
A colloquio con Maurizio Macale, autore di Un amore sempre più blues (Bastogi, 2006). In chiusura, il contributo di Andrea Bocelli.
Zucchero muove i suoi primi passi nel mondo musicale agli inizi degli anni Ottanta: nel 1981 vince il Festival di Castrocaro e partecipa al Festival di Sanremo, mentre nel 1983 fa il suo esordio discografico con l'album Un Po’ Di Zucchero. Da cosa furono segnati questi suoi inizi?
Sarebbe strano – o no? – che tutto per Adelmo ‘Sugar’ Fornaciari sia iniziato grazie a quell’ oramai celebre studente straniero di Veterinaria a Bologna che gli insegnò i primi rudimenti di suono di una evidentemente già nella propria anima amata chitarra, grazie a cui, in tal modo, Zucchero potè iniziare a strimpellare Beatles, Rolling Stones e Bob Dylan ?
Certo, occorre anche ringraziare Don “Tagliatella”, il così soprannominato dai ragazzi Parroco della natìa Roncocesi ( non lontano da Reggio Emilia), che, in cambio dell’ospitalità che lo stesso riceveva in famiglia Fornaciari, ma non solo per quello, gli permetteva all’alba o dopo il tramonto – a chiesa chiusa – di suonare il bell’organo della chiesa…
Trasferitasi la famiglia a Forte dei Marmi nel fatidico 1968, la vita di Zucchero cambiò inevitabilmente in tutti i sensi: in quanto, in effetti, egli potè misurare la caratura del proprio valore suonando effettivamente e dal vivo nei localini anche in quanto scrittore di canzoni. Non solo: dunque, dava vita a gruppi come “Le Nuove Luci”, che andava suonando nelle varie balere della zona , o ai “Sugar & Daniel” (Daniele cantava, Zucchero suonava la chitarra e il sax) fino al 1978 o, ancora, ai “Sugar & Candies “. E’ a partire da questi ultimi che Zucchero scopre di sapere essere anche scrittore di canzoni. Certo, all’italiana, almeno per il momento, anche se già allora il suo grande amore era il BLUES. Per quanto attiene alla tradizione ancora melodica , Fred Bongusto lo aiuta: per lui Zucchero scrive Tutto di te, poi, ancora, scrive per il melodico Michele Pecora, il quale, grazie alla canzone Te ne vai , ottiene un grande successo estivo, per cui si inizia a parlare di questo giovane e promettente autore emiliano. A Zucchero si aprono le porte del, per così dire, genere musicale ‘commerciale’, il che non è poco per uno che, come lui, ha già deciso di nascosto di dedicare tutta la propria esistenza alla musica e all’arte. Infatti, tra l’altro, pur essendo infine ad un passo dalla Laurea in Veterinaria, in realtà non si laureò mai.
Nel 1981 il sempre molto attento patron Gianni Ravera, alla perenne ricerca di talenti, lo invita caldamente, incuriosito dalla di lui voce, a iscriversi al Festival delle Voci Nuove di Castrocaro Terme: Zucchero vince come interprete. Ottiene un contratto con la Polygram e nel successivo 1982 prende parte come concorrente a Sanremo: pur non ottenendo un successo entusiasmante, però Zucchero ci tornerà almeno altre tre volte, in fondo, va detto, sapendosi accontentare di non eclatanti successi (ma sempre, al contrario, con buone affermazioni in termini di vendita di dischi).
Va bene, in ogni caso, come autore: qualche successo per Stefano Sani, allora in voga, e per la bella voce di Donatella Milani.
