“Il fantasma innamorato”
1991, “Mr Wonderful” 1993).
In seguito la sua produzione fu vastissima e continua,
tra cui spicca l’interessante rifacimento
di “Delitto in pieno sole”
di René Clement. Nel 1999 arriva infatti
“Il talento di Mr Ripley”,
tratto dal romanzo di Patricia Highsmith e largamente
girato in Italia, che gli valse 5 nomination agli
Oscar ma rimase, purtroppo, a mani vuote. Nel
2004 fu la volta di “Ritorno a Cold
Mountain”, ancora una volta un adattamento
cinematografico di un romanzo, quello di Charles
Frazier, che consegnò la statuetta di miglior
attrice non protagonista e un Golden Globe nella
stessa categoria a Renée Zelwegger, “riabilitandola”
da Bridget Jones. L’affermazione ad Hollywood
è ormai definitiva, ma Minghella decide
di trasferirsi in Inghilterra dove la sua attività
continua frenetica ancor più di prima.
In patria dirige l’oscuro “Complicità
e sospetti” con il collaudato duo Low-Binoche
e la commedia drammatica “The No. I
Ladies Detective Agency”, tratto dal
romanzo di Alexander McCall Smith. L’ultimo
progetto intrapreso riguardava ancora una volta
un adattamento cinematografico di un romanzo,
“The Ninth Life of Louis Drax”
di Liz Jensen. Purtroppo non sapremo mai se anche
questo lavoro era destinato a diventare un capolavoro,
perché la morte ha portato via troppo precocemente
un talento che non aveva ancora avuto l’occasione
di esprimersi totalmente.