
Non
c’è da stupirsi se la figura di Jesse
James ha popolato il Cinema: fuorilegge carismatico
e affascinante conosciuto come il Robin Hood del
West, che iniziò a rapinare banche per
vendetta contro i baroni della Ferrovia divenendo
così un eroe agli occhi dei contadini oltraggiati
dai soldati dell’Unione e l’icona
del rancore del Sud, e che fu ucciso a tradimento,
sparato alle spalle da uno dei componenti della
banda per riscuoterne la taglia (il codardo Robert
Ford del titolo del film di Andrew Dominik), aveva
tutti i presupposti per entrare nella leggenda.
E se il Cinema, come vedremo nel corso di questa
nuova rubrica, ha contribuito a consolidare le
leggende del West, la sua figura ha cominciato
ad essere cantata nel ’27, a soli 45 anni
dalla morte del bandito, con il film di Lloyd
Ingraham che porta come titolo semplicemente il
suo nome. Ma il primo film di rilievo, sempre
intitolato “Jesse James”
(“Jesse il bandito”
nell’edizione italiana) è del ’39,
regia di Henry King, con Tyrone Power (un viso forse troppo onesto e pulito, ma spesso
abbinato ai film d’avventura) nel ruolo
del protagonista, Henry Fonda nel ruolo del fratello
Frank e John Carradine nei panni di Bob Ford.
E’ dell’anno seguente uno dei tre
western girati da Fritz Lang, “Il
vendicatore di Jesse il bandito” (“The
Return of Frank James”) in cui tornano Henry
Fonda e John Carradine: la storia si svolge dopo
la morte di Jesse James e racconta del fratello
Frank tornato in cerca di vendetta.
La carrellata
è lunghissima e conta decine di titoli
con Jesse James protagonista, soprattutto quando
il Cinema americano cercava negli eroi del West
(eroi che spesso stavano dall’altra parte
della Legge) materia per le sue storie, prima
di rivolgersi verso altre epopee e guerre e prima
che iniziasse la demitizzazione delle stesse leggende
che aveva costruito, distaccandosene con graduale
disincanto.
E’ stato girato di tutto, perfino un trash
movie incredibile dal titolo “Jesse
James meets Frankentstein’s daughter”,
in cui il bandito si rifugia in un castello dove
la nipote del barone Frankenstein lo trasforma
in uno zombie! Noi però non ci soffermeremo
su queste amenità e prenderemo in esame
solo i film di maggiore interesse. Ad aggiudicarsi
il primo posto sul tema è, a nostro avviso
e fino all’uscita del film prodotto ed interpretato
da Brad Pitt, “I cavalieri dalle
lunghe ombre” (“The long
Riders”, 1980) di Walter Hill,
un’elegia western che termina nel sangue
e nel “ralenti” delle sparatorie e
con cui il regista tenta di rivitalizzare un genere
che in quegli anni, dopo l’ondata cinematografica
pro indiani, andava perdendo popolarità
non avendo altro da aggiungere. Il film di Hill
si carica di malinconia e tragedia e si abbandona
ad inquadrature estetizzanti, con un “divertissement”:
i diversi gruppi famigliari che compongono la
banda sono interpretati da fratelli. Così
James e Stacy Keach sono Jesse
e Frank James, i Carradine -
David, Keath e Bob - sono i fratelli Younger,
Danny e Randy Quaid sono i fratelli
Miller, Christopher e Nicholas Guest sono Charlie
e Bob Ford. Il film si concentra sulle scorribande
dei fuorilegge, fino al declino e al disperdersi
della banda in una parabola discendente, e la
scena in cui Jesse James si gira di spalle per
raddrizzare un quadro e viene così ucciso
nella propria casa giunge quasi ad epilogo.
E’, all’opposto,
un film tutto vitale, quasi divertente, che esalta
la figura di Jesse James facendone un eroe simpatico,
“Gli ultimi Fuorilegge”
(“American Outlaws”, 2001) di Les
Mayfield dove il bandito ha il volto attraente
di Colin Farrell e tutta la sua
irruenza fisica. Tra assalti, cavalcate e love
story il film è un omaggio al vecchio West
reso con giovialità e si interrompe all’apice
del successo di Jesse James.
Si concentra invece sul personaggio di Bob Ford,
ribaltando la leggenda e facendo di lui il protagonista
il film del ’49 di Samuel Fuller
“Ho ucciso Jesse il bandito” (“I shot Jesse James”) con John
Ireland nel ruolo del traditore. Giocato
dalla parte del vigliacco che tradisce l’amico
per amore di una donna e uccide un mito (e girato
solo in una decina di giorni) adombra il fatto
che Ford fosse in realtà innamorato e deluso
dal suo capobanda e può essere considerato
il primo western omosessuale della storia (vedi
in proposito l’articolo “Western e
omosessualità” ). Segnaliamo infine
un film TV dell’ 86 “The last
days of Frank and Jesse James”
di William Graham con Kris Kristofferson e Johnny
Cash, e “La vera storia di Jesse
il bandito” girato da Nicholas
Ray nel ’57 con Robert Wagner, in cui ritroviamo
John Carradine nel ruolo del Reverendo Jethro
Benley.
E arriviamo
così a “L’assassinio
di Jesse James per mano del codardo Robert Ford”
di Andrew Dominik, interpretato da uno straordinario
Brad Pitt e da un nevrotico e
complessato Casey Affleck, con
Sam Shepard nel ruolo di Frank James e Sam Rockwell
in quello di Charlie Ford, il film più
maturo e bello che sia stato girato sul mitico
fuorilegge e sul suo altrettanto ambiguo antagonista.
Tratto dall’omonimo racconto di Ron Hansen,
il film, come quello di Fuller, si concentra sulla
fine di Jesse James, i suoi ultimi giorni e il
suo assassino. Quando si apre, Jesse James è
già nella sfera della leggenda. Ha 34 anni,
gli occhi cerchiati dall’insonnia e strizzati
davanti alla luce, due dita mancanti e molte cicatrici
, nessun rimorso per le persone che ha ucciso.
E il ventenne Bob Ford lo mitizza e idolatra,
conosce tutto di lui e delle sue avventure, sogna
di cavalcare al suo fianco o addirittura di essere
lui. Frustrato e deluso dalle sue reazioni, assurge
a fama divenendo il suo assassino. Ne replica
in teatro centinaia di volte il tradimento, ma
la sua fama resta quella di codardo; per lui,
dopo la morte, non ci saranno elogi, né
foto, né visite alla casa in cui ha abitato.
Sarà sempre e solo l’assassino di
Jesse James.