
Lo scopo unico di questa inutile rubrica è discorrere di tutti quei film che
si sono evidenziati per la totale assenza di qualsivoglia base culturale nelle
loro narrazioni. Per ironia della sorte, dobbiamo tuttavia ammettere
l’impossibilità di optare per l’ignoranza senza compiere, al contempo, una
scelta di cultura. C’è chi dice, in completa umiltà: “l’ignoranza è un bene”,
assumendo così una precisa posizione filosofica, magari inconsapevolmente. C’è
chi dice anche: “lasciamo che parlino quelli che sanno le cose”, assumendo una
posizione filosofica ancora più complessa. In definitiva, essere ignoranti nel
senso assoluto del termine è impossibile, e se è vero che “non c’è niente di
nuovo sotto il sole.”, è altrettanto vero che non possiamo farci nulla. Beato
chi non sa, certo, ma noi umani, ahimè, sappiamo. Ciò premesso, ed era una
premessa doverosa, a volte non v’è niente di meglio che passare una serata da
soli in casa, con pop corn e coca, davanti ad un film che, lo sai per certo, di
sicuro non avrà rimandi a Shakespeare. Prendi un ex Wrestler come The Rock,
prendi un gioco sparatutto come Doom, aggiungici qualche mostro in più, effetti
speciali da brivido e armi grandi come una volvo station wagon in mano a
granitici marines. Manca qualcosa? Sì, il pazzo schizzato che si droga prima
degli scontri a fuoco, e sai benissimo quale fine farà (la peggiore) e il
ragazzo coraggioso ma un po’ troppo giovane e inesperto. Non gli resterà
abbastanza vita per fare pratica, in ogni caso. L’unica pratica che potrà fare
sarà quella di sdraiarsi in una tomba, ma non c’è tempo per idiozie come la
morte o il destino! Qui sta succedendo qualcosa di molto insolito, qualcosa di
sottile, come alcune decine di scienziati fatti a pezzi o resi completamente
folli da sa il diavolo quali abomini. La squadra più forte deve subito partire
per investigazioni. Eccoci al via di questa ottusa rubrica: si comincia con
Doom!
Videogame di inaudita ferocia e
ignoranza, dove le sole cose che contano sono polsi forti per continuare a
premere sul controller e sparare a più non posso, era scritto che dovesse
diventare un film, e The Rock, la versione muscolosa e meno intellettuale di Vin
Diesel, ne è il perfetto, assoluto protagonista negativo. Scoperto un portale
che conduce ad un altro sistema solare con relativo pianeta ormai morto, ma un
tempo abitato, alcuni antropologi rinvengono i resti di una razza umanoide
dotata di un corredo cromosomico di gran lunga superiore al nostro, immune alle
malattie e resistentissima al passare del tempo. Si sospetta subito che, in
origine, la specie aliena non potesse vantare peculiarità superomistiche, ma che
abbia, con il volgere degli eoni, trovato il modo di perfezionarsi medianti
innesti nell’originario DNA. La domanda è ovvia: se erano tanto intelligenti e
forti, perché si sono estinti? La risposta è semplice: qualcosa doveva essere
andato dannatamente storto su quello stramaledetto pianeta. Infatti, alcuni
fossili mostrano segni di orrende mutilazioni, mentre altri sembrano non
coincidere, nella struttura, a quelli della razza primigenia. E’ forse possibile
che l’esperimento sia sfuggito di mano ai dottissimi esterni? Non solo è
possibile, è evidente. E lo scoprirà proprio la squadra capeggiata da The Rock,
dopo aver attraversato il portale per ricomporsi in un laboratorio da incubo, ed
è inutile contare le braccia e le gambe a cui manca qualcosa, il resto del
corpo, sparse in giro per le sale. Il capo è l’ex lottatore, su questo non si
discute, ma c’è anche un membro del gruppo che, pur essendo forse il più forte
dopo il boss, ha sviluppato una sensibilità che manca ai suoi colleghi, la quale
si alimenta dopo che, nel laboratorio disastrato, trova fra i superstiti quel
