Ci sono grandi registi estremamente poco prolifici:
Terrence Malick, 3 film in 30 anni; Sergio Leone, 7 in 25; John Milius, 8 in
29; Michael Cimino, 7 in 28…Ecco,
parliamo di quest’ultimo, epica mosca bianca, uno dei pochi rimanenti “uomini
veri”, oggetto di culto sospetto da parte di cinefili nostalgici, castigato da
Hollywood. 1974: Una calibro 20 per lo specialista. C’è Clint Eastwood al
massimo dello splendore, un giovane esordiente Jeff Bridges, un tono tragico,
duro ed enfatico che getta il genere gangster nel mito del West. Potrebbe
averlo diretto Dom Siegel, John Huston o Raoul Walsh, invece il regista è un
ragazzino di origine italiana al suo esordio…1978: secondo tentativo, “Il
cacciatore”, ed è’ subito capolavoro. Personaggi ed emozioni indelebili, un
Vietnam come mai è stato filmato e mai lo sarà più, attori che passano
dall’anonimato all’Olimpo. E Michael entra nel mito ( i 4 moschettieri
italoamericani della rinascita del cinema, li ricordate? Scorsese, Coppola, De
Palma, Cimino). Due anni dopo “I cancelli del Cielo” è atteso dalla critica con
ansia e pistole puntate…un colpo solo….e, bang!, il film è stupendo, (quasi)
all’altezza del precedente…ma è costato troppo. È questa l’unica cosa che
conta. È costato troppo, e troppo poco ha incassato: se vuoi essere
artisticamente indipendente, non puoi farlo rischiando – e perdendo! – i soldi
altrui. La Fox fallisce, e Michael con lei. Nei successivi 22 anni, Cimino può
realizzare solo 4 film: L’anno del dragone (carico di amarezza e di pathos, ma
puntualmente accusato di razzismo e disfattismo), Il siciliano (accolto con
scherni e lazzi), Ore disperate (caduto nella totale indifferenza), Verso il
sole (praticamente mai distribuito). Domanda: può un remoto flop commerciale
giustificare tanto ostracismo? Non sarà boicottato per altre ragioni, per esempio perché è di
destra, o perché è un transessuale (niente malignità, prego: la causa è una cura
ormonale per combattere il cancro)? O semplicemente per lo stile stesso dei suoi film, così
magniloquenti, dai sentimenti così spudorati, i tempi così dilatati, gli
scontri così violenti? A Hollywood il genio non è perdonato. La sorte di
Michael ricorda troppo da vicino quella
di Orson Welles, nume tutelare del
nostro magazine. Film realizzati liberamente: 2 ( Quarto Potere, il primo, e La
signora di Shangai). Film realizzati con travaglio, manipolazioni,
interferenze: 10 (contando due produzioni televisive). Film affossati,
abortiti, mai cominciati: e chi li conta più? Le accuse: troppo genialoide,
egocentrico, spendaccione, irresponsabile, visionario, barocco, eccessivo,
presuntuoso. Persino antipatico. Così plotoni di addetti alla produzione si
sono vendicati tagliando fondi, e metri di pellicola. Almeno Cimino ha potuto
realizzare i film come voleva lui e non rimontati a capriccio da estranei, ma
in compenso le pellicole sono state condannate dalla distribuzione.
Abbiamo all’inizio citato Malick. Dopo l’insuccesso
commerciale de “I giorni del Cielo” ( titolo inquietantemente simile a quello
del “film maledetto”….) si è ritirato a vita più o meno privata per vent’anni,
alternando le lezioni di filosofia in Università ai ricoveri in clinica
psichiatrica, fino alla realizzazione de “La sottile linea rossa”. Ma su
persone come Cimino e Welles, per cui il cinema è una ragione di vita, simili
dolori e frustrazioni lasciano il segno anche nel fisico. Della mutazione di
Michael e della sua ragione abbiamo già accennato; ma che dire del delizioso “enfant
prodige” dai riccioli neri trasformatosi in uno spaventoso Dio di 150 chili?
Così se il primo ha trovato parziale consolazione nella letteratura, al secondo
nemmeno la frequentazione di donne bellissime ha potuto lenire l’animo ferito
dal rifiuto, esacerbato dall’esilio, chiuso nella fiera consapevolezza della
propria superiorità. Welles come Marlon Brando, altro devastato “diverso” a cui
si adatta il motto troppo vero: “Il genio è dolore”.