Nel 1983, finalmente, incide l’album – ancora acerbo ? – Un po’ di Zucchero , forse troppo facilmente la PolyGram equivocando sul suo soprannome. Resta come dire un po’ troppo e disegualmente fermo nelle vendite, stentate e non all’altezza delle sue aspettative. È, del resto, solamente il suo primo album ma, come si vedrà, non è il suo vero primo disco. Infatti la sua altamente e profondamente sentita opera prima sarà la… seconda : in quanto , presentando a Sanremo, nel 1985, la assai bella e suggestiva Donne (di Alberto Salerno e Zucchero) con la ottima “Randy Jackson Band” – pur sempre con una affermazione stentata alla ‘sanremese’ – otterrà, subito dopo, con la Polydor, la incisione della sua vera opera prima ( ma è per l’appunto effettivamante la seconda ). Ma ecco… è il tempo, finalmente, dell’album Zucchero & The Randy Jackson Band, contenente ancora la bella Donne : è proprio da lì che partirà lo start di Zucchero che dura – magnificamente – fino a questo momento. Album a metà, ancora tra pop, rock, blues e Rhythm & Blues (anche più di una punta di melodico). Ma già è l’inizio inarrestabile di quell’ “ogni colpo un centro!” cui Zucchero ci ha nei decenni ormai abituato.
Nel 1985 Zucchero & The Randy Jackson Band, il cui brano di punta Donne viene presentato ancora una volta al Festival di Sanremo: come si ripropone sul mercato Zucchero per l’occasione?
Va detto: Zucchero si propone – e si ripropone – con il precedente album come il portatore e l’assertore di un sound che in Italia mancava ancora. Quel senso pieno e corposo di blues afroamericano e per certi versi cubano, quella diversa sonorità cui lui riesce a fornire testi tendenti , per la loro non-letteraria brevità e folgorazione, a configurarsi come nella lingua inglese, pur essendo scritti in Italiano. Dunque soul , R&B, reggae , uso di fiati e di ritmiche fondamentali e scatenanti.
Non va, d’altra parte, trascurata la circostanza di chi sono gli arrangiatori, orchestratori ed esecutivi e producers dell’ album Zucchero & The Randy Jackson Band: Fio Zanotti, noto maestro concertatore e compositore, spesso al centro di bei successi canori e musicali degli artisti più vari, ma soprattutto Elio D’Anna e Corrado Rustici, chitarrista (fratello di Danilo Rustici, anch’ egli una grande chitarra). Questi ultimi avevano – maxime Danilo, in quanto Corrado era arrivato un poco più tardi e se ne era uscito presto – dato vita al pittoresco gruppo progressive dei napoletani “Osanna” ( si ricordino, per tutti, L’Uomo e Canzona, la suggestiva There will be time , contaminanti il repertorio della classica ed il rock: era, del resto, l’ epoca delle grandi elaborazioni artistiche e delle sperimentazioni in cui, fenomeno miracoloso, il progressive italiano non aveva molto da invidiare a quello britannico, sempre con il profondo ed assoluto rispetto da dover tributare ai mitici, favolosi “Genesis” .
Tra l’altro, dovendo lavorare in quel periodo – il 1985, anno dell’ album – Elio D’Anna in California e per di più dovendo, anzi, collaborare discograficamente con il valido bassista Randy Jackson e con la di lui band, il medesimo D’Anna riuscì ad entusiasmare il bassista USA intorno ad un progetto che lui aveva in cantiere con l’ancora non noto Zucchero, che D’Anna cominciava davvero in ogni caso ad apprezzare per il coraggio e la forza dell’artista di Roncocesi. Peccato che la Polydor non trovasse il coraggio, infine, di finanziare il progetto di creare un album con Zucchero direttamente negli USA. Ma Zucchero, sappiamo, non ebbe bisogno di tale slancio americano: egli ha, infatti, avuto più partecipazioni ordinarie e straordinarie – oltre che vendite di dischi in numero da paura! Più di 55. 000. 000 ! di copie – oltre che più premi universali davvero di quasi chiunque altro…
Non è da dimenticare, infine, il modo popolare e popolano – umile in ogni caso – con il quale Zucchero assai giovane si presentò sul paludato palco di Sanremo, proponendo la sua dolce Donne : cappelletto di lana in testa e maglietta; la mise di uno che, non volendo imporre affatto il proprio successo, si pone come chi è pronto a imparare e a continuare umilmente a crescere. Un posto in fondo alla classifica – ahinoi! – ottenne Donne sul palco dell’Ariston. Ma cominciarono, invece, a fioccare esaltanti i dati commerciali di vendita dei dischi. Un brano decisamente funky stava, invece, sul lato B del relativo 45 giri : Ti farò morire ( di Alberto Salerno e Cheope ), che, va detto, dà l’impressione, ad un ascolto attento, di essere arrangiata in una piacevolissima forma mossa luciobattistiana. Il che nobilita, ove servisse, il pezzo.