gran pezzo di gnocca di sua sorella. La dura e bella dottoressa (che poteva
benissimo essere un marine, ma ha scelto la via del sapere Dio solo sa il
perché) non manca di ricordargli che è meglio guardare traverso un microscopio
che traverso un mirino. Però sappiamo tutti che non è affatto così. Siamo o non
siamo degli ignoranti? Finiremmo con l’usare il microscopio come una mazza,
gridando tipo scimmie urlatrici invasate, perché quando ti ritrovi in mano una
specie di M60 tanto fallicamente poderoso da non starci in un trilocale, allora
sì che è vera poesia!| Gli alieni erano sulla strada giusta, avevano capito
quasi tutto: vecchiaia rimandata, assenza di malattie mortali, più forza, più
intelligenza, più resistenza. Ma, attenzione, ho detto “quasi”. Sì, perché le
modifiche al corredo cromosomico funzionano solo sugli individui puri di cuore,
nobili, onesti, insomma, scegliete voi. Se nascondi qualcosa di marcio, allora
gli innesti va a finire che ti trasformano in un mostro deforme e assetato di
sangue. Su quanti individui la modifica del corredo cromosomico avrà successo?
Visto che la riuscita del trattamento dipende dalle qualità morali di chi ad
esso si sottopone, è fin troppo facile capire che di mostri ce ne saranno un
casino. Tutti gli scienziati, meno la sorella del sensibile, sono diventati
orride blasfemie in grado di contagiare chiunque. Ed ecco il finale a sorpresa:
quando The Rock viene ferito si scopre che non era poi questo gran stinco di
santo. Ci mette un po’ a trasformarsi, ma, alla fine, fa paura anche agli altri
mostri dal tanto che era bastardo! Però cade nel contagio pure l’introverso, e
lui è candido, su di lui gli innesti avranno effetti strabilianti. Prima si
sparano anche i cucchiaini da caffè, poi, finite le munizioni, si passa alle
mani. Il buono vince, la gentil donzella è salva, si scopre che sono tutti
moralmente dei cessi tranne due, una media disarmante. Vogliamo parlare di
nichilismo? No, è solo Doom. Antologiche le espressioni di The Rock: testa
dritta e denti scoperti (espressione standard), testa piegata di lato e denti
scoperti (espressione meditativa), testa piegata in avanti, denti scoperti e
occhi iniettati di sangue (espressione rabbuiata), ma va bene così, lo vogliamo
così, ci piace così! E’ The Rock, mica Anthony Perkins. E siccome abbiamo le
scatole girate dalla mattina, siamo felici di finire il migliorabile giorno con
una boiata.
A parte gli scherzi, guardatelo. E’ ben strutturato, e fa
spaccare ridere.
Merita una menzione, questo filmaccio empio,
perché non capita spesso, nelle pellicole di un genere ormai davvero alla
deriva, di trovare i vivi così vicini alla stupidità degli zombi, o, per dirla
con i protagonisti, degli iper-sapiens. Usando questo termine (peraltro
illogico, ma proseguendo nella visione si sentiranno cose ben peggiori) i grandi
eroi amavano riferirsi alla teste morte, senza dubbio per darsi un certo tono in
un panorama di demenza difficilmente eguagliabile. Resta un mistero se le
intenzioni del regista fossero o meno serie. V’è motivo di sospettare che egli
non intendesse cimentarsi in un lavoro dichiaratamente comico, ma quando la
completa ignoranza tenta di avvicinare prodotti che abbiano un minimo di
contenuto, allora diventa una delle cose più divertenti e disarmanti a cui si
possa mai assistere. “House of Dead”, infatti, si inerpica con estrema fatica
nel tentativo di rintracciare qualche richiamo ad alcuni classici del genere,
strizzando l’occhio al già sopravvalutato Romero (questa è il giudizio
sindacabilissimo dello scrivente) in un’ espressione che diviene grottesca
nell’istante in cui pare chiaro che si sta per assistere ad una boiata rara.
