Omaggio a Gianna Nannini

20/04/2015

A colloquio con Patrizia De Rossi, autrice del volume Gianna Nannini. Fiore di ninfea (Arcana 2012): in chiusura, il contributo di Fabio Pianigiani.

Gianna Nannini (1976), Una radura (1978) e California (1979): quali sono le caratteristiche peculiari degli esordi di Gianna?
Agli inizi della sua carriera, parliamo appunto della seconda metà degli anni ‘70, Gianna Nannini è una ragazzina che se ne è scappata non solo da casa sua ma anche dalla vita di una provincia troppo stretta per lei. I suoi studi di pianoforte al Conservatorio,  interrotti forzatamente per via di un incidente che le porta via due falangi di una mano, emergono prepotentemente nel suo modo di intendere e di fare musica. Voce e piano sono la sua sintesi perfetta, i testi li compone lei stessa e sono storie che conosce bene, magari vissute in prima persona, altrimenti – come dirà anni dopo – “Non riesco a cantare cose che non siano mie”. Ma allora in Italia c’erano due filoni musicali dominanti: da una parte il cantautorato “impegnato” alla De Gregori, Guccini, dall’altra invece c’era il progressive rock della Premiata Forneria Marconi e del Banco del Mutuo Soccorso, per citare i due nomi più famosi. Gianna con la sua voce graffiante e diversa, il suo piano troppo lontano dalle chitarre dominanti nel cantautorato, e i suoi testi decisamente troppo “femministi”, non sta né da una parte né dall’altra. La sua musica è troppo poco italiana, troppo poco “vendibile” nel nostro paese.
Negli anni Ottanta Gianna diventa popolare grazie a canzoni come America, Autostrada, Ragazzo dell'Europa, Fotoromanza e I maschi: come inquadrare le sue sonorità di quegli anni nel contesto del panorama musicale di allora?
La svolta musicale arriva proprio quando comincia ad andare all’estero: prima in Germania (e siamo ancora negli anni 70) poi in America dove si innamorerà perdutamente di quel tipo di rock e di quella cultura rock, totalmente assente in Italia. La sua musica quindi diventa un mix di rock di stampo americano e di sonorità pop mitteleuropee. Gianna è famosissima soprattutto in Germania, utilizza – grazie anche all’amicizia con Mauro Pagani -  l’elettronica come nessun altro in Italia (a parte appunto la PFM ma che fa tutt’altro genere musicale) , ma non rinuncia mai alla melodia che ha sempre caratterizzato la nostra musica. Ed è proprio questa la sua caratteristica vincente.
Cosa spinge Gianna nel 1990 a interpretare insieme a Edoardo Bennato Un estate italiana, l'inno dei mondiali italiani di calcio?
Gianna, che ha sempre detestato il calcio perché a casa sua si parlava sempre di calcio (suo padre per un periodo è stato anche il proprietario della squadra di Siena), venne coinvolta nel progetto – curato da Giorgio Moroder -  proprio per la sua popolarità internazionale e lei accettò solo perché doveva essere un progetto di beneficenza. Lei accettò volentieri, rinunciando a tutto il suo compenso, ma poi si rese conto che era stata l’unica a farlo.
Da Latin Lover (1982) a Profumo (1986) e Scandalo (1990), da cos’ha tratto ispirazione Gianna per i suoi album più rappresentativi?
Questo bisognerebbe chiederlo a lei. Credo – comunque – che il suo spunto principale sia stato il confronto con un mondo musicale e culturale sempre più ampio con cui è entrata in contatto e soprattutto la collaborazione e l’amicizia con il produttore tedesco Conny Plank che ha dato una svolta decisiva alla sua musica e alla sua vita.
Come mai c’è stato un lungo periodo di silenzio, prima che Gianna incidesse i dischi Aria (2002) e Perle (2004)?
La morte di Plank per lei è stato un autentico shock sotto tutti  i punti di vista, personale e professionale. Gianna aveva quindi bisogno di staccare la spina, di allontanarsi dal mondo musicale per recuperare forze ed energie. E poi sono subentrati anche problemi di salute che necessitavano di attente cure. Lei stessa ha raccontato di essere arrivata all’inferno.
Come mai secondo Lei l'album Grazie (2006) ha avuto un successo così clamoroso?
Perché contiene una delle più belle canzoni mai scritte non solo da Gianna Nannini, ma in tutta la musica italiana. Mi riferisco a Sei nell’anima, un pezzo che ogni volta che lo senti ti fa venire i brividi. E poi perché Grazie è un po’ l’album della sua rinascita, sembra quasi che l’artista senese abbia trovato una nuova energia che si trasferisce anche nella musica, nei testi e nel modo di cantare.
Cos’ha spinto Gianna a pubblicare l’album Pia Come La Canto Io (2007), facente parte di un progetto che ha intrapreso nella realizzazione di un'opera destinata al palcoscenico, incentrata su Pia De’ Tolomei?
Perché da brava toscana Gianna è molto attaccata alla sua Terra e alle sue tradizioni e la Divina Commedia è parte fondante del nostro patrimonio culturale. Gianna Nannini – che è sempre stata attratta da figure femminili forti e indipendenti – da tempo voleva misurarsi con un’opera, che però fosse rock. Quale personaggio migliore dunque di Pia de’ Tolomei come protagonista? Nobildonna senese, uccisa dal marito per un presunto tradimento, forse, o semplicemente per potersi risposare con un’altra donna, Pia de’ Tolomei  compare nel V canto del Purgatorio ed è una donna che incarna molti simboli per Gianna: è una donna che resiste a tutto, e che viene uccisa in Maremma, terra da dove arriva la nonna della Nannini, a cui la cantante è sempre stata molto legata, assorbendo attraverso lei anche l’amore per quella zona della Toscana.
Nel 2009 è uscito l'album Giannadream - Solo i sogni sono veri: in esso cosa possiamo trovare delle costanti di Gianna?
La fascinazione per l’indipendenza della figura femminile da tutto e tutti, il rock che si intreccia e s’interseca sempre in maniera inestricabile alla melodia italiana, il carattere ribelle contro le convenzioni sociali.
Quali sorprese ci riserva ancora secondo Lei la carriera di Gianna Nannini? 
Dopo l'uscita dell'ultimo album, cover di brani “storici” della musica leggera italiana, da Nel blu dipinto di blu – che avevamo già sentito nell’album Io e te – a Lontano dagli occhi scelto come singolo, ci riserverà sicuramente qualche altra bella sorpresa. Gianna è talmente imprevedibile che potrebbe anche fare un disco di canzoni per bambini, anzi bambine!!!

