
Il nome di Frank Miller non è più solo una garanzia nel mondo del fumetto, ormai
lo è anche per il cinema. Dopo il piacevole stupore generato dal lavoro
filologico compiuto da Robert Rodriguez su "Sin City", in molti avevano
cominciato il conto alla rovescia per questo "300", ma alla regia c'era il meno
conosciuto Zack Snyder (la sua opera maggiore è "L'alba dei morti viventi",
riuscito remake di "Zombi") e le tavole lasciavano molto spazio a un dubbio: e
questa scena, come renderà al cinema? Non si trattava più solo di trasportare
volti e "inquadrature" su un blue screen, utilizzando il libro come uno story
board, si trattava di dare azione a tutte quelle frecce, a quel sangue che
spiccava sulla pagina seppia, ai mantelli rossi aperti nel vento, alla tragedia
incombente.
La scommessa è riuscita, e se qualche deficente ha cercato di
buttarla sulla politica (la dichiarazione"Questo film equivale a un atto di
guerra contro l'Iran, perché gli iraniani discendono dai persiani, che qui fanno
una brutta figura" è da camicia di forza!), peggio per lui: ha attirato al
cinema anche quelle persone che magari di fumetti non se ne intendono.

Persone che potrebbero anche rimanere deluse dal film in sé: trama e psicologia dei personaggi sono esili come promesse, e manca , ahimé, anche se continuamente declamato, quel tragico senso di epico sacrificio che costituisce l'epopea degli sconfitti (si può essere più eroi perdendo che vincendo, e per questo i 300 spartani, giovani e forti, per noi sono un mito di rara bellezza). Ma questo è il fumetto. Sarebbe come rimproverare a un film tratto da Anna Karenina che non c'è un lieto fine: così è il romanzo. E così, tutto sangue, frecce e azione ( e i persiani che le buscano, e non ci fosse il traditore forse perderebbero) è il fumetto di Miller - o, se vogliamo, anche il linguaggio fumettistico in genere, più attento alla grafica (il mezzo di comunicazione) che ai contenuti. Quel che si richiede a un buon film "in assoluto" è di unire il segno grafico a una storia e a dei caratteri pregnanti (e, da quando esiste il sonoro, anche a dialoghi di buon livello); quel che si richiede a un film tratto dai comics è che la soluzione di immagini corrisponda a quella scelta dall'autore del fumetto. Pensate a pellicole come "Il corvo", "From Hell" o "Old boy": anche ignorando il fatto che c'è un romanzo a fumetti alla base, si percepisce immediatamente, nel taglio delle inquadrature e nel montaggio, l'origine della storia. Cosa che invece manca totalmente, per esempio, nei film su "Batman" (anche in quelli migliori), che non si ispirano più a tavole e strisce specifiche ma al personaggio in generale e cercano, anzi, di dargli un appeal differente, appunto cinematografico (è il motivo del fallimento quasi generale dei film tratti da serie di comics e non da romanzi conclusi). Se la sceneggiatura è quasi ridicola, effetti e mostri sembrano presi dagli avanzi del Signore degli anelli e la Storia va a farsi benedire, d'altro lato la particolarissima e suggestiva colorazione, le battaglie, i fondali dipinti e la plasticità delle immagini, che trasformano in pratica il film in un cartone animato interpretato da attori in carne e ossa, sono figurativamente indimenticabili. Va bene così.