Dunque, la scaturigine del diffondersi della malattia, innanzi tutto: uno
scienziato tenta lugubri e proibiti esperimenti sul cadavere di una giovane,
ossessionato dall’idea di trovare la chiave dell’ immortalità. Neanche a dirlo,
invece di creare una revenante dotata di intelletto, crea un mostro carnitrofo.
Questo è lo sbaglio madornale che precede di poco il diffondersi dell’epidemia.
E allora com’è possibile che, a qualche ora di distanza dal malfatto, esistano
già squadre specializzate nella caccia agli zombi, pronte a collaborare con
stizziti membri dell’esercito? Domanda superflua, superficiale! Non c’è mica
tempo da perdere. Ed eccoli, allora: la bella dura e pura piena di risorse e il
suo compagno di una incapacità epica. Dopo incidenti a dir nulla paradossali, i
due si uniscono ad un gruppo di riluttanti militari inviati a presidiare un
college invaso da zombi. Quindi veniamo a sapere che gli zombi hanno smesso di
essere ovunque, ma si trovano soltanto in quella università. Il regista aveva
esagerato col Lexotan, non c’è altra spiegazione. Ora, per chi ha dimestichezza
con le creature non morte, sa che non è affatto difficile eliminarle. Il
problema, semmai, si pone quando ti ritrovi circondato da una decina di loro e
non hai un’arma. Tuttavia, basta usare un minimo di strategia per eludere la
minaccia, e la tecnica del cecchino è quella migliore. Gli zombi sono lenti,
sono sfatti, non hanno nessuna capacità di ragionamento. Basta colpirli in
testa, anche con un martello o una mazza da baseball. Ma se alcuni zombi, da un
istante all’altro, imparano a correre mentre altri restano lenti come bradipi,
converrete che la situazione si complica. E diviene ancora più complessa se due
o tre di loro hanno la capacità di mimetizzarsi, o il lampo di genio di fingersi
morti una seconda volta per attaccare di sorpresa. Se a contrastarli, poi, invii
dei perfetti imbecilli, la festa è finita. Citazione da “Dawn of the Dead”: il
capitano taglia di netto il braccio morso di un suo soldato, nel tentativo di
fermare il propagarsi della malattia nell’organismo. Sappiamo che è possibile,
se si fa in fretta. Ma lo sventurato si trasforma comunque, e morde il medico
accorso a soccorrerlo. Prima che uno degli agenti speciali intervenga, altri due
militari, armati di M16, vedono gli abomini ringhianti e si mettono a gridare
come lavandaie senza nemmeno esplodere un colpo. Non scappano, non combattono,
restano lì, simili a oche starnazzanti dipinte di colori mimetici e si fanno
mordere. Già quattro defunti su sette nei primi minuti della missione. E’ ovvio
che il bastardo di turno resta vivo, quello che, lo sappiamo per esperienza,
alla fine renderà le cose complicate ai superstiti (e mai che qualcuno abbia la
saggezza di eliminarlo!). Mi rivolgo ancora agli intenditori: tutti sappiamo che
l’unico modo mediante il quale uno zombi possa infettare un uomo ancora vivo è
mordendolo. Dobbiamo riscrivere i testi e, magari, riunirci per un corso di
aggiornamento: adesso il morbo decerebrante si propaga anche tramite puntura di
zanzara! Durante l’esplorazione del college, il bastardo si fa pungere
dall’unica zanzara in circolazione (una ed una sola nel raggio di chilometri,
ma, nelle prossime scorribande volte ad annientare gli antropofagi, armiamoci di
baygon e autan, per non saper né leggere né scrivere…). Capisce subito tutto,
come non si sa, ma capisce di essere fregato. Però la puntura porta ad una
metamorfosi più lenta, il vile ha tutto il tempo di architettare un piano di