E’ doveroso ricordare una assolutamente suggestiva – è da non perdere, si trova su You Tube – riproposizione/re-interpretazione ‘ a cappella’ di Donne nel 1995 da parte dei bravissimi “Neri per caso”.
Quanto furono importanti Rispetto (1986) e Blue’s (1987) per la definitiva consacrazione di Zucchero?
Serve, a questo punto, ricordare che Rispetto (1986) richiama la forte Respect della validissima regina Aretha Franklin e che Solo, seduto sulla panchina del porto, guardo le navi partir richiama la deliziosa , da tutti amata, Sittin’ on the Dock of the Bay dell’ indimenticabile Otis Redding ?
Di sicuro c’è che entrambi i detti brani di Zucchero appartengono al già abbastanza maturo album 1986 Rispetto, sulla cui copertina campeggia con la sua cresta punk già arrabbiata, chiedendo ed esigendo profondo rispetto, una poco più che neonata figliola secondogenita di Zucchero, la futura ottima cantante, interprete e autrice Irene Fornaciari. Vi è la partecipazione per la quarta volta a Sanremo di Zucchero con Canzone triste (Canzone d’amore) con una 21esima e penultima posizione. Ma che successi di vendita!. In poco tempo l’album tocca le 350.000 copie.
Finalmente ci troviamo di fronte a sonorità davvero – e definitivamente – RHYTHM & BLUES: da non dimenticare Nuovo, meraviglioso amico , umilmente dedicata da Zucchero al suo idolo e ‘amico’ di sempre Joe Cocker, con il quale potrà duettare nel 1987 in ben tre concerti per promuovere il corposo e denso album Blue’s , per di più finalmente riuscendo a cantare con il grande Joe la indimenticabile, beatlesiana With a little Help from my Friends . Tutti i brani dell’album Rispetto sono firmati da Zucchero medesimo tranne la bellissima Come il sole all’ improvviso , il cui testo è firmato da Gino Paoli.
Rispetto album e brano nasce dopo una forte e oramai nota lite con Giulio Rapetti Mogol, sulla quale anzi, e va detto, Zucchero non ha mai calcato la mano negli anni, limitandosi a sostenere che vi furono diverbi seri, differenti visioni della impostazione: Mogol si sarebbe dovuto occupare dei testi dell’intero album, progetto che, alla fine, dati i contrasti con Zucchero, abbandonò.
Dall’andamento generale soul e R&B su cui risulta piacevolmente impostato, l’album si distacca soltanto nel breve intermezzo di orchestra d’archi e voce nel bel brano Una ragione per vivere : con un risultato – e nel pezzo singolo e nella globalità del disco – effettivamente assai eufonico e piacevole. Complimenti! Una carriera in progress.
Blue’s - è il 1987 – vince, intanto, il Festivalbar. Poi significa 1.300.000 di copie vendute in Italia e 7.000.000 nel mondo: fino al 1989 risultava l’ album più venduto dell’ intera storia della canzone italiana. Infine è davvero un gran bell’album, di entusiasmante ascolto, per la presenza di brani rimasti nella storia quali Con le mani ( profondo testo di Gino Paoli ), Senza una donna (da Zucchero composta pensando ad una vita da single), Dune mosse , di effettiva grande suggestione, Hey Man ( ancora un forte testo di Gino Paoli ), l’ autoironica Pippo, ancora l’intensa Non ti sopporto più . Lo strano – ma assai forte e ritmico – brano Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione cattolica risulta ispirato, si dichiarazione dello stesso Zucchero, su una frase che nei non del tutto lontani anni della scuola superiore, diceva spesso ai ragazzi un suo professore. Dune mosse è l’autentico capolavoro dell’ album: nel 1988 finirà, ma soltanto in intensa versione strumentale, nella colonna sonora del film, interpretato da Giancarlo Giannini, Snack Bar Budapest , regia di Tinto Brass.
