Ricordo di Anthony Minghella

03/05/2008

Il mondo del cinema è in lutto. E’ scomparso uno dei registi più originali ed “autentici” del cinema contemporaneo. Anthony Minghella è infatti deceduto al Charing Crose Hospital di Londra dove era stato ricoverato per la banale esportazione di una ciste al collo. Emorragia cerebrale: questa la causa del decesso. Nato nel 1954 a Ryde, un piccolo villaggio dell’isola di Wight, da genitori di origine italiana e scozzese, Minghella aveva dimostrato sin dalla più tenera età la sua passione per la macchina da presa. Così dopo gli studi umanistici e la laurea in Letteratura conseguita presso l’Università di Hull (North Yorkshire), decide di dedicarsi interamente al cinema prima come drammaturgo ed autore di testi, soprattutto per il teatro, e poi come regista. L’esordio non è dei più entusiasmanti, nonostante, sin dalle sue prime opere, Minghella sia capace di rilevare un talento del tutto particolare, del quale ben presto molti si accorsero. I primi “riconoscimenti” arrivano nel 1984, quando il giovane autore italo-scozzese riceve a Londra il riconoscimento di drammaturgo più promettente. Da quella data in poi la sua vita sarà costellata da una serie di successi. “Abbandonata” la penna, Minghella decide seriamente di passare dietro la macchina da presa. Così dopo le prime esperienze che, negli anni 70’, avevano “inaugurato” il suo esordio alla regia teatrale, con la direzione di un adattamento di “Mobius the Stripper” di Gabriel Josipovici, e con una serie di collaborazioni con la Bbc e la Itv, nel 1986 arriva la prima vera, grande occasione. “Made in Bangkok”, anch’essa un opera teatrale, che gli frutta un grande successo di pubblico e di fama, oltre che al premio di “Miglior Opera Prima” assegnatogli dalla critica londinese. La strada per il successo si è ormai aperta e Minghella si rivela un autore prolifero e ricco di originalità. Nel 1990 realizza il suo primo lungometraggio, “Trully, Maddly, Deeply”, che gli vale anche un Bafta, ovvero l’Oscar britannico per la migliore sceneggiatura originale, ma la consacrazione come “grande” del cinema mondiale arriva con “Il paziente inglese”, una pellicola sulla quale di certo molti avrebbero scommesso ben poco. Il “progetto”, tratto dall’intricato romanzo di Michael Ondaatje, non era certo di facile realizzazione. Infatti il testo letterario, lungo e alquanto complesso, mal si prestava ad un adattamento cinematografico, ma Minghella non si fece scoraggiare, anche perché fu “spalleggiato” da veri e propri “pilastri” del cinema d’autore come il produttore Saul Zaentz. Il lavoro di “adattamento” portò via più di un anno ma alla fine tutti gli sforzi furono ricompensati. Il successo fu totale su tutti i fronti. Non solo al botteghino dove centinaia e centinaia di donne, ma non solo, accorsero perché accecate dall’amore per l’enigmatico barone Andrassy (alias Ralph Fiennes), ma anche dalla critica:12 nomination e ben 9 Oscar vinti, tra i quali, ovviamente, quello per la miglior regia. Dopo la consacrazione nell’Olimpo dei cineasta la carriera di Minghella fu un continuo susseguirsi di successi, il che gli permise, e non fu di certo cosa da poco, di prendersi una serie di rivincite su tutti quelli che sino ad allora non si erano accorti o avevano snobbato le sue produzioni. Prima del planetario successo de “Il paziente inglese”, il giovane regista si era già cimentato in opere importanti (“Il fantasma innamorato” 1991, “Mr Wonderful” 1993). In seguito la sua produzione fu vastissima e continua, tra cui spicca l’interessante rifacimento di “Delitto in pieno sole” di René Clement. Nel 1999 arriva infatti “Il talento di Mr Ripley”, tratto dal romanzo di Patricia Highsmith e largamente girato in Italia, che gli valse 5 nomination agli Oscar ma rimase, purtroppo, a mani vuote. Nel 2004 fu la volta di “Ritorno a Cold Mountain”, ancora una volta un adattamento cinematografico di un romanzo, quello di Charles Frazier, che consegnò la statuetta di miglior attrice non protagonista e un Golden Globe nella stessa categoria a Renée Zelwegger, “riabilitandola” da Bridget Jones. L’affermazione ad Hollywood è ormai definitiva, ma Minghella decide di trasferirsi in Inghilterra dove la sua attività continua frenetica ancor più di prima. In patria dirige l’oscuro “Complicità e sospetti” con il collaudato duo Low-Binoche e la commedia drammatica “The No. I Ladies Detective Agency”, tratto dal romanzo di Alexander McCall Smith. L’ultimo progetto intrapreso riguardava ancora una volta un adattamento cinematografico di un romanzo, “The Ninth Life of Louis Drax” di Liz Jensen. Purtroppo non sapremo mai se anche questo lavoro era destinato a diventare un capolavoro, perché la morte ha portato via troppo precocemente un talento che non aveva ancora avuto l’occasione di esprimersi totalmente.

Lucia Cocozza