
Kenneth Branagh e Shakespeare: un connubio ormai consolidato,
un omaggio costante al Bardo di Stratford come
impronta della propria carriera registica. E’
Branagh a caratterizzarne la trasposizione cinematografica
in clima ottocentesco, con leggerezza di umori
e snellezza di costumi, poi tanto spesso imitata
quasi a farne una moda. Ma, ad eccezione del monumentale
“Amleto” nel grande
respiro della versione integrale e dell’esordio
con “Enrico V” che
lo rese celebre lanciandolo come nuova rivelazione,
sembra votato a scegliere i testi meno felici
del Genio, lo Shakespeare delle commedie che maggiormente
rivela la sua età per datato umorismo.
Così, dopo qualche anno di silenzio che
ha seguito lo stravagante e non felice esperimento
musical di “Pene d’amor perdute”,
eccolo al quinto capitolo della sua saga shakespearina
con “As you like it”
che riprende il gioco di intrecci amorosi, ma
senza la lieve gaiezza della coppia formata da
Emma Thompson e dallo stesso Branagh in “Molto
rumore per nulla”. I temi ricorrenti
della commedia shakespeariana ci sono tutti: le
coppie innamorate che si inseguono e si confondono,
la foresta quale luogo magico per lo sbocciare
dei suddetti amori, la fanciulla che inganna in
abiti mascolini e con arguzia risolve tutti gli
intrighi. E ci sono i temi che, nell’immortalità
delle grandi tragedie acquistano ben altro spessore
ma nella commedia si risolvono in un sereno appianarsi
di equivoci e conflitti: l’odio fratricida
e sovrani spodestati e accomunati dal destino
di esuli, accolti, ancora una volta, dal rifugio
della foresta.
Kenneth Branagh trasferisce il tutto in un Giappone
ottocentesco dove nobili inglesi si sono insediati,
ma il suo Giappone shakespeariano non ha la forza
fascinosa di quello di Kurosawa, che fece di Shakespeare
grandiose trasposizioni, e a dire il vero ci sfugge
il significato di questa operazione che fa solo
apparire stonati molti personaggi. Ci sfugge,
a dirla tutta, anche il perché della scelta
del testo, in cui l’inganno di Rosalinda
per provare la sincerità dell’amato
appare ingenuissimo e facilmente smascherabile,
le punzecchiature e i diverbi amorosi ci tediano
e i tentativi comici non divertono. La giovane
Bryce Dallas Howard ce la mette tutta per dare
un po’ di brio, Alfred Molina è degradato
a buffone di corte mentre Kevin Kline filosofeggia
malinconico, ancora con addosso gli stessi costumi
di “Sogno di una notte di mezza estate”. Meglio attenersi al magico mondo degli amori shakespeariani
solo come lontana fonte ispiratrice, come fecereo
Bergman e Woody Allen nelle loro notti d’estate.
E meglio, per Branagh, se di Shakespeare ama la
vena più leggera, riportarla in commedie
deliziose come “Nel bel mezzo di
un gelido inverno”: quel suo film
“minore” su una compagnia squattrinata
alle prese con le prove di Amleto resta, a nostro
avviso, il suo Shakespeare più riuscito.