E’ bello sapere che il grande Miles Davis restò colpito nel profondo dall’ascolto di Dune mosse, al punto che chiese a Zucchero di potere interpretare il brano insieme a lui. E’ solo l’inizio? Ma già Zucchero aveva da qualche tempo cominciato il suo bel cammino di collaborazioni e interpretazioni in coppia con i più grandi calibri della musica blues mondiale. Un cammino che diventerà sempre più denso e importante: con artisti tipo Eric Clapton, B. B. King, Sting e Pavarotti.
Negli anni Novanta Zucchero suona insieme a Eric Clapton in un tour che attraversa l'Europa, esibendosi anche al Cremlino (1990), ed è invitato ad una serie di eventi di grande rilievo, tra cui il Pavarotti International (1992) e il Festival jazz di Montreux (1997): quanto furono importanti queste esibizioni live per la sua affermazione sulla scena internazionale?
Inizia nel 1989 un tour inteso a portare in giro il nuovo album dal caratteristico – e un poco dissacrante – titolo Oro Incenso e Birra : nel non breve itinerario artistico che inizia da Padova e si conclude a Cava dei Tirreni , Zucchero , in due di tali concerti, riesce a cantare in duetto con Joe Cocker e Miles Davis, ancora con Ray Charles – che disse di lui grandi cose -, Dee Dee Bridgewater ed altri. Il 28 settembre 1989 all’ ex Mattatoio di Roma si tiene una serata speciale in cui Zucchero ospita Eric Clapton, Paul Young , la Bridgewater e Clarence Clemons.
E’ da allora che prende inizio una frenetica attività di collaborazioni con gli artisti più importanti al mondo della scena blues, R&B , soul e anche rock , oltre che collaborazioni con artisti della lirica come Luciano Big Pavarotti.
Zucchero è il primo artista occidentale a poter suonare al Cremlino dopo la caduta del Muro di Berlino: sono in tutto due esibizioni acclamatissime, intese anche quale segno di liberazione dai giovani e meno giovani che, oltre cortina, hanno la fortuna di parteciparvi. Il 09 Dicembre 1990 il secondo Concerto va in onda su Rai Due.
Il 1992 insieme al grande Pavarotti ( è il “Pavarotti International” ) è l’anno di Miserere : bello, intenso, inaspettatamente efficace, grande fusion, bel suono e migliore interpretazione, nel più elevato solco della contaminazione artistica tra i generi – e tra le abilità artistiche ed interpretative! -… Zucchero era riuscito a convincere persino un Pavarotti inizialmente riluttante di fronte a tale idea, facendogli ascoltare un significativo provino del pezzo. E’ da dire che, però, il successo commerciale di tale complessa operazione non fu all’altezza delle aspettative, data l’ importanza dei due personaggi. Non va dimenticato che, per parlare ancora di lirica, Zucchero lanciò l’Andrea Bocelli degli inizi scrivendogli una parte dei testi del primo album della sua inarrestabile carriera, il bel Il mare calmo della sera .
Su invito di Dan Aykroyd, Zucchero si esibisce alla House of Blues di Myrtle Beach ( è il 45mo compleanno di Belushi ), accompagnato dalla Blues Brothers Band. E John Belushi e Aykroyd ballarono sul palco indossando i classici abiti dei Blues Brothers ( il film ).
Nel 1997 , al Festival Jazz di Montreux, unico italiano prendente parte a tale Festival dopo, nel 1991, i Litfiba , Zucchero potè esibirsi dopo il mitico Little Richard, cui insieme al grande Elvis Presley si attribuisce la nascita, negli anni Cinquanta, del rock’n roll.
Si può ben comprendere la importanza per la carriera di Zucchero di tutti questi – e mille altri - partecipazioni, duetti , collaborazioni, inviti e quant ‘altro: non che ne avesse specificamente bisogno ma va detto che servirono ad imporre il suo nome come quello di chi aveva compiuto lo sforzo - immane – di far entrare anche l’Italia, classicamente letteraria e dalla rima facile, nel gioco mondiale della musica che conta e che, senz’ altro, riempie spirito e anima ( soul ) e corpo.
