Se c'è un film, su tutti, che salta subito alla memoria per “identificare” Tony Curtis è “A qualcuno piace caldo”, il capolavoro di Billy Wilder interpretato accanto a Jack Lemmon e Marilyn Monroe in cui è uno e trino: è infatti un sassofonista squattrinato che si finge una musicista femmina e al contempo si finge un miliardario. Così la carriera di Tony Curtis viaggia su tre binari: i film “atletici” in cui sfoggia la propria bellezza; le commedie, in cui sfoggia il talento di attore leggero; i drammi (per lo più a sfondo sociale), che gli dan modo di dimostrare anche uno spessore interpretativo in più, anche se non apparterrà mai allo stile Actor's Studio, tipico dei suoi coetanei, ma resterà nella memoria essenzialmente come interprete brillante e dolcemente virile.
Nato nel Bronx il 3 giugno 1925 come Bernard Schwartz, figlio di un sarto ungherese, ex marine, Curtis, come tutti gli attori della sua generazione, si avvicina alla recitazione attraverso la trafila Accademia d'Arte Drammatica-Teatro-Particine al cinema non accreditate. Nel '49 è accanto a Burt Lancaster, col quale reciterà spesso, in “Doppio gioco” e nei tre anni successivi apparirà in numerose altre produzioni Universal senza che il suo nome riesca a sfondare: ma, poco a poco, quegli occhi incredibilmente azzurri cominciano a bucare lo schermo finché nel '53 ha il suo primo ruolo da protagonista, in “Il mago Houdini”, in cui recita accanto alla moglie di allora, Janet Leigh (da cui ha la figlia Jamie Lee, che ha con successo seguito le orme dei genitori).
Tra il '56 e il '60 abbiamo le interpretazioni più significative di Curtis (e la sua ribellione agli studios): “Trapezio”, “I vichinghi”, “Piombo rovente”, “Licenza a Parigi”, “La parete di fango”,“A qualcuno piace caldo”, “Operazione sottoveste”, “Spartacus”. Nel decennio successivo si adagia su commedia più “alimentari”, anche se spiccano titoli come “La grande corsa” di Blake Edwards e una delle sue interpretazioni drammatiche più sensazionali, “Lo strangolatore di Boston”, mentre è intento a divorziare dalla Leigh per sposare Christine Kauffman, da cui avrà due figlie e da cui divorzierà poco dopo. Gli anni '70 lo vedono rivolgersi alla tv, con la serie culto “Attenti a quei due” che ne rinverdisce la fama in un momento, quello della mezza età, che potrebbe essere di declino, mentre è del '76 il suo ultimo film importante, “Gli ultimi fuochi”.
Seguono altri quattro matrimoni (Leslie Allen, 68-82, Andrea Savio, 84-92, Lisa Deutsch, 92-93, e Jill Vandenberg, sposata nel 98 e sua compagna fino alla fine), altri due figli, un attacco di cuore, varie comparsate al cinema (alla fine i film interpretati saranno 122) e in televisione, un ritorno di fiamma per il teatro (nella versione di Broadway di A qualcuno piace caldo avrà il ruolo del “vecchio pomicione” Osgwood Fielding III), la passione per la pittura (le sue opere vengono esposte al Museo d'arte moderna di New York...).
Era detto essere l'erede di Cary Grant: ma chi può essere, oggi, l'erede di Tony Curtis?