fuga con l’ipotetica cura che dovrebbero sintetizzare i due dei servizi speciali
e pensa anche di guadagnarci un sacco di soldi. Siccome è bastardo, ma pur
sempre demente, racconta i suoi intenti alla nobile e gran bella soldatessa,
promossa a capo della missione dopo il decesso del tenente. Questa lo colpisce
col calcio del fucile e che fa? Non gli spara il colpo di grazia, no! Lo
ammanetta ad un calorifero e poi, apogeo del dolore, siccome è strafiga ma,
povera stella, tanto ma tanto scema, gli mette in mano una pistola per
suicidarsi al suo risveglio! Ragionamento. Facoltà in uso: intelligenza: catena
– pistola. Catena lega. Pistola spara. Pistola spara a catena. Pistola rompe
catena. Catena non lega più. Ci arrivo io, che non sono né un militare, né un
pozzo di sapere, ma lei no! Teniamo bene a mente questa fase, perché il bastardo
si rivelerà ancora più lobotomizzato. Nei quartieri alti si preparano a sparare
missili sul college, i nostri eroi hanno poco più di un’ora per trovare il primo
carnitrofo, l’originario, la ragazza vittima del famoso esperimento, prelevare
da esso un campione di sangue e consentire così il tentativo di trovare una
cura. Domanda: se gli zombi sono solo nel college, se dalle basi stanno per
lanciare missili per distruggere il college, perché affannarsi tanto nel cercare
la cura ad un’epidemia che, comunque, verrebbe debellata per sempre dalla
deflagrazione? Non importa. Alla fine restano la soldatessa, la dura e pura e il
bambascione. Un’altra domanda: perché serve proprio il sangue del primo
carnitrofo creato artificialmente? La dura e pura fornisce una spiegazione
composta di termini medici con i quali, forse, si potrebbe dissertare riguardo
una tonsillite, nella migliore delle ipotesi (non sono un medico ma ho
controllato, il suo discorso non ha senso), e il collega le dice: “Ehy, frena,
parla in modo che tutti possiamo capire!” Mi sfugge qualcosa: teoricamente,
dovrebbe essere uno scienziato anche lui. Altra dose di Lexotan per il regista:
non è più uno scienziato. Però ha doti di evocazione. Un romanzo di Philip Dick
si intitola: “Il sognatore d’armi.” Al belloccio non serve sognarle, se le
ritrova in mano appena cambia inquadratura. Di spalle ha una pistola,
frontalmente si ritrova un fucile calibro dodici. Non voglio togliervi il
piacere di scoprire in che modo i due mentecatti si procurano il sangue del
prototipo, non vi dirò nemmeno come lo perdono e come, poi, lo recuperano
sacrificando, aimè, quel bel vedere che era la soldatessa. Ma è fin troppo ovvio
che, ad attenderli presso l’unico mezzo motorizzato vicino al campus, c’è il
bastardo che non ha trovato molte difficoltà nel liberarsi dalle manette. Voi
direte: ha sparato alla catena? Preparate i clinex, mettete a letto i bambini.
Aveva una pistola, ce l’ha ancora adesso, ma non ha sparato alla catena, come
avrebbe fatto anche un lemure… Si è tagliato la mano con un machete! Insomma,
per farla breve, il bastardo si trasforma, la provetta del sangue cade e si
infrange, i missili che dovevano arrivare non arrivano perché? Perché il mondo,
ormai, è invaso dagli zombi. Siparietto drammatico dei due scampati che si
preparano ad affrontare una terra ostile con la volontà che non muore mai, o
roba del genere. Non mi chiedo più come sia possibile che, da fenomeno diffuso
si sia trasformato in isolato e poi, sempre nell’arco di pochissimo tempo,
ancora in un caso planetario. La vera domanda è: a cosa pensavo quando ho
noleggiato questo film?