Si consolidano la stima e l’apprezzamento internazionali per il grosso artista emiliano che, nel frattempo, mai dimentica le proprie radici nei buoni e validi sentimenti della gente semplice e lavoratrice quale è quella della sua terra. E, poi, il senso della terra – sì, quella da arare e su cui versare il sudore – è il medesimo dello sforzo per vivere dei veri bluesmen : pensiamo a quanto questi canti soul & spiritual alleviarono la infame fatica che gli ottusi bianchi sfruttatori e razzisti imponevano ai neri, intesi solo come schiavi e carne da cannone…
Evviva Zucchero che ha ridato in Italia un’anima ad un tipo di musica che pareva estranea alle sue radici e che, invece, ne costituisce una parte genuina ed ineliminabile : si stùdino, del resto, le ritmiche di tanta musica contadina e popolare in Italia e ci si renderà conto che le radici sono le stesse. Grazie Zucchero, profondamente apprezzato da artisti e da sensibilità di tutto il mondo…
Da Spirito DiVino (1995) a Bluesugar (1998), da Shake (2001) a Zu&Co (2004), da Fly (2006) a Chocabeck (2010), cosa possiamo trovare delle costanti di Zucchero nei suoi lavori successivi?
Il discorso artistico-musicale di Zucchero prosegue dalla metà degli anni Novanta fino a questi nostri anni , secondo alcuni critici con fasi alterne dal punto di vista della resa artistica, quasi vedessero in lui un ripiegamento verso tendenze più di mercato ( pop ) che veramente sentite, ma a sapere ben ascoltare, non sembrerebbe affatto diminuito l ‘entusiasmo interpretativo e creativo dell’artista emiliano. Infatti, pur con naturali alti e bassi, invece si possono trovare nelle sue ultime opere delle perle e dei tentativi di contaminare ancor più il tessuto creativo, con ad esempio la chiamata del poeta Pasquale Panella nei testi oltre che di altri cantautori .
Spirito DiVino : è il 1995, l’ album contiene il curioso Per colpa di chi, con Zucchero che , con molta fantasìa tipica di un bluesman , sembra assumere la voce e l’espressione di un galletto che lancia il suo “chicchirichì” come curioso intercalare. Secondo qualche ’delicato’ critico musicale, qui Zucchero, nel cedere ad esigenze prettamente commerciali, si compiace troppo di effetti che snaturerebbero la sua vera essenza musicale e artistica. Ad ognuno il suo pensiero, ma qui sono presenti anche altri brani di tutto rispetto come Pane e sale ( magnifico testo di Francesco De Gregori) , Alleluia (testo di Jovanotti), Così celeste , Il volo. 10 ( dieci ! ) dischi di platino e alcuni brani tradotti anche in inglese.
Bluesugar : 1998. Qui Zucchero presenta addirittura una collaborazione con il poeta romano Pasquale Panella, che con il testo di Sere d’Estate introduce un meraviglioso, rivitalizzante senso di spaesamento futurista e di dolcezza crepuscolare in un disco che contempla ancora alti risultati come Blue, Puro amore e You make me feel loved.
Shake : 2001. Viva il pop, se ha esiti come quelli garantiti da Zucchero in questo album, che contiene, nondimeno, la sua classica vena blues/R&B. : Baila, Sento le campane, Dindondìo, Ahum… Quasi trecentomila copie del disco vanno via già quasi solo a prenotazione… Esiti alterni ma, nel complesso, un bell’ album e ben realizzato.
Zu & Co : 2004 . Particolare lavoro, complesso ed importante, di rivisitazione e di remixaggio di brani del passato. Il grande Baboomba e Indaco dagli occhi del cielo ( remixato e riarrangiato dal brano dei The Korgis) sono i due brani nuovi. Zucchero lo presentò alla Royal Albert Hall di Londra, stante l’ importanza che, per il suo futuro, rivestiva tale attenta rivisitazione.
Fly .: 2006 . Un cambiamento – in armonia, comunque, ai brani come presenti nello specifico album e al ‘nuovo’ sentimento di Zucchero – .
Un brano ‘straniante’ come Bacco perbacco, un suggestivo Occhi, molte ballate e collaborazioni d’autore, nel senso proprio della migliore canzone d’autore ( con Ivano Fossati, assoluta garanzia, con Lorenzo Jovanotti , ecc). Di nuovo – e in ben due testi – la presenza piacevolmente spiazzante di Pasquale Panella ( non dimentichiamo che fu ben Panella a instaurare la grande, pur contrastata ma fortemente innovativa ed artisticamente rivoluzionaria svolta nell’ ultimo decennio della carriera artistica di Lucio Battisti, ormai separatosi da Mogol ) .
