
“Bye
bye life, bye bye happiness...” cantava
in All that jazz, sulle note di “Bye bye
love”. E così bye bye Roy. A 75 Roy
Scheider se ne è andato in silenzio. Era
un po' che non lo si vedeva sul grande schermo,
l'ultima che mi ricordo è stato in un film
italiano misconosciuto, Texas 46, diretto nel
2002 da Giorgio Serafini, nel quale è il
coprotagonista a fianco di Luca Zingaretti, ed
era passato anche per Busto Arsizio a presentarlo:
è lì che lo abbiamo incontrato,
estremamente disponibile.
Ma negli anni '70 il suo volto magro, angolare,
col naso caratteristico era quasi inevitabile
in certo cinema semi indipendente, di grandi registi
alle prime armi. Il primo film a cui lo si associa
è, ovviamente, “Lo squalo”,
anche se il suo primo ruolo importante è
nello straordinario “Il braccio violento
della legge” . Ma è dopo il successo
di quello che resta il capolavoro di Spielberg
che la carriera di Scheider ha un'impennata: un
anno dopo l'altro ecco Il maratoneta, Il salario
della paura, Lo squalo 2, Il segno degli Hannan,
All that jazz (la sua più grande interpretazione,
alter ego fascinoso e insopportabile di Bob Fosse),
Una lama nel buio, Tuono blu, 2010 l'anno del
contatto. Dalla metà degli anni '80 comincia
un po' a rallentare le sue apparizioni, o ad avere
ruoli comprimari, anche se ancora si ricorda con
piacere in film come Men's club, Le strade della
paura, Il pasto nudo o Triplo gioco.
Gentile e riservato non è mai stato un
personaggio da tabloid. Basti pensare che non
è morto a Los Angeles o New York, ma nella
più provinciale Little Rock. Anche per
questo suo saper non apparire lo ringraziamo.