Chiudiamo questo pezzo con il contributo di Fabio Pianigiani:
“Conosco Gianna da quando eravamo ragazzi: non solo vivevamo nella stessa città, ma frequentavamo anche la stessa scuola e in più anche i nostri padri si conoscevano. Il nostro primo incontro è avvenuto quando avevamo intorno ai quattordici o quindici anni, frequentando le stesse compagnie: io ero già appassionato di musica  e lei iniziava a cantare e a suonare il pianoforte.
La nostra amicizia si è sviluppata da quei momenti: il ricordo forse più bello che ho di lei è quando sono tornato dagli Stati Uniti, ci siamo trovati e, oltre alla rinnovata amicizia che era sempre stata presente, è nata una bellissima collaborazione e abbiamo iniziato a lavorare sull’album Profumo. È stato veramente un lavoro molto intenso: abbiamo lavorato sette-otto mesi per la stesura e la composizione dei pezzi ed è stata un esperienza davvero magica durante la quale sono nate canzoni come Bello e impossibile,  Profumo, Avventuriera ecc. La nostra collaborazione è continuata con un altro pezzo che è ormai nella storia della musica in Italia e nel mondo: I maschi .
Ho sempre stimato Gianna per la sua coerenza e determinazione, perché è riuscita ad essere quella che è e a non farsi mai imporre dei codici di comportamento o dei cliché: sin da quando ci conosciamo, è sempre stata molto determinata, andando contro molte regole pur vivendo in una piccola città di provincia quale Siena. Gianna ha sempre dimostrato questa personalità e carattere, senza nascondersi di fronte a niente: oltre che un amica, la considero  una sorella. Il rapporto che abbiamo è molto profondo: il suo amore per la musica sta continuando inalterato cercando sempre nuove vie per esprimersi”.

Alessandro Ticozzi