Chocabeck : 2010. Ovvero il bellissimo, e, si vorrebbe dire – ma oggi tale atteggiamento dell’anima non viene perdonato – ‘commovente’ recupero/omaggio di Zucchero alle sue radici terràgnole ed umane, quelle che rendono l’Emilia una fùcina di artisti umorosi e sinceri: si ascolti – con un fazzoletto – tra tutte Il suono della Domenica. Un omaggio alle sue radici soltanto da un punto di vista artistico, comunque, in quanto Zucchero come essere umano non ha mai – MAI – rinnegato tali radici essenziali. Si veda dove e come – sinceramente – vive, pur dopo un tanto colossale successo. Guccini, Panella e un tuttora in forma Mimmo Cavallo tra i collaboratori.
La sesiòn cubana : 2012. Cosa si vuole di più, allorché un artista a tutto tondo come Zucchero Fornaciari riesce a coronare il sogno che lo tormentava da svariati anni della sua vita d’ uomo e di artista, quello cioè di riuscire ad incidere un album a L’Avana (Cuba), non solo, ma che, per di più, incarnasse le vere ‘corde’ della sua ispirazione, soul, R&b, e perché no di vena caraibica, alla Compay Segundo per intenderci: così ecco 7 brani reinterpretati e riarrangiati della sua carriera e 6 tra cover e nuovi, comunque, come sempre, una grande carica energetica ma, miracolo, composta e misurata.
Un bell’ omaggio alle radici della musica.
Quali sorprese potrà riservarci ancora la carriera di Zucchero?
Scrive Franco Battiato in Mesopotamia, titolo trasformato dalla bella coppia Dalla-Morandi in Che cosa resterà di me :
“ Che cosa resterà di me / del transito terrestre,
di tutte le impressioni che ho avuto in questa vita ?...”.
Già, cosa resterà di tutti noi, degli artisti che abbiamo amato, di Battiato, del mai troppo compianto Battisti, dell’immenso Domenico Modugno, di Zucchero, di tanti Emiliani che - ad uno ad uno - se ne stanno andando (Pierangelo Bertoli, Dalla…). Che cosa resterà del grande Zucchero?
Ma quello che di loro avremo amato… Naturalmente.
E dove andrà a parare in un prossimo futuro Zucchero, magari pure non ‘prossimo’ soltanto ma anche a lungo termine ?
Non è mai facile dire a cosa tenderà un artista nel futuro: magari lascerà presto, chissà, oramai stufo del successo, come il sapiente Fossati. Si può solamente parlare per estrapolazione di dati: cioè, se finora è stato così, tutto quanto precede visto e considerato, allora, di nuovo rettificando, quadrando, ed estraendo radice…
Ecco, sì, proprio estraendo “radice”: Zucchero è nelle sue radici. E dunque pur nelle sue ‘concessioni’ al pop al rock al blues al R&B al melodico al lirico e alla canzone d ‘ autore , egli, si può immaginare, vorrà sempre e in ogni caso restare fedele a tali – essenziali – radici. Senza di esse ognuno di noi non può andare lontano, anzi non si va da nessuna parte.
Visto il successo del bell’album del 2010 Chocabeck , forse è esattamente nell’ ulteriore sviluppo di quelle suggestive premesse che va il futuro di Zucchero Sugar Fornaciari.
Magari contaminàndole, con qualcosa di ancora mai provato, ad esempio, perché no, con il canto Gregoriano… Che bello. La terra, umorosa e fertile, sposata con l’anima in elevazione, leggera e artistica.
Lo aspettiamo a sempre nuovi traguardi e successi ma, se solo sentisse che, un bel momento, la sua ispirazione stesse per inaridirsi, lo sappiamo persona troppo sensibile e intelligente, acuta e attenta, e collegata a ciò che è vero ed essenziale, per osare ritenere che vorrebbe continuare anche in quei – disgraziati – tempi in cui, per puro caso, non avesse più niente di costruttivo e creativo da dirci, darci, regalarsi, regalarci.