Vendetta a due

16/05/2008

Il film risale al 2007, ma è giunto da poco in Italia per il mercato home video, e merita una serata di tormenti. Finalmente ritroviamo Gillian Anderson, dopo averla lasciata nei panni della pensierosa poliziotta di “X-Files”, e la parte assegnatale dal regista Dan Reed le calza a pennello: sexy, molto trasgressiva, con una volontà ferrea e un carattere da guerriera. La pellicola si inserisce in quel filone auto-giustizialista mirabilmente portato alle vette da “Il buio nell’anima” con jodie Foster, e che rintraccia la proprie origini nelle varie fatiche dei vendicatori metropolitani anni ottanta, prima che il politically correct diventasse un’esigenza (sempre meno sentita). Alice è una donna di successo colpita da una tremenda sventura, la stessa che segna il destino del protagonista di “Duel”, il primo lavoro di Spielberg: un sorpasso poco felice lungo una strada di campagna, in piena notte, mentre rientrava da un party con Dan, un giovane amico occasionale (Danny Dier). Dalla banalità dell’episodio scaturisce la violenza, ed è quella che potrebbe subire ognuno di noi, ogni giorno, a seguito di ciò che riteniamo ordinaria amministrazione. Reed ha il grande merito di concedere pochissime scene alle prevedibili conseguenze di tre selvaggi infuriati contro un ragazzo male in arnese e una donna, per lasciare ampio spazio al misterioso legame (tanto misterioso quanto temporaneo) che solo i compagni di una medesima sventura possono sviluppare. Quello che sembrava un rapporto senza futuro e puramente libertino si trasforma in un tenace desiderio di vendetta, privo di vincoli morali e istintivo. E’ nella donna la tempra più forte, figlia di un militare e abituata a destreggiarsi nel mondo spietato dell’alta finanza, ottima tiratrice. Obiettivo sul recupero impossibile della coppia, nata da un abuso, e costretta a ricrearsi una parvenza di normalità nel modo più semplice: rimuovendo, in senso letterale, sia il trauma che la sua scaturigine. Non esiste la legge, nel film, e non esiste alcuna forma di etica. Si ritorna alle origini: occhio per occhio e null’altro ad interferire. La fisicità dei protagonisti è ritratta con qualche pudore, la loro vita sessuale diventa imbarazzante quanto la lesione irreversibile all’occhio riportata dal ragazzo. E’ impacciata, incerta, come fra chi si accosta per la prima volta all’amore con emozioni che vanno dalla paura al desiderio inestinguibile, dalla dolcezza al disgusto. Si impone un “ripristino di sistema”, partendo da zero, annullando paure e rimorsi. E’ il dolore il legame più forte, ed è sempre dal dolore che nasce il bisogno di un rinnovamento. Se la vita si divide in un prima e in un dopo, la sola cosa da fare è nell’atto privo di pensiero, come il respiro, nell’oscura libertà di chi resta solo con il proprio incubo, una sorta di seconda nascita. Diretto con caparbio spirito realistico e lontano dall’ auto-compiacimento, “Closure” mette in risalto le doti migliori della Anderson, fra le attrici contemporanee più sottovalutate, capace di passare con disinvoltura da seduttrice cinica a dark lady combattiva, sempre restando sotto quel velo di stanca tristezza che già all’epoca del suddetto, mitico telefilm i suoi Fans avevano imparato ad apprezzare. Forza interiore, spirito combattivo e una nuova, intensa seppure transitoria complicità con il mondo maschile un po’ in affanno (quello onesto e non violento), ecco il ritratto della donna di inizio millennio. Sebbene dopo la cruda vendetta non sussistano più motivi per continuare l’alleanza, Reed sa bene che se per l’uomo, creatura incline alla distruzione, non esiste un domani, le risorse femminili, da sempre, rimangono illimitate.

Carlo Baroni